Ci manca(va) un venerdì – 53
Sulle differenze concettuali fra il governatore Zaia e il medico-clown Patch Adams: dove Fabrizio Melodia più noto come “astrofilosofo” incontra anche Lopardi e Guzzanti
«Nessun dottore può promettere la guarigione, certo ogni dottore dovrebbe poter promettere che si prenderà cura del paziente» ebbe modo di dire Hunter Doherty “Patch” Adams, attivista medico chirurgo e scrittore, la cui vita è stata trasposta su grande schermo dal regista Tom Shadyac con l’interpretazione del compianto Robin Williams,: il film «Patch Adams» ne romanza le vicende pur rispettandone gli episodi di fondo.
Decisamente una persona completamente fusa, Patch Adams, ma come può pensare una cosa simile in tempi come questi, dove la privatizzazione della medicina e della ricerca la fa da padrone e le multinazionali farmaceutiche dettano leggi e priorità? Per non parlare poi delle varie speculazioni ai danni della sanità pubblica, non solo in Italia, dove il project financing ha permesso speculazioni edilizie immonde come l’Ospedale dell’Angelo nella terraferma veneziana, un’opera costata uno sproposito e che ha arricchito bene solo le tasche di chi l’ha costruito, non certo a beneficio della salute degli utenti che son sempre più soltanto clienti.
Strano tipo davvero, questo Patch: ha fondato il Gesundheit Institute nel 1971. Ogni anno organizza gruppi di volontari, provenienti da tutto il mondo, per recarsi presso vari ospedali di diversi Paesi del mondo, travestiti da clown, con l’obiettivo di far riscoprire l’umorismo agli ammalati e agli orfani. È generalmente riconosciuto come l’ideatore di una terapia olistica molto particolare: quella del sorriso, anche nota come clownterapia.
Arrivato alle soglie del suicidio, dopo aver passato un periodo in clinica psichiatrica, decise di laurearsi in medicina, impegno che affrontò con spirito assolutamente anticonformistico. Si infilava tra le corsie dei pazienti e davanti a loro si presentava in modo divertente, facendo ridere e portando serenità ai bambini e ai malati terminali. Le istituzioni scolastiche fecero di tutto per impedirglielo, ma senza molto successo: anzi alla fine furono caldamente consigliate di applicare la cura di “eccessiva allegria” che Patch dispensava.
Egli rese la propria casa un centro di cura del sorriso, arrivando a prestare assistenza completamente gratuita a oltre 15.000 pazienti, ottenendo in molti casi anche guarigioni inaspettate.
«Il Gesundheit non farà mai pagare per i suoi servizi medici. Per sopravvivere, il suo personale, i pazienti e gli amici cooperano per donare quello che è necessario per prosperare come ospedale-comunità. Speriamo di eliminare completamente la questione economica dall’interazione sanitaria. Questo è il cuore della nostra rivoluzione sociale: prendere il servizio più costoso in assoluto in America e concederlo gratis» afferma Patch Adams.
Decisamente è un’ottima ricetta, si potrebbe portarla in Parlamento visti i problemi per far quadrare i bilanci e i tagli severi che si prospettano anche qui in Veneto per mancanza di fondi, come l’accorpamento delle 21 USL in 7 maxi USL, con annessa chiusura di ospedale e presidi sanitari. E quando il governatore Zaia decide quali cure possono venire apportate dal distretto sanitario e quali no, sempre per l’annosa mancanza di fondi che la loro ventennale e sapiente (?) amministrazione ha apportato, si potrebbe suggerire tranquillamente la cura Adams: porta benefici sostanziali e non costa alcunchè.
«L’humour è l’antidoto per tutti i mali. Credo che il divertimento sia importante quanto l’amore. Alla fin fine, quando si chiede alla gente che cosa piaccia loro della vita, quello che conta è il divertimento che provano, che si tratti di corse di automobili, di ballare, di giardinaggio, di golf, di scrivere libri. La vita è un tale miracolo ed è così bello essere vivi che mi chiedo perché qualcuno possa sprecare un solo minuto! Il riso è la medicina migliore».
Quindi ridiamoci sopra e se la cosa l’ha imparata persino un pessimista cosmico come Giacomo Leopardi, possiamo crederci davvero. Infatti «son guarito e sano come un pesce in grazia dell’aver fatto a modo mio, cioè non aver usato un cazzo di medicamenti» scriveva il mitico Gobbo di Recanati, come lo definisce il grande Lorenzo, lo studente che «nulla sa e nulla vuol sapere», interpretato – come ricorderete – da Corrado Guzzanti.