Come ballava bene Delany…
… e una sorta di PS, più tre brevi “mart/z/ianesche” con annessi appuntamenti
1 .
La lotta fra il caos e il genio è sempre incerta. In «La ballata di Beta-2» (del 1965) l’ allor giovane Samuel Delany piazza un punto a suo favore. Altre volte sarà eccelso controllando, modellando, cesellando il caos ma qualche volta soccomberà… o si ritirerà in silenzio.
Se non conoscete Delany, questa ristampa di Urania – in edicola: 180 pagine per 5,90 euri – nella traduzione di Vittorio Curtoni e Gianni Montanari è il modo giusto per “innamorarvi”; chiunque lo conosca … subito vi dirà che Delany poi ha fatto di molto meglio… e qualcosa di peggio (ma può darsi che sui titoli ci si divida in fazioni). Questo ottimo romanzo breve inizia con l’antropologia: la necessità di indagare su una ballata, semplice eppure misteriosa, come traccia per capire cosa accadde a uno dei popoli di 12 vecchie astronavi inter-stellari. Ma dopo poche pagine si piomba nell’avventura sfrenata, per sprofondare poi nella filosofia, ripassare dall’antropologia, avvitarsi in una lotta “mortale” e verso un clamoroso lieto fine, «la più colossale scoperta nel campo dell’Antropologia Galattica da… Non lo nemmeno io da quando» (Delany dixit). Sulla trama io starò, al solito, zitto. Accennerò soltanto che l’idea, non nuova, di alieni distruttori, senza malizia, di città o mondi per verificare cosa vi fosse in quel “buffo formicaio” non è mai stata affrontata così bene come qui. E anche la gravidanza impossibile come “xeno sesso” è raccontata genialmente. Sottoscrivo le parole di Curtoni e Montanari: «Qualche brano è niente di meno che un capolavoro di perfezione»: per idea e per scrittura.
1 bis.
Approfittando della brevità di questo romanzo Urania propone due saggi e altre quisquilie) per completare il volume. A me l’idea piace ma il risultato mi scontenta a metà. E’ bravo – come suo solito – Fabio Feminò nel condurci fra le «Macrocittà del futuro». E’ invece noioso e conformista Francesco Manetti nel parlare di «La mezzaluna sul sole» cioè di distopie “islamiche” senza distinguere la buona letteratura dalla cattiva propaganda; chissà perché la totale ignoranza sull’Islam viene considerata virtù mentre giustamente chiunque eviterebbe di far capire che quando parla dell’Occidente cristiano non sa distinguere la Germania nazista dalle democrazie svedesi. Visto che di fantascienza e dintorni vorrebbe parlare, Manetti accetti un mio consiglio: si legga almeno il recente bel saggio di Ada Barbaro (qui sotto la copertina).
2 .
Il primo appuntamento è imminente: il prossimo martedì faremo una chiacchierata con chi abita su www.terrediconfine.eu. Voi intanto se volete dare un’occhiatina…
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Il secondo appuntamento è una recensione-degustazione di «Ma gli androidi mangiano spaghetti elettrici?» ovvero 18 racconti italiani di fantascienza gastronomica. Sta per arrivare ma… mica posso ingozzarmi, no?
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Il terzo appuntamento non è cartaceo o digitale ma “qualcosa di completamente diverso”, come ironizzavano i Monty Python dei tempi d’oro. Se domenica 7 giugno siete dalle parti di Imola – meglio se con bimbe/i – e volete incontrare un (italico) costruttore di robot, verso le 16 passate dall’associazione “Trama di terre” in via Aldrovandi 31 e vi apparirà in ossa-e-pocacarne l’umano Matteo Suzzi, virtuale nipotino di Susan Calvin. Non dovrei dirlo, perché io quel giorno sarò suo complice in «Un robot per amico», ma vale la pena. Atteeeeeeeeeente/i però a non dire stupidaggini perché per il momento «le tre leggi della robotica» (versione Suzzi) funzionano imperfettamente e se offendete il piccolo Robo-Kea lui potrebbe chiamare uno dei suoi fratelli (di metallo) più grandi…
L’ho letto da piccolo piccolo, allora avevo amato Babel 17 (capendoci probabilmente pochino, avro’ avuto sì e no 12 anni: ricordo che era una edizione BiGalassia); riletto oggi è davvero un gioiello (ciò non toglie che Babel 17 sia un capolavoro)
Gentile Barbieri,
leggo colpevolmente solo ora il suo post e mi scuso per il ritardo con cui arriva questa mia risposta.
Le critiche, anche le più aspre, sono sempre ben accolte: mi dispiace sinceramente di averla delusa, ma la assicuro che nel mio piccolo excursus nelle “distopie islamiche” non volevo essere né noioso, né tantomeno conformista, essendo io piuttosto critico nei confronti di questo Occidente e degli “esportatori di democrazia”. Non volevo essere noioso e conformista e nemmeno credo di esserlo stato… ma potrebbe essere il mio solo un difetto di autogiudizio… All’indomani dell’attacco a Charlie Hebdo e dell’uscita del libro “Sottomissione” di Houellebecq (l’articolo è stato infatti consegnato a Urania all’inizio della primavera 2015), l’idea era semplicemente quella di fare due chiacchiere, senza nessuna pretesa di accademismo, con un tono il più possibile distaccato, su un sottogenere della letteratura fantastica – fantascientifica, di anticipazione, o come la vogliamo chiamare – poco indagato in saggistica, ma che poteva in quel momento storico suscitare un certo interesse, ricollegandosi all’attualità (Urania è infatti una rivista e come tale si occupa anche di attualità). C’era anche la volontà di far vedere come il pur bravissimo Houellebecq fosse arrivato per ultimo – dopo gli ottimi italiani Farneti e Prosperi e l’altrettanto ottimo, seppur rabbioso e partigiano, Simmons. Sono sicuro di non essere stato esaustivo, ma di aver offerto comunque ai lettori di Urania CLZ una discreta infarinatura sull’argomento, un invito all’approfondimento, concentrandomi sui titoli maggiori. Non era nelle mie intenzioni quella di giudicare dove sta la propaganda e dove la grande letteratura. Sull’Islam, infine e chiudo (per non diventare qui sì davvero noioso!), sono più informato di quanto lei possa immaginare o giudicare leggendo un articolo che non parla dell’Islam reale, con tutti i suoi indubbi aspetti di nobiltà e tradizione, ma di un Islam che potrebbe essere nelle realtà alternative immaginate dagli scrittori di SF.
Francesco Manetti
Intanto grazie della risposta, assai garbata.
Ribadisco il mio punto di vista: ci sono argomenti sui quali buttare benzina sul fuoco o anche “non giudicare” mi fa arrabbiare. Forse mi arrabbio troppo e se questa volta ho preso Francesco Manetti a bersaglio di tutte le mie incazzature accumulate nel tempo… ovviamente mi scuso con lui: l’esagerazione (MIA in questo caso) è sempre un errore anche quando ci sono buoni motivi per entrare “in agitazione”. Ribadisco che quando Urania dedicherà un po’ di spazio al gran libro di Ada Barbaro farà un utile servizio a chi legge fantascienza.