Voleva dare lezioni di democrazia al Venezuela ma provoca 3 morti e 200 feriti nel reprimere le proteste popolari. In Colombia è arrivato il contagio di Cile ed Ecuador. Un articolo de l’Antidiplomatico e una riflessione sui motivi dello sciopero generale che ha scatenato la rivolta contro il duqueuribismo su lamericalatina.net, insieme ad un video che mostra le violenze della polizia, spiegano le ragioni della protesta
Il governo colombiano ha riferito che almeno tre persone sono morte nelle proteste avvenute nell’ambito dello sciopero generale convocato per contrastare il pacchetto neoliberista deciso dal presidente Duque.
Ha anche reso noto che circa 273 persone sono rimaste ferite nel giorno della manifestazione culminata in un ‘cacerolazo’ in rifiuto delle misure politiche promosse dal presidente Iván Duque.
“Nelle ultime ore le autorità hanno confermato la morte di due persone a Buenaventura e un’altra a Candelaria, entrambe del dipartimento della Valle del Cauca”, ha dichiarato il ministro della Difesa Carlos Holmes Trujillo.
Secondo le dichiarazioni del funzionario colombiano, i decessi sono avvenuti dopo presunti tentativi di saccheggio nella regione, tuttavia, attraverso i social network sono emersi video che testimoniano l’uso della forza contro i manifestanti da parte degli agenti dello Escuadrón Móvil Antidisturbios (Esmad).
Il presidente Iván Duque, al potere da 15 mesi, affronta la più grande protesta sociale che vuole respingere le misure socio-politiche che intende promuovere nel paese e che causerebbero una maggiore disuguaglianza nella cittadinanza.
Le violenze della polizia sono continuate anche nel secondo giorno di protesta. Migliaia di persone si sono mobilitate verso il centro della città suonando le padelle. Il classico ‘cacerolazo’ in segno di rifiuto dell’agenda neoliberista del presidente, Iván Duque. Tuttavia, quando si avvicinarono a Plaza de Bolívar gridando “resistenza”, furono repressi con gas lacrimogeni dagli uomini dell’Esmad in tenuta antisommossa.
(*) Fonte: L’Antidiplomatico
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Colombia. La polizia spara, ma qui non si dice: video di Redazione Contropiano
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Sciopero nazionale in Colombia, cresce la tensione tra governo e società civile
di Gianpa L. e Susanna De Guio (*)
Oggi in Colombia va in scena uno sciopero nazionale indetto da più di 50 sigle sindacali e a cui hanno aderito organizzazioni studentesche, indigene, ambientaliste, femministe e LGBTQ di tutto il Paese. Nei giorni scorsi la tensione è salita alle stelle a causa soprattutto delle procedure preventive promosse dal governo di Ivan Duque. Sono stati concessi poteri eccezionali a governatori e sindaci, i quali potranno applicare un coprifuoco nelle loro rispettive giurisdizioni. Il Ministero degli Esteri ha annunciato la chiusura delle frontiere dalla mezzanotte di martedì scorso fino alle cinque del mattino di oggi. Da lunedì l’esercito è mobilitato con un grado di allerta massimo. Nella capitale i soldati accompagnano le pattuglie della polizia.
Lo sciopero, indetto diverse settimane fa per protestare contro la riduzione del salario minimo e la privatizzazione delle pensioni, è diventato una mobilitazione più ampia, che chiama in causa diversi settori con numerose rivendicazioni. Proprio la violenza dello Stato, che in questi giorni si è preparato a reprimere le organizzazioni sociali, è al centro delle recriminazioni del popolo colombiano. Lo scandalo legato al bombardamento di un presunto centro di addestramento guerrigliero che è costato la vita a 13 minori ha costretto il ministro della Difesa a dimettersi.
Considerando le rivolte che sono esplose contro i governi neoliberisti della regione (come il confinante Ecuador e il popolo cileno che ancora invade le strade del paese), il colpo di stato in Boliva e l’instabilità del vicino Venezuela, il governo Duque non vuole rischiare di perdere credibilità e sembra pronto a reprimere, a qualsiasi costo, ogni tentativo di ribellione.
Karen Vanegas è un’avvocata e attivista per i diritti umani. Karen fa parte del coordinamento nazionale di Ciudad en Movimento (Medellin), una delle organizzazioni che formano il Congreso de los Pueblos.
Quali sono le rivendicazioni dello sciopero nazionale e quali movimenti sociali e organizzazioni aderiscono alla mobilitazione?
Lo sciopero nazionale del 21 Novembre ha come principale obiettivo quello di rifiutare il paquetazo legislativo del governo Duque, il quale consiste in una serie di riforme di carattere fiscale, pensionistico, lavorativo e anche penale. Un provvedimento che incrementerà la disuguaglianza sociale ed economica nel Paese, ma soprattutto aumenterà la persecuzione, che già esiste, contro i movimenti sociali e popolari nel territorio nazionale. Inoltre gli studenti e le studentesse, così come altri settori, si uniscono allo sciopero per protestare contro le misure che danneggeranno l’ambiente, come ad esempio il fracking, o contro la mancanza di risorse delle università pubbliche e le scuole superiori di tutto il Paese
Qual è stato il clima nei giorni che hanno preceduto lo sciopero?
Si respira un clima di persecuzione, irruzioni e persecuzioni arbitrarie ai/alle leader che stanno organizzando lo sciopero. Le proteste delle organizzazioni sociali e studentesche vengono delegittimate, è aumentato l’attacco alle mobilitazioni e il governo nazionale ha autorizzato la militarizzazione dei centri urbani del Paese. Questa manovra sta facendo preoccupare i difensori e le difensore dei diritti umani perchè potrebbe portare all’utilizzo della forza, anche di tipo letale, contro la popolazione civile. Il popolo colombiano, d’altra parte, vive un periodo di indignazione, è stanco della classe dirigente che controlla la società usando la persecuzione, gli omicidi e infrangendo gli accordi. Per questo abbiamo deciso di far sentire le nostre voci per la difesa della vita e la garanzia di poter manifestare liberamente.
Considerando il ruolo di protagonisti che i popoli indigeni hanno conquistato nelle mobilitazioni che stanno scuotendo il Sud America, qual è lo spazio politico che occupano i popoli originari in Colombia?
In colombia i popoli originari sono stati un punto di riferimento per la lotta e la resistenza, le mingas indigene e contadine sono state il momento durante il quale il Paese è riuscito a organizzare la resistenza e rinforzare la lotta in difesa dei territori e dell’autonomia.
Senza dubbio sono stati anche le principali vittime non soltanto del conflitto armato, che ancora è presente in Colombia, ma anche da parte dello Stato, uno Stato che si fonda sulle politiche estrattiviste. I popoli indigeni cercano di proteggere i loro territori e per questo finiscono per diventare il bersaglio di diversi attacchi. Per oggi, 21 novembre, anche le comunità indigene si uniscono allo sciopero nazionale. Per continuare a difendere i loro territori, difendere le loro vite, per continuare a resistere e sicuramente saranno fondamentali per riuscire a dare forza e contenuti alla nostra mobilitazione.
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