Ci manca(va) un venerdì – 62
Un impari match – arbitrato dall’astrofilosofo Fabrizio Melodia – fra Groucho Marx, Joseph Heller e pochi altri contro tutti gli eserciti
«Intelligenza militare è una contraddizione in termini» affermava il comico Groucho Marx, nessuna parentela “certa” con Karl anche se entrambi condividevano un certo gusto per il sentimento del contrario nonché uno sguardo disincantato e lucido sul mondo, pur con intenti molto diversi.
In effetti, «intelligenza militare» avrebbe forse senso per quanto riguarda un certo modo di intendere la guerra, fatta con spie, sistemi d’indagine nascosta e doppio-triplo-giochisti, insomma tutto quello che rende avvincente, complottando e magari paranoicizzando, un romanzo di spionaggio alla 007, versione cyber. All’opposto, cioè alla demenza di un “comma 22” ecco un romanzo assai amato dal compianto Umberto Eco: torna in libreria fra pochi giorni – sempre Bompiani – l’abrasivo «Comma 22» di Joseph Heller, edito nel 1961 e considerato da molta critica il punto d’inizio per la letteratura postmoderna americana.
Una critica durissima alla guerra e alla struttura militare mostrata nel senso più kafkiano. Heller narra delle vicende di un gruppo di aviatori statunitensi in Italia assegnati ai bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale, a cui – nella realtà – ha partecipato (o così si dice) il futuro scrittore di fantascienza Walter M. Miller almeno per quanto riguarda i bombardamenti di Montecassino, episodio che gli avrebbe ispirato il romanzo post atomico «Un cantico per Leibowitz» di cui ho ampiamente parlato qui in “bottega”.
Il sarcastico ma anche realistico Heller centra il suo titolo sul “comma 22” del regolamento: «Chi è pazzo può essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo». In realtà tale norma non esiste ma tutto il romanzo ruota attorno a questo circolo vizioso: la vita dei piloti è centrata su una falsa scelta e la cosiddetta “intelligenza militare” continua a mandare a morire i propri soldati. Nel romanzo memorabile anche il lavoro da censore di Yossorian, uno dei protagonisti.
Il vero/falso “comma 22” ha dei precedenti illustri nei paradossi di Jourdain: «La frase seguente è vera. La frase seguente è falsa» derivata da Epimenide: «Epimenide di Creta dice che tutti i cretesi sono bugiardi. Mente o dice la verità?» dove l’idea di circolo vizioso è risolvibile con una semplice equazione matematica in cui, a seconda della veridicità della variabile, l’equazione appare formalmente corretta o meno.
In questi giorni di un certo terrorismo – come se la guerra “normale” non fosse anche terrorismo – in cui qualcuno inneggia alla necessità di far fuori «gli islamici» prima che essi facciano fuori noi, in cui si preparano le ennesime stragi dei poveri, in cui a morire ci saranno babbei che pensano di curare la malattia uccidendo il paziente, in questi giorni dovrebbe risuonare nelle orecchie il credo del fuciliere reso celebre dal film «Full Metal Jacket». Lì il regista Stanley Kubrick, riallacciandosi al suo «Orizzonti di gloria», fa recitare religiosamente ai marines americani, allievi del famigerato sergente Hartmann, alcune frasi mistiche e mitiche: «Questo è il mio fucile. Ce ne sono tanti come lui, ma questo è il mio. Il mio fucile è il mio migliore amico, è la mia vita. Io debbo dominarlo come domino la mia vita. Senza di me il mio fucile non è niente; senza il mio fucile io sono niente. Debbo saper colpire il bersaglio, debbo sparare meglio del mio nemico che cerca di ammazzare me, debbo sparare io prima che lui spari a me. E lo farò. Al cospetto di Dio giuro su questo credo: il mio fucile e me stesso siamo i difensori della patria, siamo i dominatori dei nostri nemici, siamo i salvatori della nostra vita e così sia, finché non ci sarà più nemico ma solo pace. Amen».
La componente fallica delle armi, insita nelle nostre coscienze, si indirizza verso una mutua distruzione reciproca, dove i lupi in doppiopetto al sicuro nelle loro torri d’avorio raccoglieranno – e fingeranno di piangere – i miseri resti delle pecore armate e impaurite.
«La guerra è la politica proseguita con altri mezzi» affermava candidamente Von Clausewitz: a sottolineare l’assoluta irrazionalità del meccanicismo insito nelle strutture umane, in realtà create per soddisfare gli istinti e le paure invece che per portare luce e senso del bene comune.
Come uscire da questo circolo vizioso, dal “comma 22”, dalle paure abilmente giostrate?
Lo scrittore Michael Ende, figlio del pittore surrealista Edgar Ende, famoso per «La storia infinita» in un altro suo romanzo – «Lo specchio nello specchio» – riprende la forma del “comma 22” e implicitamente ne mostra l’uscita: «Soltanto chi esce dal labirinto può essere felice, ma soltanto chi è felice può uscirne».
Per uscire dal terrore, per dissipare la guerra mutua reciproca, l’unico modo è essere felici, forti nell’amore e nella lotta contro chi ci vuole morti e prosperare sulle nostre vite e/o sulle nostre carcasse.