Cile: sicurezza all’insegna del bukelismo

A seguito dell’ondata di omicidi avvenuti nel mese di luglio nella Regione metropolitana di Santiago, il presidente Gabriel Boric pensa alla costruzione di un carcere di massima sicurezza per fermare la violenza della criminalità organizzata sul modello del suo omologo salvadoregno. Tuttavia, la svolta securitaria in tema di sicurezza potrebbe ripercuotersi anche sui movimenti sociali.

di David Lifodi

Con Nayib Bukele Gabriel Boric non condivide solo l’età (sono quasi coetanei, essendo nati, rispettivamente, nel 1981 e nel 1986), ma anche l’ossessione per la sicurezza. È probabilmente per questo che Boric, dopo aver saputo della costruzione di mega penitenziari del suo omologo in El Salvador, allo scopo di smantellare le pandillas, ha pensato, a sua volta, di annunciare l’edificazione di un nuovo carcere di massima sicurezza a seguito della crescita del numero di omicidi nel mese di luglio, di cui 17 nel giro di pochissimi giorni, nella Regione metropolitana di Santiago.

La convocazione del Comitato per la sicurezza a La Moneda, che lo ha spinto a sospendere anche il viaggio già programmato a Parigi per assistere alle Olimpiadi recentemente concluse (ma non a quello a sua volta già stabilito, per stringere accordi economici, negli Emirati Arabi Uniti), da un lato evidenzia la sua preoccupazione per la crescente diffusione del crimine organizzato, ma dall’altro denota l’intenzione di voler risolvere il problema in maniera esclusivamente repressiva e di non voler arginare soltanto alla delinquenza.

La svolta securitaria di Boric potrebbe infatti ripercuotersi anche sui movimenti sociali e preoccupa la creazione di una forza di polizia dedicata esclusivamente alla Regione metropolitana che, però, potrebbe ricoprire anche altri compiti considerando il coinvolgimento di carabineros e intelligence. “In Cile non vogliamo che accada quanto è successo in altri paesi, dove il crimine organizzato ha preso il controllo delle carceri sostituendosi allo stato”, ha dichiarato il presidente, pensando, probabilmente, a quanto è avvenuto in Ecuador, dove da tempo le bande criminali hanno provocato incidenti nelle carceri.

Proprio alla detenzione dei leader del crimine organizzato dovrebbe essere dedicato il carcere di massima sicurezza per il quale sia Boric sia il Ministero di Giustizia hanno individuato come area la stessa Regione metropolitana per un costo che ammonta intorno ai 90 milioni di pesos.

Dal 2018, in Cile, il numero di omicidi è cresciuto del 4,5 ogni centomila abitanti, per raggiungere l’apice nel 2022 con il 6,7. La Regione Metropolitana è quella dove si concentra il maggior numero di morti violente (circa il 40%) di tutto il paese. Nel 2023 sono stati registrati 256 omicidi, e nell’anno in corso, almeno fino allo scorso luglio, siamo già a quota 253.

Nonostante tutto, le modalità con cui Boric ha scelto di procedere il più rapidamente possibile per la costruzione di un carcere di massima sicurezza hanno lasciato perplessi, tanto da spingere alcuni sindaci della Regione metropolitana a prendere posizione. In particolare, Irací Hassler, sindaca di Santiago del Cile (la prima proveniente dal Partito Comunista cilena) ,ha espresso il suo rifiuto categorico all’edificazione di un nuovo penitenziario in uno spazio dove già si trovano, tra gli altri, i Centros de Detención Preventiva Santiago 1 e Santiago Sur. Contrario anche Luis Valenzuela, sindaco di Tiltil (cittadina che si trova anch’essa nella Regione metropolitana di Santiago), dove già si trova la prigione di Punta Peuco che ospita alcuni dei condannati per delitti di lesa umanità all’epoca del regime militare di Pinochet.

In questo contesto occorre aprire una riflessione proprio sul concetto di sicurezza di Boric che, da un lato, vuol evitare giustamente che il paese diventi ostaggio del narcotraffico e della criminalità organizzata, ma dall’altro, utilizzando carabineros e Polizia civile, i cui modi agire non sono poi così diversi dall’epoca del pinochettismo, solleva dei dubbi anche sulla gestione delle manifestazioni di piazza.

Lo stato d’assedio decretato nell’Araucania, in territorio mapuche, non accenna ad essere tolto, così come, in generale, la militarizzazione in tutto il paese. Inoltre, polizia e carabineros sanno di poter contare sulla totale impunità, proprio come accadeva prima dell’avvento di Boric, nell’opera di pacificazione del paese, indipendentemente se si trovano di fronte a pericolosi delinquenti o a organizzazioni popolari, per non parlare delle troppe circostanze in cui la “legittima difesa” è stata invocata nei casi di gestione della delinquenza comune.

La sensazione predominante è che a fare le spese della crescita della repressione siano le fasce più povere del paese che non comprendono il motivo per cui il governo si preoccupi più di loro che di un sistema politico e giudiziario infiltrato dal narcotraffico. A cinque anni dall’estallido social del 2019 l’impressione è che, sul tema della sicurezza, il presidente Boric, anche a causa della mancanza di una solida maggioranza in grado di puntellare il suo governo, abbia finito per non scostarsi molto dagli argomenti e dalle idee delle destre.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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