Comete, teletrasporto e Olaf Stapledon
Tra scienza e fantascienza: qualche parola su «Lo scienziato come ribelle» (di Freeman Dyson) che torna in edicola
Il titolo – «Lo scienziato come ribelle» – è bello ma un po’ ingannevole; meglio il sottotitolo, cioè «Ragione e immaginazione al servizio della verità», che riprende uno dei fili della trama che Freeman Dyson, uno dei maggiori fisici contemporanei, tesse in questi suoi 23 scritti, divisi in 4 sezioni. Trovate il libro, ancora per qualche giorno nelle edicole (336 pagine per 7,90 euri) nella collana «La scienza come un romanzo» (*) veicolata dal pessimo «Corriere della sera» .
Ingannevole per due motivi: perché solo pochi saggi toccano o sfiorano la “ribellione” e perché Dyson non è un gran rivoluzionario ma piuttosto oscilla fra un progressismo intelligente e un prudente conservatorismo… almeno a giudicare da questi scritti dove riesce persino a non parlare troppo male del «dottor Stanamore», alias Edward Teller.
Come sa chi frequenta codesta “bottega” qui il Marte-dì è dedicato a fantascienza e dintorni. Dunque dovrei parlare di questo libro in uno degli altri giorni della settimana (e magari lo farò). Ma ci sono anche 3-4 interessanti passaggi che intersecano la migliore science fiction.
Primo accenno fantascientificamente ghiotto nell’articolo intitolato «Il mondo su una corda» dove Dyson parla, fra l’altro, di «La trama del cosmo: spazio, tempo e realtà» e di «L’universo elegante: superstringhe, dimensioni nascoste e la ricerca della teoria ultima», due libri del fisico Brian Greene. Parlando di teletrasporto e macchine del tempo, Greene – almeno nella estrema sintesi di Dyson – ci dà una buona notizia («un dispositivo del genere è teoricamente possibile») e una cattiva («distrugge inevitabilmente l’oggetto che copia»): si dispiacerà assai Fabrizio Melodia che proprio oggi – alle 12 – scrive in “bottega” di teletrasporto. Analogo giochino per la macchina del tempo: «la buona notizia è che un tunnel (temporale) è una soluzione possibile delle equazioni della relatività generale» ma «la cattiva notizia è che un tunnel abbastanza grande per camminare dentro richiederebbe più dell’energia totale del sole per mantenerlo aperto». Siamo ancora dalle parti della scienza più che della fantascienza ma… eccoci pronti a fare un bel viaggio fra le stelle.
Infatti qui Dyson, parlando nel 1972 di Desmond Bernal, riprende l’idea che «la maggior parte della specie umana lascerà il nostro pianeta»; una tesi molto forte nel 1929, quando scrive Bernal, ma poi «non più molto di moda». Più avanti Dyson riparla della «colonizzazione dello spazio» e della necessità di «sgombrare il terreno da alcuni diffusi preconcetti sullo spazio come habitat»; per esempio che «fuori dalla famiglia dei pianeti del Sole ci sia un vuoto assoluto che si estende per quattro anni-luce prima che si possa trovare un’altra stella». E le comete? Scrive Dyson che «la superficie combinata di queste comete (intorno al sistema solare) è mille o diecimila volte maggiore di quella della Terra». Ne deduce Dyson che «sono le comete, non i pianeti, il più importante habitat potenziale della vita nello spazio». E più avanti annuncia che «verrà in nostro soccorso l’ingegneria biologica. Impareremo a far crescere alberi sulle comete». In un futuro ancora più lontano sulle comete «vivranno uomini e alberi in piccole comunità isolate fra loro da distanze immense» e «gruppi di persone saranno liberi di vivere a loro piacimento, senza controllo di autorità governative» (in effetti qui il ribelle si affaccia). Un discorso affascinante, tra scienza e fantascienza o se preferite fra presente e futuri possibili.
Infine nel penultimo capitolo – intitolato «Molti mondi» – Dyson scrive un elogio, quasi un’apologia di Olaf Stapledon e dei suoi due romanzi più noti, «Il costruttore di di stelle» (che lui paragona nientedimeno che a «La divina commedia» di Dante) e «Sirius», meno noto ma «a mio giudizio la più bella opera di Stapledon». Io li ho letti entrambi ma tantissimi anni fa e ora questi giudizi di Dyson… mi costringeranno a riprenderli in mano.
Notarella finale per gli scettici (Cicap e dintorni) specie se non hanno ancora letto il libro «Lo stregone è nudo» di Georges Charpak e Henri Broch: assai vi consiglio il capitolo intitolato «Uno su un milione».
(*) Di questa collana ho già parlato un paio di volte in “bottega”. (db)