Cile: oggi come allora i carabineros torturano
di David Lifodi
Gli anni successivi al colpo di stato dell’11 settembre 1973, che sancirono l’avvento di Augusto Pinochet e del regime militare in Cile, sono trascorsi da un pezzo, eppure i carabineros sono ancora quelli di una volta. Negli ultimi tempi è cresciuto il numero dei casi in cui i militari cileni si sono resi protagonisti di vere e proprie torture, spesso ai danni degli studenti che, negli ultimi mesi, hanno ripreso con forza l’occupazione delle scuole per chiedere un cambiamento radicale del sistema scolastico.
Oggi siamo in democrazia, è vero, alla Moneda non siede più Pinochet circondato dai suoi sgherri, ma la presidenta Michelle Bachelet, che ha vissuto in prima persona il carcere e ha perso il padre proprio per mano della dittatura: militare rimasto fedele a Salvador Allende, pagò con la vita la sua coerenza. Tuttavia, di fronte alla mobilitazione studentesca, che si batte per un istruzione pubblica gratuita al 100%, per il trasporto studentesco altrettanto gratuito e per una modifica della Ley General de Educación, Bachelet finora ha sempre risposto picche e in più di una circostanza i carabineros sono intervenuti per mettere fine alla toma, l’occupazione delle scuole. È in questo contesto che, negli ultimi mesi, hanno fatto discutere i casi di Roberto Zambrano e Constanza Vargas, entrambi dirigenti di organizzazioni studentesche e sottoposti alle torture della polizia. Zambrano, studente delle scuole superiori, è stato fermato dai carabineros al termine di una manifestazione studentesca. Trascinato con la forza alla Tercera Comisaría di Santiago del Cile, il giovane è stato denudato e picchiato dai carabineros, solo pochi giorni dopo che una minorenne di un altro istituto della capitale aveva denunciato di essere stata a sua volta sottoposta a vessazioni da parte dei militari. Del resto, il rapporto stilato ogni anno sui diritti umani dall’Università Diego Portales testimonia che, al giorno d’oggi, in Cile la tortura rappresenta una pratica quotidiana ed è tutt’altro che circoscritta all’epoca della dittatura. Ratificata dal Cile il 30 settembre 1988, la Convenzione contro la Tortura è rimasta finora lettera morta, nonostante nel paese sia tornata da tempo la democrazia. Nel capitolo La tortura en Chile: estado actual desde la reforma procesal penal, il rapporto dell’Università Diego Portales evidenzia in particolare la tortura esercitata da esponenti della Gendarmeria, cioè dai carabineros. Inquietante anche la testimonianza del dirigente studentesco Gabriel González che, nell’agosto 2015, rifiutò di pagare una multa comminatagli per un blocco stradale organizzato durante un corteo studentesco. Al rifiuto dello studente di pagare una multa di 45mila pesos, che peraltro non aveva al momento dell’arresto, fu costretto a tornare a casa con i carabineros che lo colpirono più volte e lo intimidirono dicendogli che erano al corrente del suo ruolo di dirigente studentesco. Infine, i militari fecero capire al ragazzo che, proprio in quanto esponente del sindacato degli studenti, avrebbe dovuto sapere a cosa andava incontro. L’impunità è tale che, in occasione della giornata di protesta per quanto accaduto a Roberto Zambrano, sono stati arrestati altri due studenti, di cui uno di soli 13 anni, a cui sono state rivolte ingiurie razziste a causa della sua nazionalità peruviana. E ancora, in un altro liceo di Santiago del Cile, per mettere fine ad un’occupazione, i carabineros hanno fatto ingresso nell’istituto armi in pugno provocando anche dei danni alla scuola stessa. “La maggior parte delle torture si verifica a seguito di arresti arbitrari che avvengono per fermare la protesta sociale”, spiega Rodrigo Román , avvocato della Defensoría Popular. La polizia, denuncia l’avvocato, “ha la tortura nel suo DNA come pratica abituale”, ed è preoccupante l’utilizzo dei carabineros da parte dello stato per mettere fine ai conflitti sociali. Le brutalità della polizia, che spesso restano impunite, fanno pensare ai carabineros come ad una milizia armata che non risponde agli ordini di nessuno, ma agisce autonomamente, come del resto accadeva in epoca pinochettista. Tutto ciò è testimoniato da quanto accaduto alla diciottenne Constanza Vargas, arrestata lo scorso 1° giugno a seguito di un’irruzione dei carabineros in un liceo di Concepción per mettere fine ad un’occupazione. Condotta con la forza in un commissariato, dove paradossalmente le è stata notificata l’accusa di avere esercitato violenza nei confronti dei carabineros, Constanza è stata letteralmente sequestrata insieme alla sua compagna Javiera Escalona, mentre gli studenti minori di età sono stati rilasciati dalla polizia. Non solo Costanza e Javiera sono state costrette a spogliarsi di fronte ai militari, ma hanno dovuto sopportare diverse umiliazioni, a partire da insulti sessisti facilmente immaginabili. Inoltre, a Constanza è stato strappato il piercing con la forza, provocandole un’emorragia alla narice che i carabineros si sono ben guardati dal curare. A finire sotto accusa il ministro dell’Interno Jorge Burgos, ma tutto il governo cileno dovrebbe rispondere di questo e di altri episodi simili e che invece, già al tempo della prima presidenza di Michelle Bachelet, si era contraddistinto per una costante repressione dei movimenti sociali e delle organizzazioni popolari. La stessa Bachelet, anche in occasione della precedente esperienza alla Moneda, non si è mai adoperata per una reale riforma dell’istruzione che chiesero per la prima volta, oltre dieci anni fa, i penguinos, gli studenti delle scuole medie così denominati per via della loro uniforme.
“Niente di nuovo sotto il sole”, affermano amaramente gli studenti a proposito delle torture dei carabineros: “I casi di tortura non avvengono solo nei paesi dove vige la dittatura, ma anche in quelli che si definiscono orgogliosamente democratici”.