Come in cielo così in terra
di Mauro Cometto
1 – Il vecchio moribondo
Tornava a casa dal lavoro. Come al solito a piedi, come al solito tardissimo. Aveva fatto straordinario e aveva chiuso lui l’ufficio.
A un tratto, nel vicolo oscuro e solitario, udì un rumore. Avrebbe fatto meglio a proseguire, ma un istinto inaspettato lo indusse a voltarsi. A tornare sui suoi passi.
Il rumore filtrava attraverso lo spiraglio aperto di un portone di legno. Una voce che era un sospiro. Parole impossibili da afferrare.
Avrebbe dovuto ignorare quel rumore, proseguire. Ma lo stesso istinto di prima lo indusse a spingere il portone. A entrare nel piccolo e buio cortile che lo aspettava dall’altra parte.
Vide subito il corpo. Giaceva adagiato contro un muro sulla sinistra, di fianco a un portoncino in ferro battuto. Le parole sussurrate provenivano da lì.
Si avvicinò e si chinò. Si trattava di un vecchio. Perdeva sangue dalla bocca spalancata. Gli occhi erano due fessure bianche.
Dove aveva già visto quel volto? Somigliava a qualcuno, ma il ricordo era vago. Forse quel vecchio statista democristiano, un tempo famoso…?
Dalla bocca del vecchio uscì una specie di rantolo, che si prolungò per alcuni secondi.
Qualcosa sporgeva dietro la sua schiena. Sbirciò. Il manico di un grosso coltello.
Di nuovo un rantolo.
Poi d’improvviso, stentatamente, il vecchio pronunciò delle parole.
– Sicut… in caelo… et… in terra…
Venne il rumore di una porta sbattuta. Passi affrettati. Sembravano in avvicinamento.
Si alzò, un po’ smarrito. Indietreggiò verso il portone, dapprima lentamente, poi più veloce. Si voltò con uno scatto e uscì di nuovo in strada.
Riprese a camminare, nervoso, verso casa.
2 – “Sicut in caelo…”
Marco Ramacciotti aveva in quel periodo trentadue anni. Era impiegato nell’ufficio amministrazione di un’azienda di elettronica. Il suo stipendio non superava lo stipendio medio della sua categoria.
Da quando anche la madre era morta per un improvviso infarto, si era ritrovato a vivere da solo. Si può dire che non avesse né parenti né amici. Era di carattere schivo, e quando la sera rincasava dal lavoro – sempre a ora molto tarda – si preparava qualcosa da mangiare, guardava un po’ di televisione, e poi andava a letto.
Sul lavoro era benvoluto sia dai capi che dai colleghi. Si impegnava molto, era efficiente e non dava fastidio a nessuno. Soprattutto, non era ambizioso.
Il giorno successivo a quello strano incidente, Marco Ramacciotti si mise in mutua. Rimase a casa dal lavoro una settimana intera. Durante quella settimana non abbandonò mai il letto.
Non accese mai la radio né la televisione, e si fece portare i viveri dal vicino negozio di alimentari.
Quando finalmente uscì di casa per recarsi di nuovo al lavoro, Ramacciotti fece un percorso differente dal solito. Questo percorso non passava davanti al portone dietro cui aveva scoperto il corpo di quel vecchio. E non ci sarebbe passato mai più.
Al lavoro i colleghi gli chiesero cosa avesse avuto. Ramacciotti rispose che si era preso un’influenza fuori stagione. Subito dopo si mise a tossire e si soffiò il naso.
In seguito a quella settimana di mutua, Ramacciotti sembrava cambiato. Appariva leggermente più spigliato. Rideva e faceva battute.
La sua efficienza sul lavoro, invece, non era mutata per niente.
Anzi. Ramacciotti non si limitava più soltanto a eseguire bene e nel minor tempo possibile i suoi compiti. Ora proponeva anche nuove soluzioni, suggeriva modifiche, esponeva nuove idee.
Sembrava avere a cuore il destino dell’azienda.
Non si sa precisamente né quando né in che modo, cominciarono a spuntare amici nella vita di Ramacciotti. Amici, e amiche. E doveva essere gente importante: i ragazzi vestivano eleganti e avevano grosse macchine, le ragazze erano belle e ridevano sempre.
