Cine-alieni in Italia
Intervistato (da un astrofilosofo) un Et che sorvolava l’Italia alla domanda se fosse disponibile ad atterrare a Lucca, a Bologna o a Imperia ha risposto: «dipende che film c’è stasera».
di Fabrizio («Astrofilosofo») Melodia
«Era cinema fatto bene, non tutto, ma aveva perle che il mondo ci invidiava. Era venduto benissimo in tutto il mondo, poi è successo che:
1. Cominciarono a trasmettere le reti private che tempestavano di film (io sono cresciuto con quelle televisioni);
2. molti cominciavano a fare film brutti credendo che il pubblico fosse idiota;
3. il cinema di genere di oltre oceano stava migliorando la distribuzione e aumentava la spettacolarità». Così – ho un po’ sintetizzato – Mariano Equizzi, a proposito delle vicende del cinema di genere in Italia (in una intervista rilasciata a Emiliano Farinella per Delos.com).
L’Italia è un paese anomalo e un po’ selvaggio. Spesso, a parziale giustificazione, si usa dire «Siamo in Italia» che fa quasi rima con magagna.
Anche per quanto riguarda i film italiani la situazione non è diversa, semmai sfiora il versante drammatico. Il nostro cinema non è certo come quello statunitense, che viene pensato nientemeno che come un ramo dell’industria, che impiega molto personale e richiede altissime qualifiche professionali, sostenuto da una distribuzione capillare e da un frastuono pubblicitario senza confronti, soprattutto per le grosse produzioni. In Italia, lo dico a malincuore, s’importa l’ 80% del prodotto cinematografico e televisivo; il restante, per fortuna, soprattutto in questi ultimi anni, sta avendo un buon apporto con la nascita di alcune società di produzione cinematografica e televisiva (come la romana Taodue, produttrice anche per il mercato estero, di serie tv, qui da noi chiamate fiction, quotate sul mercato estero come «Distretto di polizia» e «Ris, delitti imperfetti»), oltre che a coraggiosi tentativi indipendenti i quali apportano al nostro prodotto interno – lordo e intellettuale talvolta – una buona dose di adrenalina e speranza.
La fantascienza, come spesso asseriva Franco Lucentini, in Italia poteva trovare un buon terreno: risibile che un disco volante atterri a Lucca… Se gli alieni volessero conquistare il mondo o comunque incontrare “gente che conta” dovrebbero puntare su uno Stato che sulla scacchiera del mondo possa contare qualcosa.
Dino Buzzati e Italo Calvino avevano tentato una risposta concreta a questa affermazione di Lucentini ma, a quanto pare, la fantascienza in Italia doveva rimanere un genere anglo-americano.
Eppure nonostante tutto, alcuni coraggiosi si cimentarono non solo a livello letterario, con alterne fortune, ma anche a livello cinematografico l’apporto fu maggiore di quanto di potesse ipotizzare. Questi indomiti pionieri della nuova frontiera fantascientifica italiana avrebbero poi aperto il sentiero per arrivare a film come «Nirvana» (1997) di Gabriele Salvatores – di cui ho ampiamente parlato in una nota precedente – che avrebbe costituito un buona rampa di lancio per il nuovo cinema italiano fantascientifico degli anni 2000.
E’ il periodo delle produzioni indipendenti, che si contrappongono ai cine-panettoni e a un certi film “d’autore” cioè di qualità che però raramente sanno legarsi al miglior cinema di genere della nostra tradizione.
L’evoluzione delle tecnologie informatiche per il montaggio e la post produzione consente di realizzare scene fantascientifiche anche alle piccole case di produzione o addirittura agli amatori. Mancando tuttavia la capacità di promuovere e distribuire queste opere, i titoli rimangono relativamente pochi e raramente riescono ad andare oltre il cortometraggio.
Fra le produzioni non commerciali, dalla fine degli anni novanta, spiccano quelle di Mariano Equizzi, non prive di influenze cyberpunk.
