Cile: come ripartire dopo la sconfitta dell’Apruebo?
L’esito del voto del 4 settembre ha lasciato molti dubbi e poche certezze. Intellettuali, giornalisti e politologi analizzano il risultato delle urne.
di David Lifodi (*)
Foto: https://www.nodal.am/
A dieci giorni dal trionfo del Rechazo nel referendum costituzionale in Cile continuano ad essere molte le analisi su un risultato che ha lasciato numerosi dubbi e pochissime certezze sul futuro politico del paese.
L’auspicio dello slogan “Va a caer la Constitución de Pinochet” è stato letteralmente sommerso da una valanga di voti, un aluvión, favorevoli al mantenimento della Costituzione di origine pinochettista (anche se oggetto di modifiche nel periodo 2000-2006, all’epoca della presidenza di Ricardo Lagos), tanto da far scrivere a Gerardo Szalkowicz, editorialista dell’agenzia di notizie Nodal, che si è trattato di un vero e proprio contra-estallido electoral, facendo riferimento alle massicce proteste popolari del 2019 a cui in molti guardavano con speranza per la nascita di un nuovo Cile più aperto e meno diseguale.
Fare l’analisi di una sconfitta di queste proporzioni resta complesso, ma una cosa è certa: il progressivo indebolimento del governo, dovuto al fatto che il referendum si è trasformato progressivamente in una sorta di plebiscito per sostenere o delegittimare il giovane presidente Gabriel Boric, unito alla mancanza di unione, sotto certi aspetti, tra i movimenti sociali (favorevoli alla nuova Costituzione, ma non necessariamente al governo), rischia di favorire senza dubbio le destre, da quella nostalgica di Pinochet all’oligarchia che si riconosce nei valori del neoliberismo ed è ben contenta di vedere il proprio paese ancora ai primi posti nella classifica tra le nazioni più diseguali del pianeta.
Da un lato è evidente la campagna di fake news per delegittimare e ridicolizzare in ogni modo la nuova Costituzione promossa dalle destre, ma questo, sempre più, fa parte del gioco. Dall’altro, associata a Gabriel Boric, la nuova Costituzione ha finito per rappresentare, sia agli occhi di coloro che sono rimasti delusi dal presidente sia di fronte suoi più acerrimi oppositori, l’occasione per esprimere un voto di punizione, a cui si è associata la discesa della sua popolarità, dovuta ad aspetti come l’alto costo della vita, la crisi economica e il conflitto con i mapuche in cui il governo non si è comportato così diversamente dagli esecutivi che lo hanno preceduto.
In più, osserva ancora Gerardo Szalkowicz, la nuova Costituzione non è stata accompagnata da un’ampia mobilitazione sociale e gran parte dei suoi contenuti ha finito al tempo stesso per rimanere ristretta all’ambito dei “soliti noti”, le organizzazioni popolari, senza però riuscire a convincere il cittadino medio. A questo proposito, su Rebelión, nella sua analisi “La derrota reformista y el escenario del conflicto político” Igor Goicovic Donoso ha evidenziato che nelle comunas abitate in prevalenza dal ceto medio ha prevalso el Rechazo e lo stesso è accaduto anche nelle zone operaie considerate storicamente un baluardo della sinistra. Tutto ciò, unito al fatto che la nuova Costituzione è stata considerata, al tempo stesso, troppo radicale dalla maggioranza dei partiti politici cileni per via dei suoi riferimenti all’ecologismo o alla definizione di Stato plurinazionale, ha finito per determinare la sconfitta dell’Apruebo in una società ancora permeata dai valori neoliberisti imposti dall’epoca del regime militare.
E ancora, ad incidere sul voto è stato l’obbligo di recarsi alle urne. Dopo dieci anni di voto volontario, coloro che solitamente non votavano, hanno preferito scegliere l’opzione del Rechazo, contribuendo in maniera significativa ad affondare el Apruebo.
Tre intellettuali cileni hanno rimproverato a Boric di aver operato più nel segno della “concertación” che in quello dell’estallido social. I sociologi Marcos Roitman e Felipe Portales, insieme allo storico Sergio Grez, hanno convenuto nel ritenere che l’atteso processo di cambiamento non si è aperto alle organizzazioni popolari, ma è rimasto chiuso all’interno del governo, tanto da far scrivere alla giornalista Cecilia Vergara Mattei e al politologo Maximiliano Rodríguez De la rebelión popular al fiasco constitucional, ¿qué pasó en Chile?
Secondo loro le radici della sconfitta si trovano nel progressivo ingresso di uomini di partito all’interno della Convenzione costituzionale al posto degli indipendenti e nella timidezza di una Costituzione che, per quanto avanzata, non andava ad intaccare realmente quel modello economico alla base della profonda disuguaglianza sociale nel paese, peraltro difficile da eliminare in pochi mesi per il nuovo governo.
Al momento di recarsi alle urne, sottolineano Vergara Mattei e Rodríguez, i cileni avevano quattro opzioni: approvare, approvare per riformare, rifiutare, rifiutare per rinnovare. El Apruebo ha raggiunto la maggioranza soltanto tra i giovani tra i 18 e i 30 anni, mentre el Rechazo ha finito per poter contare su un’alleanza sociale e politica più variegata rispetto all’Apruebo e così, parte dello schieramento contrario al sistema politico avrebbe finito per passare dalla parte del Rechazo stesso.
Per i due analisti del Centro Latinoamericano de Análisis Estratégico, il governo di Boric ha negoziato troppo le istanze della nuova Costituzione con presidenti come Lagos e Bachelet, esponenti dell’ormai superata Concertación, cercando di promuovere una “Constitución de todos” per fare in modo che l’Apruebo vincesse, spingendosi fino a negoziare con quella destra insieme alla quale, all’epoca dell’estallido social del 2019, avevana convenuto di mantenere Piñera a La Moneda nel cosiddetto Acuerdo por la Paz Social y la Nueva Constitución del 15 novembre di tre anni fa.
La vittoria del Rechazo rappresenta una sconfitta per tutti perché non solo rafforza le destre, ma spinge Boric verso una politica ancor più moderata, come dimostra l’ingresso nel suo gabinetto di quadri della vecchia Concertación.
(*) Fonte: Peacelink
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