Molto spesso Ramacciotti rincasava a ora tarda con una di queste amiche, che passava la notte con lui.
Ramacciotti cominciò a fare carriera. I suoi avanzamenti erano sempre accolti senza sorpresa, e quasi senza invidie. Aveva fatto la gavetta, e tutti gli volevano bene.
Appena cinque anni dopo lo strano incidente, Ramacciotti fu promosso direttore amministrativo. Proprio in quel periodo frequentava seriamente una ragazza, la figlia del maggior azionista dell’azienda, a sua volta figlio dello storico fondatore. Il giorno dopo la promozione, Ramacciotti chiese a Eleonora di sposarlo, e Eleonora rispose di sì.
Il matrimonio fu un evento mondano. Ramacciotti invitò anche tutti i suoi ex colleghi, che adesso erano diventati suoi sottoposti. Passò parecchio tempo, durante la cena, al loro tavolo.
In seguito al matrimonio, con l’ingresso nella famiglia, Ramacciotti divenne un’azionista di maggioranza.
Fino a qualche anno prima lo strano incidente, Ramacciotti aveva avuto un solo hobby. Col tempo l’aveva quasi abbandonato. Si trattava della pittura.
Subito dopo lo strano incidente, Ramacciotti ricominciò a dipingere. Sembrava aver trovato una nuova ispirazione. Amici e colleghi si chiedevano dove trovasse il tempo per imbrattare tele, con tutti gli impegni che aveva.
Dopo il matrimonio Ramacciotti organizzò numerose esposizioni. Secondo alcuni critici, aveva talento. E i quadri migliori erano proprio quelli dipinti subito dopo lo strano incidente.
Tutte le opere di quel periodo sfioravano il tema religioso. Anche le opere successive riprendevano questo elemento, ma in misura più sfumata. Forse Ramacciotti usava la sua arte per esprimere una fede ritrovata.
Ma erano soltanto congetture, perché l’autore non si sbilanciava mai riguardo il significato dei suoi soggetti.
Dopo il matrimonio il nome di Marco Ramacciotti cominciò ad avere risonanza nazionale. Ramacciotti si era candidato alle elezioni politiche, nella lista del partito di maggioranza della regione. Tenne comizi sempre accompagnato dalla splendida moglie, e i sondaggi davano il suo nome come probabile vincitore.
Il partito vinse nettamente, e Ramacciotti risultò addirittura il candidato più votato a livello nazionale, subito dopo il neo-premier. Ramacciotti decise di trasferirsi a Roma. Contemporaneamente, durante un consiglio di amministrazione tra i più infuocati che l’azienda ricordasse, fu decisa la vendita a una multinazionale americana. Ramacciotti venne subito eletto presidente del ramo italiano della multinazionale.
La moglie di Ramacciotti scelse un attico ai Parioli. Dal grande terrazzino si aveva una splendida vista verso san Pietro. Eleonora fu sicura che il marito ne avrebbe approfittato per dipingere dei magnifici paesaggi.
Durante la formazione della squadra di governo il nome di Ramacciotti circolò insistentemente come possibile ministro dell’Economia. L’interessato si guardò bene dal rilasciare dichiarazioni. Non fu dunque una sorpresa, pochi giorni più tardi, leggere il suo nome nella lista di coloro che avrebbero guidato l’Italia.
Due anni più tardi Eleonora rimase incinta. Nacque Edoardo, quel figlio che Ramacciotti aveva sempre desiderato. La vita di Ramacciotti si divideva tra gli impegni alla presidenza dell’azienda, e quelli al ministero dell’Economia.
Eppure Ramacciotti non trovava solo il tempo per dipingere altri quadri, e per organizzare esposizioni di un successo sempre crescente.
Ramacciotti aveva molte amanti. Era come se le belle donne venissero a lui senza alcuno sforzo. Ogni sera che passava fuori, in albergo o a casa di amici, una nuova donna lo aspettava in camera da letto.
Non erano soltanto prostitute d’alto bordo. Alcune erano segretarie al ministero, altre giornaliste, altre impiegate alla sede del partito. Altre ancora, starlette televisive o attrici di basso rango.