Ecco a tale proposito, cosa ne pensa Valerio Evangelisti quando, nel 2001, presentò il film di Mariano Equizzi – tratto dal suo romanzo «R.A.C.H.E.» – al Future Film Festival di Bologna: «Oggi Equizzi comincia a essere riconosciuto e stimato quasi quanto merita. Influenzato dalla narrativa cyberpunk, non si è limitato a realizzare film ispirati al filone, sulla scia delle produzioni anglosassoni talora pessime («Tron», «Il tagliaerbe») e talora eccellenti («Blade Runner», «Hardware» e, alla faccia di Nanni Moretti, «Strange Days»). Ha invece reso cyberpunk l’intero processo artistico, dalla confezione (effetti speciali interamente realizzati al computer, con pazienza infinita), alla divulgazione (mailing lists, newsgroups, e-zines), alla distribuzione (siti Internet consacrati al cinema indipendente concepito per il web). «Syrena», «Jubilaeum», «Agent Z» sono i frutti coerentissimi di questo progetto: veri film, quale che sia la loro durata, pensati per tecnologie d’avanguardia e realizzati con l’uso delle stesse. Con il recupero, dunque, di un artigianato che si fa immediatamente arte, perché dà corpo a un sogno attraverso la laboriosità. In ciò, il cinema di Equizzi ricorda, per fattura e per intensità, le botteghe dei pittori rinascimentali. Dove l’artista e i suoi aiutanti sudavano sulla tela a colpi di pennello (oggi sostituito da una tastiera) quindi vendevano in proprio, senza intermediari, il frutto delle loro fatiche. Certo, nel caso di Equizzi manca il committente, e questo è segno di una purezza d’intenti persino superiore a quella dell’esempio che ho azzardato. Il valore artistico delle sue opere (deliranti, imbrogliate, perturbanti, poetiche, violente, inquiete: in una parola, deliziosamente eccessive) ne esce esaltato. Alla fine un committente si farà vivo, ma da un certo punto di vista è un problema secondario. Equizzi si è rivolto direttamente, con strumenti adeguati ed efficaci, al pubblico capace di comprenderlo, perché immerso nello stesso contesto tecnologico in cui vive il suo cinema. Che è poi il nostro presente, anche se tanti faticano a rendersene conto. Quando questa realtà diverrà palese e scontata, nessuno potrà negare che Equizzi, almeno in Italia, sia stato il primo a percepirla, e a immaginare il cinema di domani».
Davvero un giudizio lusinghiero e che la dice lunga su tante problematiche endemiche del nostro cinema, che vede proprio nella passione personale e nella volontà di realizzare i propri sogni l’unica strada per una fattuale e concreta rinascita.
A proposito di «Syrena», lo stesso Mariano Equizzi afferma: «Cyberpunk, soprattutto il modo di raccontarlo, il montaggio, le luci… era la mia interpretazione delle letture gibsoniane, anche se avevo inserito dei deliri da spionaggio e paranoia del controllo di tipo burroughsiano. Il personaggio che mi piace di più è COMA, un colonnello Kurtz versione cyber! Vorrei rifarlo, ma meno da solo»: così nell’intervista citata di Emiliano Farinella per Delos.com.
A proposito di «AgentZ», Equizzi racconta: «AgentZ vuole suggerire che dietro ogni forma di potere vi sia un accordo, un fatto segreto che travalica qualunque immaginazione e che forse affonda nei territori dell’irrazionale, dell’occulto. In questo senso ho messo dentro le effigi di uomini molto diversi fra loro ma tutti enormemente potenti: Adenuaer (il volto 3D del palazzo dove si svolge la prima parte), Stalin, Roosevelt, Churchill e orrore degli orrori Hitler e la sua corte di mostri umani» (sempre nell’ intervista citata di Farinella).
A proposito dei motivi che hanno portato il genere di fantascienza ad affossarsi nel nostro cinema, Equizzi risponde risoluto a Farinella: «Terrore della post produzione, terrore dello sviluppo, terrore di fare penetrare all’interno del sistema cinematografico personaggi che con questo hanno poco a che vedere. Questi terrori portavano ad una carenza di originalità che ha ucciso il cinema di genere del nostro Paese. Il plagio,nelle sue forme peggiori, ha caratterizzato la sindrome che ha colpito il nostro cinema di genere e il guaio e che c’è ancora qualcuno che sbandiera con nostalgia quel periodo».
Questa ventata d’aria fresca a essere raccolta da altri appassionati.
Vari film vengono realizzati a un costo bassissimo, esclusivamente per il mercato dell’home video, come «AD Project» del 2006 di Eros Puglielli.
La pellicola narra di un uomo che oltrepassa la recinzione di una zona protetta, ma una forza sovrannaturale, sotto forma di un uomo incappucciato, si impossessa di lui e lo conduce alle convulsioni. Poco distante e armata di telecamera, la sua fidanzata Elena subisce la stessa sorte. Il giorno dopo Elena racconta l’accaduto, sotto ipnosi, al professor Morante, rivelando come tutto ciò che ha vissuto dovrà accadere soltanto la sera successiva. Nel frattempo, un aspirante attore e la sua fidanzata Gaia prendono in affitto una stanza da Luca, gestore di un sito pornografico preoccupato per aver appena perduto la sua telecamera. Le vite di queste persone si incrociano quando due uomini in nero, giunti dinanzi alla zona, scoprono che qualcuno vi è penetrato di nascosto; l’incauto trasgressore non sa che, entrando nella zona, ha varcato una porta che conduce a un’altra dimensione temporale.
