Ci manca(va) un venerdì – 69
Uno strano trio – Benigni, Renzi e Montesquieu – obbliga il cardiologo (no scusate, è astrofilosofo) Fabrizio Melodia a riflettere sul disegno di legge 12/04/2016
«Ho dato una risposta frettolosa, dicendo che se c’è da difendere la Costituzione, col cuore mi viene da scegliere il No ma con la mente scelgo il Sì. E anche se capisco profondamente e rispetto le ragioni di coloro che scelgono il No, voterò Sì»: così, a sorpresa, Roberto Benigni – laurea honoris causa in letteratura italiana oltreché premio Oscar – al giornalista di «Repubblica» che lo sta intervistando.
Il comico toscano tornerà, con l’arguzia e l’intelligenza che non gli mancano, sugli schermi televisivi a leggere e commentare la Costituzione Italiana… ma quale? La vecchia o la nuova?
Sulla riforma – «deforma» o «schiforma» dice chi si oppone (*) – varata dal duo Boschi/Renzi, ecco cosa “chiarisce” Benigni: «Sono trentanni che sento parlare della necessità di superare il bicameralismo perfetto: niente. Di creare un Senato delle Regioni: niente. Di avere un solo voto di fiducia al governo: niente. Pasticciata? Vero. Scritta male rispetto alla lingua meravigliosa della Costituzione? Sottoscrivo. Ma questa riforma ottiene gli obiettivi di cui parliamo da decenni. Sono meglio di nulla. E io tra i due scenari del giorno dopo, preferisco quello in cui ha vinto il Sì, con l’altro scenario si avrebbe la prova definitiva che il Paese non è riformabile».
Breve riepilogo: la Riforma del Senato è stata approvata in via definitiva alla Camera dei deputati, ultimo passaggio previsto dal protocollo legislativo, in attesa della conferma o meno della volontà del popolo italiano che avrà luogo in ottobre con un referendum “confermativo” previsto dalla stessa Costituzione per casi del genere. Al contrario del recente referendum sulle trivelle – con Renzi denunciato, fra gli altri dal segretario di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero, per avere esortato le persone a non compiere il proprio dovere civico, cioè a non votare, in modo da sfangare il quorum – in questo caso la votazione sarà valida anche se non si supera la soglia del 50,1 per cento. Questo concede un vero respiro rispetto alla volontà dell’antipolitica di molti demagoghi attuali e alla pigrizia tipica di un Paese gobbo con cucito addosso un abito con la gobba.
Torniamo a Benigni: Paese non riformabile? Scenari apocalittici? Per capirlo, ho guardato il disegno di legge 12/04/2016. E porto alcuni punti salienti all’attenzione di chi legge questa rubrica.
Primo punto: il numero dei senatori passa da 315 a 100, seguito poi dai 74 consiglieri regionali, 21 sindaci più 5 senatori nominati dal capo dello Stato per 7 anni.
Punto secondo: per la famigerata fiducia al governo, una vera e propria carta jolly quando c’è da varare una legge (Berlusconi ne faceva un sapiente show, mettendola più o meno dappertutto ma i suoi successori lo hanno imitato) il Senato “svanisce” e dunque tutto resta alla Camera. Invece al Senato rimarrà la possibilità – non l’obbligo – di esaminare le proposte di legge, per giunta in tempi strettissimi, poi la legge rivista tornerà alla Camera che potrà accettare i suggerimenti o meno. Più complessa la situazione riguardo alle leggi regionali e degli enti locali, dove il Senato conserva maggiori poteri. In questo caso, alla Camera sarà necessario un voto a maggioranza assoluta per bloccare le modifiche operate dal Senato. Al Senato rimane la possibilità di votare la legge di bilancio ma l’ultima parola spetta sempre alla Camera.
Domanda: che rimane a fare un Senato così impoverito? Rappresentanza? O giocare a scala quaranta?