Con alcune ebbe vere e proprie storie. La più lunga, con una giornalista del maggiore quotidiano d’opposizione, durò cinque mesi. Subito dopo che si lasciarono, la giornalista si licenziò.
Ma i momenti più felici di Ramacciotti si svolgevano quando usciva in terrazzino a dipingere. Solo allora ritrovava la serenità. Chiudeva gli occhi, li riapriva, e il tramonto sui colli romani sembrava esistere solo per lui.
Stendeva i colori sulla tela con grande decisione e velocità. Ed ecco in mezzo al paesaggio comparire quella croce. Oppure quel volto, il Santo tanto venerato.
Ramacciotti non si chiedeva mai quale fosse il significato dei suoi dipinti. Dipingeva, e basta. Il quadro veniva da se.
La stessa cosa, a ben pensarci, succedeva nella sua vita.
Guai fermarsi a riflettere. Bisognava solo agire. Assecondare l’istinto del momento.
La scalata di Ramacciotti proseguì anche all’interno della multinazionale. Dopo il quinquennio da ministro, si ritirò dalla vita politica, per dedicarsi totalmente alla professione. Venne subito eletto, con voto unanime del “board”, direttore generale della multinazionale.
Sotto la sua guida, la multinazionale conobbe un periodo di grande sviluppo. Divenne il terzo gruppo mondiale del settore, dopo i due colossi giapponese e americano. Non male per un marchio che fino a pochi anni prima era quasi sconosciuto al grande pubblico.
Ramacciotti visse lunghi periodi a Detroit, la sede della casa madre. Eleonora rimaneva a Roma, a seguire l’educazione di Edoardo. Ramacciotti in America si divertiva, eppure non riusciva a essere pienamente felice.
Poteva essere la lontananza. Oppure, forse, un tarlo più profondo. La consapevolezza, forse, di qualcosa rimasto incompiuto, laggiù in Italia.
Alla soglia dei cinquant’anni Ramacciotti lasciò l’incarico alla multinazionale. Tornò in Italia, deciso a scendere nuovamente in campo nella vita politica. Il partito lo accolse a braccia aperte.
C’era una luce nuova nello sguardo di Ramacciotti. Sembrava avere un qualche segreto obiettivo, noto solo a lui. Neppure a Eleonora aveva confidato nulla.
La campagna elettorale fu una sequenza di comizi trionfali. Tutti i sondaggi lo davano vincitore. Il partito avversario, che aveva governato i precedenti tre anni, era sconquassato da lotte intestine.
Giunse il giorno delle elezioni. Ramacciotti lo trascorse in terrazzino, a dipingere. Non voleva vedere nessuno fino al momento dei risultati definitivi.
La vittoria fu schiacciante. Ramacciotti venne nominato presidente del Consiglio. Una nuova stagione di potere si apriva per lui.
Il primo anno di governo filò liscio come l’olio. La sua popolarità era addirittura in aumento. Soprattutto in campo economico e finanziario, il paese sembrava cominciare a risalire la china.
Eppure Ramacciotti aveva qualcosa. Un tarlo doveva roderlo. Non aveva più quella faccia serena e fiduciosa, piena di energia ma anche di saggezza, che aveva mostrato nel recente passato.
La spia più evidente di questa condizione era il fatto che aveva smesso di dipingere.
Eleonora provava ogni tanto a sondarlo, ma il marito non lasciava trapelare nulla.
Verso la fine del secondo anno di mandato, Ramacciotti fu ammesso in udienza privata dal Santo Padre.
Era la prima volta che succedeva.
Si sapeva che Ramacciotti era credente, bastava guardare i suoi quadri per capirlo. Ma si trattava di un fatto personale, di cui non aveva mai parlato in pubblico. Neppure i suoi intimi, a dire il vero, ne sapevano di più.
Prima dell’udienza privata, Ramacciotti assistette a una messa in latino, celebrata per i pochi invitati. Insieme a lui c’erano Eleonora e Edoardo, e qualche ministro con i familiari.
Venne il momento della recita del Pater Noster.
…Adveniat regnum tuum.
