Cittadinanza attiva si può? Un libro “virtuoso” di Marco Boschini
recensione a «Panchine ribelli» ovvero «Basta poco per cambiare tutto. Viaggio nell’Italia che non si rassegna» (*)
Tutti gli ultimi risultati dicono che in Italia cresce il non amore fra elettori e politica istituzionale. Piaccia o no, è un clamoroso dato di fatto. Però votanti di ferro, astenuti convinti e il terzo polo dei perplessi abitano tutti nello stesso Paese e potrebbero utilmente guardare «Panchine ribelli» (Emi: 128 pagine per 12 euri) di Marco Boschini. Al di là di accordi o disaccordi con l’autore, il libretto racconta molte storie positive e concretissime che i media – chissà perché – non vedono.
Lungo sottotitolo: «Basta poco per cambiare tutto. Viaggio nell’Italia che non si rassegna». La prima parola è «cittadinanza attiva». La prima citazione – di Gianni Rodari – rimanda alle onde concentriche del classico “sasso gettato nello stagno”. Sono quattro gli esperimenti che Boschini racconta nel dettaglio: a Mezzago in Lombardia; a Breda di Piave e Marano Vicentino; alle porte di Bologna. Speranze per “nordici” dunque? No, si raccontano anche le belle pratiche di San Michele Salentino, a Castel Del Giudice (provincia di Isernia) e in una scuola di Santa Marina, in provincia di Salerno, o dell’associazione «Come un albero» a Roma. E poi ancora in Emilia: per esempio a Novellara e a Colorno dove Boschini è stato amministratore per 15 anni; dal 2005 è nella «Associazione dei comuni virtuosi» – della quale ora è coordinatore – dove confluiscono esperienze politiche diverse, anche se perlopiù di sinistra o civiche.
Ma ci sono accenni anche a quel che accade in Colombia, a Stoccolma, a New York, a Ginevra e Friburgo.
Utopie? No, lo chiarisce Boschini partendo da se stesso: «Non sono un ingenuo. Non sono (solo) un sognatore. Ho fatto per 15 anni l’amministratore in una comunità di 10mila abitanti. Ho avuto deleghe importanti: scuola, ambiente, urbanistica. Ho ben presente la difficoltà di tradurre un’idea in un’azione concreta conseguente. Conosco bene le difficoltà della macchina amministrativa e le diffidenze tipicamente umane quando si prova a investire in qualcosa di nuovo».
«Percorsi alternativi di società» che incrociano nelle istituzioni persone creative, intelligenti. Buone pratiche attente all’ecologia e alla bellezza, ai diritti di tutte/i, alle scuole, agli alberi e persino agli asini ma che spesso producono anche lavori e redditi. Stare «con i piedi per terra» significa, a esempio, «agricoltura, lentezza, condivisione, scelte partecipate». Rubando la frase ad Albert Einstein il libro suggerisce che «la logica vi porterà da A a B, l’immaginazione vi porterà dappertutto». Per questo Boschini sogna un «ministero delle possibilità» (senza portafoglio): «ci vorrebbe una persona che sappia sognare, immaginare, sperare, credere, convincersi, tentare».
Nel titolo si invita alla ribellione delle «panchine» perché, secondo Boschini, basta poco per iniziare la “rivoluzione”: «e dopo tanta starnazzare saremo noi a far notizia». Mentre se i cittadini delusi si ritirano allora, anche a livello locale, «la cattiva politica e i cattivi maestri hanno campo libero».
Essendo io molto legato alla Sardegna mi chiedo sempre, soprattutto a proposito di buone pratiche: “nel libro l’Isola c’è?” ; la risposta stavolta è no. Però, prima di disperarsi sarà bene guardare su http://comunivirtuosi.org e lì ecco Baradili, Sardara e altra sardità.
(*) Questa mia breve recensione si è persa da qualche parte; può capitare. Siccome il libro è importante, la riprendo qui aggiungendo qualche altra considerazione. Sono un estimatore di Boschini, come più volte ho scritto in “bottega”. Non aveva senso in una breve recensione accennare ad alcuni disaccordi, tutto sommato poca roba… Ma almeno a un punto per me “spinoso” voglio qui accennare; infatti riprendendo – a pagg 58/59 – una citazione del libro «Spingendo la notte più in là» di Mario Calabresi, così commenta Boschini: «la storia del padre ucciso che coincide con un pezzo di storia del Paese, travolta dall’odio e dalla violenza del terrorismo». Dai miei 68 anni, appena compiuti, vorrei ricordare al giovane Boschini che non andò così: prima di essere travolta dalle diverse facce del terrorismo, l’Italia fu tradita e insanguinata dallo Stato. La strage di piazza Fontana su cui indagò anche Luigi Calabresi fu preparata dai fascisti d’intesa con i servizi segreti settori e con molti uomini chiave del governo; lo dimostra fra l’altro la gestione delle vittime e il tentativo di incastrare gli anarchici. Che l’odio contro la democrazia e la violenza istituzionale – Giuseppe Pinelli, entrato vivo in una questura e volato via da una finestra, ne è un terribile esempio – di una gran parte dell’organizzazione statale, che i mille “segreti” e “misteri” legati alla «strategia della tensione» e alle stragi di Stato ancora pesino sulla storia italiana è una terribile verità. (db)