La sceneggiatura è molto sciatta ma lo sforzo è notevole e inaugura un tentativo di fare cinema assolutamente innovativo, chiamato Coproducers: regista, attori e troupe realizzano la pellicola attraverso il contributo (finanziario, lavorativo o artistico) di tutti i partecipanti i quali, in seguito, diventeranno proprietari di una quota dello sfruttamento economico del film.
Creato specificamente per il web – immettendosi nel filone di quelle realizzazioni che anche negli Stati Uniti stanno da tempo dettando una nuova linea produttiva di ampio pregio e qualità – vede la luce nel 2007 il film «Dark Resurrection» con un prequel nel 2011: film italiani amatoriali ispirati al celebre universo di «Guerre stellari», pur essendo realizzato come fan fiction hanno comportato uno sforzo produttivo paragonabile o superiore a film indipendenti distribuiti nei cinema, comprendendo realistiche scene di battaglia di massa girate grazie all’apporto di centinaia di volontari in costume. La storia è appassionante, perfettamente calata nell’ambientazione dell’universo creato da George Lucas. Una speranza si affaccia all orizzonte: l’Impero è caduto e una Nuova Repubblica può vedere la luce, con tutte le problematiche connesse alle nuove speranze di un mondo nuovo libero e giusto.
Un’antica profezia convince il potente maestro del “Nuovo Ordine Jedi”, Lord Sorran, Signore Oscuro dei Sith, a iniziare la ricerca ossessiva di Eron, un luogo mitico capace di donare infinita conoscenza al predestinato. Per colpa della sua ossessione, molti apprendisti muoiono e Sorran viene allontanato e apparentemente ucciso dai capi del suo stesso ordine. Dopo molti anni egli riappare, sembra aver appreso come ingannare la morte, scoprendo l’ubicazione di Eron, aiutato da un giovane apprendista e dalle rinvigorite forze imperiali. Il Maestro Jedi Zui Mar e la giovane “Padawan Jedi” Hope (su cui aleggia un terribile segreto) vengono inviati a fermarlo. Ma il consiglio si guarda bene dallo svelare loro il terribile destino che attende i due guerrieri. Nell’universo si profila un nuovo scontro fra il bene e il male, fra lealtà e tradimento: la posta in gioco sarà la libertà dei popoli dei sistemi stellari.
Realizzato senza scopo di lucro, in modo da non incorrere nelle pesanti sanzioni per violazione di diritto d’autore, la produzione ha avuto un budget di solo 7.000 euro; il film è stato autofinanziato grazie alle donazioni dei fan e tutti gli attori (fra cui anche alcuni professionisti) si sono prestati gratuitamente.
E’ stato girato a Imperia da Angelo Licata (ideatore del sito «GuerreStellari.net»), un dentista appassionatissimo di cinema fantascientifico, il quale ha scritto, diretto e montato questo suo primo film, occupandosi anche della fotografia e di buona parte degli effetti visivi, inventandone di nuovi lui stesso. Ha inoltre supervisionato tutte le fasi di post produzione, compresa la sonorizzazione e la colonna sonora. Davide Bigazzi, oltre ad avere coprodotto il film, ha realizzato e animato la maggior parte degli elementi in grafica 3D: complessi architettonici, ambientazioni, veicoli spaziali. Ha inoltre elaborato e finalizzato il concept visivo del film durante l’anno che ha preceduto l’inizio delle riprese, si è occupato della scelta delle location e della illuminazione dei set in green screen.
Nel cast di volontari, composto per lo più da dilettanti, appaiono anche diversi volti noti i quali, forse attirati dal tam tam generato su internet dai trailer, hanno deciso di prestare la loro opera gratuitamente. Fra loro Sergio Muniz, Giorgia Wurth, Enzo Aronica, Riccardo Leto, Fabrizio Rizzolo. La voce fuori campo è di Claudio Sorrentino (doppiatore di Mel Gibson e John Travolta).
La produzione del film è descritta nel documentario sul backstage «Back in Dark» di Angelo Licata e Davide Bigazzi, che ha vinto il premio per la sezione “Dietro le quinte” al CyBorg Film Festival di Anghiari 2007.
