Colombia: dilagano impunità e terrorismo di Stato

Il presidente Duque ha varato un’ambigua Ley de Seguridad diretta esclusivamente a criminalizzare la protesta sociale per tutelare invece polizia e paramilitari spacciando per legittima difesa i loro attacchi alle organizzazioni popolari.

di David Lifodi

                               Foto: Resumen Latinoamericano

Terrorismo di stato e omicidi dei leader sociali: in Colombia il 2022 si è aperto nello stesso modo in cui si era chiuso il 2021, all’insegna della violenza e delle politiche di sterminio contro i militanti delle organizzazioni popolari.

La notte del 31 dicembre scorso, nel municipio di San Pedro (dipartimento Valle del Cauca), la trentunenne María del Carmen Molina Imbachi, segretaria appena rieletta della Junta de Acción Comunal, è stata uccisa. Si tratta della vittima numero 171 del 2021. Dagli accordi di pace, risalenti ormai al 2016, sottoscritti a Cuba tra governo colombiano e guerriglia delle Farc, si tratta del 1.286esimo omicidio secondo l’Instituto de Estudios para el Desarrollo y la Paz (Indepaz). Un gruppo di paramilitari ha fatto il suo ingresso nell’abitazione della donna e l’ha freddata a colpi di pistola di fronte ai suoi familiari.

Contemporaneamente, dall’inizio del 2022, i giovani denunciano una crescente caccia alle streghe contro i promotori del paro nacional che ebbe inizio il 28 aprile 2021, promossa dal governo del presidente Duque allo scopo di arrestare il più alto numero possibile di militanti, come testimonia un‘ambigua Ley de Seguridad il cui obiettivo principale resta quello di reprimere i movimenti sociali.

Tra i punti salienti della legge è inclusa la riforma del Codice penale e del Código Nacional de Seguridad y Convivencia Ciudadana, che legalizzano le pratiche di criminalizzazione delle organizzazioni popolari e rappresentano una sorta di licenza di uccidere consegnata nelle mani dei paramilitari, dell’Escuadrón Móvil Antidisturbios (Esmad) e delle altre forze di polizia che ormai ricevono una formazione ed un addestramento volti solo a reprimere le manifestazioni di protesta. Ormai sono centinaia i feriti e decine e decine i morti provocati dalla brutalità poliziesca che, secondo Indepaz, non possono essere più ritenuti episodi isolati e frutto della responsabilità individuale.

Definita come fascista e diretta soltanto a tutelare il sistema di dominio dell’oligarchia colombiana, la Ley de Seguridad rappresenta la risposta dello Stato, e in particolare del duqueuribismo, nei confronti delle istanze che chiedono l’eliminazione del neoliberismo, auspicano la protezione dei militanti sociali, la fine dei massacri della polizia e la tutela degli ex guerriglieri delle Farc, i cui omicidi sono ormai una costante.

Inoltre, la Ley de Seguridad è stata paragonata all’Estatuto de seguridad di Turbay Ayala (1978-1982) perché considera le mobilitazioni sociali come episodi di delinquenza, tutela il paramilitarismo spacciandolo per legittima difesa e sancisce pene tombali per i lottatori sociali che riescono a sopravvivere allo Stato colombiano.

E ancora, si tratta di una legge che cerca di mettere i bastoni tra le ruote all’Oposición democrática che si raggruppa intorno al Pacto Histórico a sostegno dell’ex sindaco di Bogotà Gustavo Petro in vista delle prossime presidenziali e favorire sfacciatamente l’ultradestra.

Di recente, la Commissione interamericana per i diritti umani ha denunciato il legame tra gli abusi della polizia contro i movimenti sociali e il tentativo di additare come “terroristi” i lottatori sociali utilizzando le stesse tattiche di guerra già messe in pratica contro le guerriglie di Farc ed Eln per reprimerli e spacciarli, agli occhi dell’opinione pubblica, come dei pericolosi delinquenti.

In definitiva, si percepisce come alla base della Ley de Seguridad vi sia l’idea che lo Stato si appoggi ai paramilitari, oltre che alla polizia, per mantenere l’ordine pubblico.

Una lettera aperta di Somos Génesis (collettivo composto da afrodiscendenti, indigeni e meticci provenienti da territori urbani e rurali) al paese, diffusa il 31 dicembre 2021, ha ricordato le profonde disuguaglianze sociali che continuano ad affliggere la Colombia, reso memoria alle migliaia di assassinati, desaparecidos, torturati o arrestati dallo Stato a causa del loro impegno per la pace per veder rispettati i propri diritti, e invitato i leader sociali, quelli delle guerriglie, i loro familiari, ma anche le stesse famiglie dei militari e dei poliziotti caduti, a compiere un passo avanti verso la pace.

Eppure la strada, ancora una volta, sembra essere in salita. Il terrorismo di stato, promosso e sostenuto dalle classi dominanti, che hanno dato vita ad un vero e proprio blocco di potere contrainsurgente, si fa largo tramite pratiche genocide, il desplazamiento, l’utilizzo costante dei falsos positivos, la persecuzione giudiziaria e il linciaggio mediatico nei confronti delle forze di opposizione.

No están matando” è il messaggio che ormai da anni proviene dalla Colombia, ma rimasto sempre inascoltato, come del resto l’auspicio di Somos Génesis: A todos los ciudadanos y ciudadanas nuestro deseo familiar por una conmemoración que siga animando la paz, entre todas y todos, sin exclusión alguna, que podemos hoy decidir desde el presente por un país creciente en la diversidad, de diálogo incluyente para resolver las contradicciones, y buscar salidas armoniosas para todos los conflictos, pues nos merecemos vivir en un sociedad decente, feliz, sin exclusiones de ningún tipo y rompiendo los ciclos eternos de las violencias armadas, un país de un bello existir”.

Il 2022 iniziato da poco più di un mese, per la Colombia rischia di trasformarsi nell’ennesimo anno all’insegna delle disuguaglianze sociali, della violazione dei diritti umani e di una pace che sembra allontanarsi sempre di più da questo martoriato paese.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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