Cile: chiude i battenti la storica rivista Punto Final
Pubblicazione tra le più significative del pensiero rivoluzionario latinoamericano ha avuto come collaboratori Joao Pedro Stédile, Gabriel García Márquez, Mario Benedetti, Evo Morales, Emir Sader, Eduardo Galeano e Hugo Chávez
di David Lifodi
Poco più di un mese fa la storica rivista cilena Punto Final è stata costretta a sospendere le pubblicazioni a causa della mancanza di fondi, dovuta soprattutto all’assenza di risorse economiche per poter proseguire il proprio cammino. I media indipendenti in Cile non possono contare sul sostegno economico dello Stato, che finanzia esclusivamente quelli più vicini alle lobbies che si spartiscono il paese. “Il pluralismo della democrazia cilena”, così tanto sbandierato dalle istituzioni, “non esiste”, ha scritto la redazione di Punto Final.
La chiusura della rivista rappresenta un duro colpo non solo per il mondo dell’informazione cilena, ma per tutta l’America latina, soprattutto perché nessuno come Punto Final ha saputo raccontare il Cile sotto la dittatura pinochettista e il ritorno alla democrazia, senza contare che molti dei suoi giornalisti hanno rivestito ruoli di primo piano all’epoca del governo di Salvador Allende e i suoi collaboratori, nel corso degli anni, sono stati intellettuali e capi di stato del calibro di Joao Pedro Stédile, Gabriel García Márquez, Mario Benedetti, Evo Morales, Emir Sader, Eduardo Galeano e Hugo Chávez.
Negli ultimi anni Punto Final aveva condotto una dura battaglia contro lo Stato cileno affinché i media indipendenti potessero contare sul finanziamento statale, ma la stessa Camera dei deputati, pur riconoscendo la necessità di una legge in grado di distribuire in maniera più equa i contributi economici agli organi di informazione, in pratica non ha mai stato fatto niente di concreto. In più di una circostanza la Corte suprema di giustizia ha rigettato il ricorso di Punto Final, che denunciava il sostegno economico statale concesso esclusivamente al duopolio El Mercurio-Grupo Copesa. L’ultima azione di Punto Final è stata il 22 aprile 2017, quando la redazione ha denunciato lo Stato cileno di fronte alla Commissione interamericana per i diritti umani invocando la Convenzione sui diritti umani, sulla libertà di pensiero ed espressione che all’articolo 13 stabilisce: “Nella proprietà e nel controllo dei mezzi di comunicazione il monopolio e l’oligopolio devono essere regolati nella misura in cui cospirino contro la democrazia e la pluralità dell’informazione che dovrebbe essere garantita alla cittadinanza”.
La fondazione di Punto Final risale al settembre 1965 grazie ai giornalisti Manuel Cabieses e Mario Díaz, che lavoravano al quotidiano Ultima Hora e, con i loro stipendi, riuscirono ad aprire l’allora quotidiano. Tutti coloro che vi lavoravano erano già giornalisti impegnati in altre testate le cui proprietà non permettevano però di scrivere in condizioni di assoluta libertà. Tra i collaboratori di quel primo periodo vi furono l’economista Jaime Barrios Meza, che lavorò a Cuba con Che Guevara, Jane Vanini, la rivoluzionaria brasiliana che entrò a far parte del Mir (Movimiento de izquierda revolucionaria) e cadde combattendo contro i militari golpisti e l’avvocato Alejandro Pérez Arancibia. Tutti i redattori simpatizzavano per le lotte di emancipazione dei popoli latinoamericani, alcuni provenivano dalle fila del Partito comunista cileno, altri dal Mir o dai cristiani per il socialismo. Quando Allende conquistò la Moneda, diversi giornalisti lasciarono Punto Final per assumere incarichi di governo, da Augusto Olivares, direttore della Televisión Nacional, a Carlos Jorquera, a capo della comunicazione del presidente.
Nel libro Interferencia Secreta, la giornalista Patricia Verdugo ha riportato una comunicazione radio inviata da Pinochet in cui non solo si parla della chiusura di tutti gli organi di informazione non allineati, ma il dittatore ordina che i redattori di Punto Final siano arrestati. È l’11 settembre 1973 e, fin dal giorno del colpo di stato, una delle principali preoccupazioni del dittatore è quella di mettere a tacere Punto Final. Di lì a due giorni, Jaime Barrios, alla guida della Banca centrale e già collaboratore della rivista viene fucilato, Manuel Cabieses è arrestato ed espulso dopo due anni di detenzione grazie alle pressioni internazionali, José Carrasco Tapia, dirigente dell’Ordine dei giornalisti cileno e del Mir, viene ucciso nel 1986. Il regime aveva dichiarato guerra a Punto Final, tanto che la sede fu distrutta dai militari cileni e venne dato alle fiamme l’archivio dove erano conservati centinaia di documenti e fotografie della sinistra cilena.
Nonostante i tentativi per ridurre al silenzio la rivista, Punto Final non aveva mai alzato bandiera bianca prima d’ora. Durante la dittatura militare, riprese le sue pubblicazioni in Messico nel 1982 sotto la conduzione di Mario Díaz, anche se formalmente continuava ad apparire come direttore Manuel Cabieses, in realtà rimasto in Cile in clandestinità. Quello che era nato come un semplice foglio di collegamento al suo esordio si trasformò in una delle pubblicazioni più significative del pensiero rivoluzionario latinoamericano, non a caso fu Punto Final che contribuì al recupero del diario di Che Guevara in Bolivia e fu tramite il suo direttore Díaz che il diario raggiunse Cuba.
A chiusura della propria esperienza, la redazione di Punto Final si è congedata dai suoi lettori auspicando un Cile differente, democratico, partecipativo ed ugualitario nei diritti sociali e politici, ma per ora, ad averla vinta, è stato l’oligopolio mediatico. La scomparsa di una pubblicazione che ha attraversato la storia latinoamericana “dalla parte del torto” è un vero peccato.