Fiat voluntas tua,
sicut in caelo, et in terra…
Durante l’udienza privata, dopo i saluti e le frasi di rito con Eleonora e Edoardo, il Santo Padre prese da parte Ramacciotti. Insieme entrarono nel suo studio privato. Il Sant’uomo si richiuse la porta alle spalle.
Ramacciotti sembrava in grande agitazione. Aveva gli occhi spalancati, gocce di sudore gli imperlavano la fronte. Le mani gli tremavano leggermente.
Il Santo Padre lo fece accomodare su una sedia imbottita, dopodiché lui stesso si sedette dietro uno scrittoio.
Prese a guardare Ramacciotti, in silenzio, con un lieve sorriso sulle labbra. Ramacciotti era agitatissimo, quasi come un topo preso in gabbia.
– Finalmente ha ricordato, eh? -, disse il Santo Padre.
Ramacciotti non rispose.
– Beh, possiamo cominciare a parlare seriamente, allora.
Ramacciotti abbassò gli occhi, in quello che parve un segno di resa.
3 – “…Et in Terra”
In seguito all’incontro tra Ramacciotti e il santo Padre, accaddero molti eventi.
Il governo presieduto da Ramacciotti presentò due decreti legge. Il primo vietava l’aborto e l’utilizzo di qualsivoglia metodo contraccettivo. Il secondo rivedeva in modo radicale il Concordato, dando notevole peso politico al clero e soprattutto al Papa.
Questi due decreti legge suscitarono un vespaio. Ramacciotti fu accusato dall’opposizione e dai media di essersi venduto al Vaticano. Il volto di Ramacciotti, durante gli incontri e le sedute in Parlamento, era imperscrutabile.
Nonostante tutto questo, la maggioranza tenne saldamente.
I due decreti legge vennero convertiti in leggi effettive.
Qualche tempo dopo, in gran segreto, Ramacciotti ritornò nella vecchia villa della sua città d’origine. Lì aveva vissuto i primi tempi del matrimonio con Eleonora. Ramacciotti era solo, e irriconoscibile; si era fatto radere i capelli a zero, e indossava un paio di vistosi occhiali scuri.
Entrò nella casa e andò subito nel suo vecchio studio. Tirò fuori una chiave e aprì la serratura di un grande armadio a muro; ne spalancò le ante. Avvolti nella carta da pacchi, appoggiati in un angolo, c’erano i suoi quadri più vecchi.
Alcuni di essi erano stati dipinti subito dopo lo strano incidente.
Ramacciotti strappò via la carta e tirò fuori il primo quadro. Era una raffigurazione a colori vivaci del biblico carro di Ezechiele. Ramacciotti fece una smorfia, e sputò sul quadro.
Poco dopo fece un mucchio dei quadri in mezzo allo studio, vi sparse sopra dell’alcool, accese un fiammifero e ve lo gettò.
Il fuoco si propagò alle pareti, raggiunse le altre stanze, i piani superiori, fino a consumare tutta la casa.
Il governo presieduto da Ramacciotti perse la fiducia delle Camere tre mesi dopo l’approvazione dei due contestatissimi decreti legge. Ramacciotti consegnò il mandato nelle mani del Presidente della Repubblica. Era irriconoscibile, e molti sospettavano che avesse un forte esaurimento nervoso.
La notizia dell’incendio alla villa aveva gettato nel panico Eleonora. Non riusciva a capire cosa stesse succedendo al marito. Le sembrava che il mondo si fosse capovolto.
Prese Edoardo e andò a stare dalla sorella, moglie di un noto industriale.
Ramacciotti lasciò fare senza dire nulla.
Ben presto Ramacciotti scomparve dalla scena. Non soltanto l’opinione pubblica, ma perfino i vecchi compagni di partito, sembrarono dimenticare in fretta la controversa figura di quel grande industriale e statista. Statista che, come ultimo atto della sua sfolgorante carriera, aveva ridato il potere temporale al Papa.
4 – Il cortile deserto
Ramacciotti era tornato alla sua città d’origine. Viveva dell’elemosina della gente. Dormiva alla stazione, tra i cartoni, o sotto i ponti.
Si era fatto venire la barba, quasi del tutto bianca. Dopo essersi raso i capelli, era come se questi avessero deciso di non crescere più. Gli occhi sembravano persi in un mondo lontano, senza speranza.