L’anteprima nazionale è avvenuta presso il Teatro Ariston di Sanremo il 7 giugno 2007. Nell’occasione si è celebrato il trentennale di «Star Wars»; in sala, oltre agli spettatori che hanno riempito completamente i 1800 posti disponibili, era presente la 501 italica e numerosi ospiti fra cui Fausto Brizzi, Adriano Pintaldi e Walter Vacchino.
La pubblicazione del film sui siti web dedicati ai videoDailymotion e YouTube significa 35.000 spettatori nella sola prima settimana, segno di un crescente interesse da parte del pubblico nostrano nei riguardi.
Altra notevole realizzazione è il film «InvaXön – Alieni in Liguria» (2004), regia di Massimo Morini ed Enzo Pirrone, realizzato per beneficenza, in cui figurano 250 attori non professionisti e ben 41.000 comparse, 23 personaggi del mondo dello spettacolo, dello sport e della cultura; 30 minuti del film sono stati interamente realizzati con effetti speciali digitalizzati, in surround e certificazione THX; il film ha richiesto 7 anni di progettazione, 60 giorni di riprese e 4.000 ore di lavorazione.
«InvaXön» (che in dialetto ligure significa invasione) è il surreale racconto di uno sbarco di extraterrestri in Liguria il 31 aprile 2004 – 31, sì – e delle avventure di un gruppo di astronauti che combattono per salvare la loro regione dall’invasione aliena. La vicenda ruota attorno a un fatto di cronaca riportato dai giornali nel dicembre 1978, quando il metronotte Fortunato Zanfretta (presente nel film) asserì di essere stato protagonista di una sconvolgente esperienza di “contatto” con esseri di altri mondi sulle alture di Marzano di Torriglia, nell’entroterra genovese.
Gli alieni chiamati Dargos (come da testimonianza dello Zanfretta) si mostrano inizialmente amichevoli, volendo “confrontarsi” con gli abitanti della Terra in diverse discipline. Tuttavia, a un certo punto i Dargos mostrano le loro reali intenzioni, decidendo di conquistare la Terra assediando e distruggendo la città di Genova (sono varie le scene dove i più importanti monumenti genovesi vengono ridotti in briciole; al termine del film la città è in fiamme). Intervengono quindi gli astronauti che si trovavano alla Nasa (compresi gli stessi Massimo Morini e Franco Malerba), distruggendo, dopo varie peripezie, la nave madre degli alieni, che si ritirano.
L’idea del film – che ha uno sfondo benefico (gli incassi della vendita dei diritti della pellicola sono devoluti all’ Associazione sindrome dell’X fragile ) – è venuta al regista Morini durante una serie di concerti di piazza tenuti a Genova dal gruppo musicale dei Buio Pesto, di cui è cantante e leader. Parte del pubblico presente ai concerti figura fra le quarantunomila comparse di cui si avvale il film.
Nato come iniziativa poco più che amatoriale (è stato girato in diverse location genovesi totalmente con il sistema digitale Betacam), «InvaXön» si è in seguito trasformato in un prodotto cinematografico vero e proprio, con effetti in surround e certificazione THX. Per ridurre i tempi di lavorazione e contenere i costi, la produzione (Lfc, Liguria Film Company) ha operato contemporaneamente in presa diretta su cinque postazioni degli studi MarinaStudios per il sound design e il missaggio audio. È stato così possibile anticipare anche la post-produzione per una correzione del colore in Critical digital screening room (prima e unica sala certificata THX in Europa).
A interpretarlo attori non professionisti o con all’attivo solo piccole esperienze nel mondo dello spettacolo (fra gli altri, Andrea Possa, Sara Picasso, Marco Dottore, Marco Rinaldi e Marika Ceregini, miss Liguria 1999) guidati dal regista Morini, che è anche il produttore. Al film prendono parte – come “ospiti d’onore” – ventitré personaggi del mondo della televisione e dello spettacolo, dello sport e della cultura originari di Genova o comunque legati al capoluogo ligure, come l’astronauta italiano Franco Malerba, gli attori Dario Vergassola, Paolo Villaggio e Corrado Tedeschi, i calciatori Giuseppe Dossena, Attilio Lombardo, Roberto Mancini, Roberto Pruzzo e Claudio Onofri, il pallanuotista Eraldo Pizzo, i cantanti Bruno Lauzi, Vittorio De Scalzi, Francesco Baccini, Sandro Giacobbe, Roberto Tiranti, Ricchi e Poveri e Matia Bazar. È presente pure la Gialappa’s Band al completo, Er Piotta ed Elio e le Storie Tese.
