Colloqui di Dobbiaco: 29 settembre -1 ottobre
STOP AL CEMENTO: tre giorni per ragionare (oltre gli slogan ingannevoli) di resilienza e rigenerazione delle nostre città in tempi di “caos climatico”.
Piogge intense e inondazioni, siccità e ondate di calore: il caos climatico è in atto. Quali conseguenze per la progettazione edile e urbanistica?
Una risposta è riportare la natura nelle città. Lo slogan “Città verdi” riassume il diritto di vivere in aree urbane sane, portando nelle città alberi, orti e giardini, argilla e legno e persino l’agricoltura. Un’altra risposta è quella di fermare l’espansione urbana e il consumo del suolo e di accontentarsi delle abitazioni e degli edifici esistenti. Entrambe le risposte suggeriscono di smettere di costruire, soprattutto perché nuove infrastrutture, edifici per abitazioni e terziario consumano molto cemento e acciaio ed emettono grandi quantità di gas serra.
D’altra parte, l’Istituto tedesco di ricerca Pestel lamenta “una carenza di alloggi record per la Germania: con più di 700.000 appartamenti mancanti, è il più grande deficit di abitazioni in più di vent’anni”. Gli “Architects for Future” controbattono che “Il nuovo costruire significa non costruire più”. Dove vivrà la gente allora? Come potranno vivere meglio senza nuovo cemento? Quali alternative ci sono? Che risultati ha ottenuto la ridensificazione degli edifici esistenti? È forse più una questione di come? Per esempio, piccole case di legno, paglia e argilla al posto di quartieri industriali, centri commerciali e complessi residenziali su aree verdi? E prima o poi l’ultima generazione lascerà la casa dei genitori. Vogliamo vietare loro la casa unifamiliare in campagna? E invece?
È necessaria una svolta edilizia. Costruire come dopo la Seconda guerra mondiale è fuori discussione per molti motivi. Ricostruzione, conversione e rinaturalizzazione sono all’ordine del giorno. Come possono le nostre città diventare più resilienti, abitabili e rigenerative.
Ecco il programma.