Era irriconoscibile.
Una sera tardi Ramacciotti, per puro caso, si trovò a passare per quel vicolo. Forse non ne era del tutto cosciente. Ma quando fu davanti al portone di legno, di botto si fermò.
Era stato un rumore a farlo fermare. Una porta che sbatteva, e poi un forte scalpiccio, come se qualcuno stesse scappando. Gli tornò alla mente lo strano incidente di tanti anni prima.
Il portone di legno era solo socchiuso; Ramacciotti lo spinse ed entrò nel cortile.
Era tutto esattamente come allora. Il buio, il senso di qualcosa di tragico che sta per accadere, o che è appena accaduto. Eppure contro il muro di sinistra, di fianco al portoncino in ferro battuto, sembrava non esserci nessuno.
Ramacciotti si avvicinò e si chinò, quasi a volersene accertare.
Non c’era davvero nessuno.
Del resto il corpo di quel vecchio, ora, doveva essere soltanto più polvere.
Il vecchio statista democristiano, un tempo famoso…
Una fitta alla schiena d’improvviso lo travolse. Fu costretto a piegarsi in avanti, il dolore lancinante gli dava la nausea. Rotolò su un fianco, contro il muro.
Qualcosa di duro urtò il suolo, qualcosa che spuntava dalla sua schiena.
Udì ancora il rumore di passi concitato. Una porta sbatté con violenza.
Ramacciotti chiuse gli occhi; un rigurgito di sangue gli risalì la gola fino in bocca.
Stava per perdere i sensi. Eppure, nella notte silenziosa, sentì un altro rumore.
Qualcuno si era fermato nella strada, al di là del portone di legno, e stava origliando.
Sicut… in caelo… et… in terra… – mormorò Ramacciotti, prima di spirare.
UNA NOTA MINIMA
Se sospettate che questo ignoto Mauro Cometto sia lo stimabile Maurizio Cometto guardate il commento. Ma se pensate che Mauro suoni meglio quando segue un Cometto, ricordartevi che è possibile indire un referendum per cambiargli nome. Sarebbe indecente che ognuno potesse chiamarsi come gli pare (o come decidono i genitori) invece che nel modo “giusto”; di quel passo scivoleremmo nell’anarchia in 36 ore scarse. (db – segretario dell’Ang, Associazione Nomi Giusti)
Ho ricevuto questo messaggio: “Ormai esistono due Cometto che scrivono sul tuo blog: un Maurizio e un Mauro.E io, Maurizio, lavoro da ‘negro’ per quell’altro, Mauro, visto che il racconto del sabato a suo nome l’ho scritto io. Spero che mi paghi…”
Assai-assai-assai spiacevolmente sorpreso da quello che in apparenza potrebbe essere un mio errore ho risposto così.
Esiste un ventaglio di possibilità: una sola è vera o forse due ma anche tutte quelle qui sotto e/o altre.
1- è il decennio del “risparmia izi”
2 – nella mia formazione-base (40 anni a Roma) conoscevo un bel po’ di Mauro simpatici e un solo Maurizio che era di un antipatico ma di un antipatico…
3 – è ora di saperlo: il tuo vero nome è Mauro ma mamma e babbo non hanno avuto il coraggio di dirtelo
4- sono rinko
5- caro quasi omonimo, tutto ciò è DIVERTENTE, no? (tuo Mauro)
6 – “l’amor dei piemontesi è di breve durata”: non so cosa c’entri ma è tanto tempo che volevo dirlo-cantarlo a qualcuna/o (se non sai di cosa sto parlando chiedi a chi è anagraficamente matura/o di cantarti “Addio morettin ti lascio, finita è la mondada…”)
7 – quale blog e quale sabato?
8 – caro bruco Mauro quando sogni diventi Maurizio (ignoro chi sia invece la farfalla e cosa c’entrino il vecchio cinese, Freud, Jekill e il gorilla)
9 – io pago zero euri a solo uno di voi: accordatevi per dividerli in modo equo, se ci sono dubbi telefonate a Monti (non Vincenzo l’altro).
db
PS- magari correggo il tag (anche i posteri hanno i loro diritti)