Ci manca(va) un venerdì – 68
Aristotele, Parmenide, Putnam, Buster Keaton e il coniglio Roger Rabbit impegnati in una gara di tiro alla fune sotto il ferreo controllo di Fabrizio Melodia, astrofilosofo ben noto
«È impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo» scrisse Aristotele di Stagira nel libro quarto della «Metafisica» (capitolo 3, 1005 b 19-20), passaggio fondamentale per ogni studente di filosofia a Venezia ai tempi del professor Emanuele Severino, che di questo principio aveva fatto una forte ontologia improntata sul ritorno all’Essere Eterno di Parmenide e sulla concezione nichilista del pensiero occidentale.
In breve, l’Essere di Parmenide è l’universo intero, eterno e immobile, mentre gli esseri umani, per una scriteriata e non corretta interpretazione legata a una interpretazione sensoriale, ritengono che le cose siano in movimento, che abbiano un punto d’inizio e una fine, in cui esse passino da un momento di esistenza a un momento di non-esistenza.
Tale modalità cade in netta contraddizione con la Ragione, la quale non accetta che una cosa sia e non sia allo stesso tempo e sotto il medesimo rispetto.
In quanto insito nell’universo, il principio di non contraddizione impedisce questo paradosso: semplicemente il tempo non esiste e le cose in realtà non mutano, ma appaiono nella piena manifestazione atemporale dell’Essere Eterno.
Tutto è eterno dunque; il principio di non contraddizione regna sovrano ovunque e grazie alla Ragione l’essere umano sfugge alla paura della morte, in quanto essa è solo una pessima e nichilistica interpretazione del pensiero occidentale, ottenebrato dal concetto del tempo e della fine.
Fin qui non fa una piega, quello su cui bisogna soffermarsi è il concetto stesso di sapienza: il principio di non contraddizione implica la comprensione dell’armonia dell’universo e quindi, una volta compresa, la piena e alta accettazione della Legge e dell’Ordine Immutabili di quest’ultimo.
In sostanza la scienza filosofica è un sapere statico, una “episteme”, una scienza ferma e certa riguardo all’interpretazione del mondo.
Hilary Putnam, uno dei maggiori filosofi contemporanei, scomparso di recente, amava affermare: «Che la filosofia debba provare a educare gli adulti e, in particolare, a insegnare loro a essere adulti era già il messaggio della “Repubblica” di Platone. Nel dialogo, Trasimaco sostiene che le uniche cose per cui vale la pena di vivere sono il denaro, il potere e la soddisfazione della lussuria; l’articolata replica di Platone è che vi sono molte altre cose per cui vale la pena vivere, oltre ai beni materiali. Credeva che il mondo potesse essere migliorato, così come le persone, con l’uso della ragione, comprese la ragione teoretica e la filosofia pura. Possiamo certamente sviluppare gli argomenti e le teorie di Platone, ma l’importanza e il valore della filosofia stanno proprio qui: nel rendere migliori il mondo e le persone attraverso il ricorso alla ragione, nel senso più ampio».
Ai valori materiali della società, oggi tristemente ri-fondata sul capitalismo e sullo sfruttamento, Platone opponeva la Ragione filosofica: non prettamente contemplativa ma una Ragione che poteva, attraverso il dialogo e la dialettica, cercare nuove strade per migliorare e cambiare il mondo.
La rassegnazione, per quanto attiva, al mondo fatto così e fondato su leggi eterne non va bene per una filosofia che deve educare a essere migliori, ad andare oltre a quello che è dato dalla natura, per quanto essa possa sembrare ingabbiare.
Ad Aristotele, dunque, mancava un venerdì, in quanto il contraddirsi non solo è bello ma essenziale: ad Aristotele però mancava il senso del dialogo ma soprattutto dell’umorismo.
Quanto umoristica può essere la famosa asserzione del filosofo Eraclito: «Il mare è l’acqua più pura e impura: per i pesci è potabile e li conserva in vita, per gli uomini è imbevibile e mortale». Eraclito era il Buster Keaton del suo tempo, troppo serio e stralunato per non suscitare ilarità.
In conclusione, concordo in pieno con il grande coniglio antropomorfo Roger Rabbit quando afferma: «La mia filosofia è questa: se non si ha un po’ di senso dell’umorismo è meglio essere morti».