Visto il successo del film la Liguria Film Company (in collaborazione con il canale satellitare Jimmy) ha prodotto una serie tv che partendo da dove termina il film racconta il viaggio di ritorno degli extraterrestri che vengono scortati da un gruppo di astronauti verso il loro pianeta natale. La serie ha preso il nome di «InvaXön – Alieni nello spazio» ed è composta da 12 episodi.
Non si può dimenticare «Fascisti su Marte», una commedia del 2006 diretta da Corrado Guzzanti e Igor Skofic, nata dagli sketch realizzati da Guzzanti nel programma tv «Il caso Scafroglia». Questa immaginaria e comica spedizione di un manipolo di Camicie Nere sul pianeta rosso è un “esercizio satirico” di fanta-revisionismo storico, girato parodiando lo stile dei cinegiornali dell’Istituto Luce del ventennio fascista e come satira della politica italiana durante il secondo governo del signor P2-1816 (come viene chiamato in questo blog colui che altrove viene nominato come Silvio Berlusconi).
Gli anni post duemiladieci si aprono con ben tre film di produzione italiana distribuiti nelle sale nello stesso anno e incentrati sul tema extraterrestre: «6 giorni sulla Terra» di Varo Venturi, «L’ultimo terrestre» di Alfonso Pacinotti (straordinario illustratore, più noto come Gipi) e «L’arrivo di Wang» dei Manetti Bros.
Quest’ultimo film merita un piccolo approfondimento, per l’estrema originalità e ristrettezza di mezzi con cui hanno operato i simpaticissimi e talentuosi fratelli Antonio e Marco Manetti.
L’interprete di cinese Gaia viene assunta d’urgenza per un lavoro a Roma in un luogo sotterraneo. Un uomo misterioso – Curti – la conduce in una stanza buia per tradurre le parole di un individuo chiamato Wang che parla esclusivamente cinese. Dopo le prime domande la stranezza della conversazione e l’oscurità la rendono nervosa; insiste quindi perché sia accesa la luce e, dopo qualche resistenza, Curti accetta: così Gaia scopre che il misterioso individuo non è cinese ma un alieno grigio, goffo e provvisto di tentacoli. Una volta che Gaia “accetta” l’idea, quel dialogo – che assume la forma di un interrogatorio – prosegue. Curti insiste nel voler sapere le intenzioni di Wang, il motivo per cui è sulla Terra, le azioni svolte dal suo arrivo qualche settimana prima e soprattutto la natura di un piccolo oggetto precedentemente in suo possesso. Wang continua a sostenere di essere venuto in pace per avere uno scambio culturale fra le specie e di essersi semplicemente nascosto una volta capito che gli umani gli erano ostili. Ma Curti si innervosisce e lo minaccia. Gaia percepisce che l’alieno è sincero e anzi sta soffrendo, così nella traduzione tenta di mediare facendo però infuriare Curti. A un certo punto l’uomo convoca una terza persona, Falco, per torturare Wang con impulsi elettrici.
Gaia con un trucco riesce a fuggire dalla cella dell’interrogatorio ma proprio in quel frangente suona l’allarme e parte della base viene evacuata. Anziché fuggire Gaia decide di liberare Wang e portarlo con sé, dandogli anche l’oggetto sottrattogli dagli uomini di Curti. Così Wang riesce finalmente a comunicare con i suoi simili. Una volta fuggiti dalla base Gaia però scopre che Roma è stata attaccata e semi-distrutta da numerosi dischi volanti. L’alieno dietro di lei la deride, mentre un’enorme flotta di astronavi si sta avvicinando alla Terra.
Presentato al Festival di Venezia 2011 nella sezione competitiva Controcampo, il film è stato distribuito in Italia dal 9 marzo 2012. È stato premiato al festival Science Plus Fiction di Trieste nel novembre 2011 e selezionato al FrightFest Glasgow 2012 . Il film è stato candidato al premio Méliès d’oro 2012. La Palantir Digital Media è stata candidata al Premio David di Donatello 2012 per gli effetti visivi e ha vinto il premio Santa Marinella Film Festival 2012 e il Best Visual Effects al Trani Film Festival 2012.
Insomma le premesse per una nuova cinematografia nostrana “di genere” sembrano esserci. Mi auguro che le tremende condizioni in cui versa la nostra cultura, possano paradossalmente essere un terreno fertile per la rinascita ulteriore, che porti idee, speranza e anche lavoro.
grazie, DB… a proposito della sindrome della X fragile, che sembra roba da X-Men, è in realtà la seconda causa al mondo, subito dopo la sindrome di Down, per quanto riguarda il ritardo mentale a livello genetico… a tale proposito, rimando al sito http://www.xfragile.net per ulteriori approfondimenti…