Al punto terzo ho notato un’altra cosa interessante: l’elezione del presidente della Repubblica, che deve essere il garante dell’applicazione della Costituzione, non sarà più del 50 per cento più uno, ma ci vorranno i due terzi per i primi scrutinii e successivamente i tre quinti.
Al quarto punto – santa pazienza come la fanno lunga – si dice che l’approvazione delle leggi sarà prerogativa della Camera, niente più rimpalli con il Senato. Il potere concentrato in un organismo unico. Ottimo, perfetto, novità incredibile, riforma mai vista prima: il potere esecutivo risulta rafforzato rispetto a quello legislativo.
L’elezione dei senatori? Ancora da definire. Allora si va a votare un disegno ancora imperfetto? Ok, si varia in corso d’opera e dunque… non sarà quello approvato dai cittadini. In un Comune serio non accetterebbero una variante simile riguardo all’edilizia.
Andando più avanti si “comprendono” i poteri del Senato, il quale riavrà indietro le politiche comunitarie, occupandosi anche di enti locali italiani. Sarà un controllore delle politiche pubbliche e sulla Pubblica Amministrazione, potendo anche eleggere due giudici della Corte Costituzionale. Proprio con la Corte Costituzionale e la riforma dell’articolo V, ecco un punto interessante: viene rovesciato il sistema per distinguere le competenze dello Stato da quelle delle Regioni, sarà lo Stato a decidere di cosa occuparsi e le Regioni si adatteranno.
Aumentano i poteri della Corte Costituzionale: con questa riforma potrà intervenire, sempre su richiesta, con un giudizio preventivo sulle leggi che regolano elezioni di Camera e Senato, ovviamente dietro richieste della Camera, cioè dai almeno un terzo dei componenti.
La Costituzione ovviamente non è intoccabile ma deve adattarsi – e come ? – ai tempi d’emergenza in cui viviamo? Se la nave Italia affonda e siamo con l’acqua alla gola è anche per una situazione creata da chi precedentemente ha fatto leggi a proprio uso, consegnando il Paese in mano al neoliberismo, distruggendo sanità, scuola e stato sociale; proprio non sembra che la colpa sia delle “partite a tennis” fra Camera e Senato.
Finalmente è #lavoltabuona #italiariparte come cinguetta Renzi? Ma anche Benigni annotava quanto a destra si sedesse Renzi quando veniva a vedere il suo spettacolo…
Dal canto mio, questa fase mi ricorda il periodo del trapasso dalla Roma repubblicana alla Roma Imperiale quando – forte del suo esercito – Ottaviano in nome delle riforme e dell’emergenza riunì in sé tutti i poteri legislativi ed esecutivi, dando origine all’Impero.
Dopo il naufragio in nemmeno un cinquantennio della nostra Repubblica potrebbe persino essere di buon auspicio? Ma la Storia non è replicabile in laboratorio, serve a nulla… o quasi.
Vorrei lasciarvi con un pensiero del filosofo, storico e giurista francese Charles Louis de Secondat barone de la Brede e de Montesquieu: «Tutto sarebbe perduto se lo stesso uomo, o lo stesso corpo di maggiorenti, o di nobili, o di popolo, esercitasse questi tre poteri: quello di fare le leggi, quello di eseguire le decisioni pubbliche, e quello di giudicare i delitti e le controversie dei privati». Gran mattacchione quel Montesquieu, credeva di aver capito lo spirito sano delle leggi, lui non avrebbe votato a favore della riforma renziana.
PICCOLA NOTA SULLA CONTRORIVOLUZIONE D’OTTOBRE
Al contrario dell’ex “piccolo diavolo” codesta bottega è schierata per il No senza ripensamenti e stiamo ospitando interventi (la domenica) in questo senso: pensiamo di continuare e dunque sono particolarmente gradite le vostre segnalazioni, magari anche le FAQ – Frequently asked questions cioè le domande più frequenti – in vista del referendum di ottobre: non una rivoluzione ma secondo noi una controrivoluzione. (db).