Con le “biblioteche viventi”…

le persone diventano libri

di Jonathan Mastellari (*)

Avete mai rinunciato a leggere un libro che vi ispirava solamente dal titolo per mancanza di tempo?

Se la vostra risposta è si non disperate perché può sembrare strano, ma anche a questo c’è una soluzione.

Non parliamo di libri di carta in questo caso, ma di persone in carne e ossa che prendono appunto il nome di “libro” e vengono letteralmente “sfogliati” da tutti e tutte coloro che vengono attratti o sono incuriositi dal titolo che chi decide di raccontarsi autodecide per la sua storia.

Stiamo parlando delle così dette “biblioteche viventi” (living library in inglese) incontri aperti al pubblico o organizzati in situazioni specifiche con un pubblico ristretto che mirano alla sensibilizzazione di alcuni temi legati al mondo del sociale attraverso il racconto di chi certe situazioni ed esperienze le ha vissute o le vive in prima persona.

Abbiamo intervistato Mauro Meneghelli, presidente di Bvbo (Biblioteca Vivente Bologna) associazione che già dal suo slogan «Non giudicare un libro dalla sua copertina» si presenta come impegnata nella lotta in prima persona contro gli stereotipi e pregiudizi.

Mauro, di cosa si occupa l’associazione e da cosa nasce l’idea?

«La così detta “living library” nasce nel 2000 da un’idea della ong danese Stop the Violence.

L’attività poi è stata esportata in tutta Europa diventando anche una “buona pratica” riconosciuta dall’Unione Europea.

E’ importante sottolineare che i libri non sono attori ma sono semplici persone che decidono liberamente e gratuitamente di far conoscere tutta o in parte la loro storia di vita per sensibilizzare o far parlare le persone di alcune tematiche che spesso sono poco conosciute.

Parlare in prima persona con protagonisti di determinate storie di vita può essere un’occasione unica per entrare a far parte di un mondo che ancora non ci appartiene e che ci sembra particolarmente distante ma che in realtà una persona che abbiamo di fianco in autobus e che non conosciamo può vivere ogni giorno.

Bvbo oggi, dopo circa 7 anni di attività sul territorio bolognese – la prima volta è stata il 10 dicembre 2007 in piazza Verdi – conta più di 130 titoli di libri da sfogliare che trattano storie riguardanti la disabilità, la migrazione, l’orientamento sessuale, l’identità di genere e le questioni di genere nel suo complesso, la povertà e tante altre tematiche».

Come funziona nello specifico una “biblioteca vivente” e come si può organizzarne una?

«Le persone interessate a “leggere” decidono di parlare con un “libro” dopo averlo scelto da una lista con tutti i titoli disponibili (il titolo rispecchia il più delle volte la storia di vita che verrà raccontata).

Il lettore potrà comunque interagire tramite domande con il narratore che però non è obbligato a rispondere a tutte le domande sulla sua vita, prendendosi i propri spazi e temi e libertà nel rispondere.

La lettura ha un tempo limitato per permettere a tutti e tutte di leggere più temi possibili.

Le “Biblioteche viventi” possono essere organizzate in contesti aperti a tutto il pubblico, ma abbiamo anche lavorato in scuole e contesti protetti mentre uno dei nostri prossimi obiettivi è quello di riuscire a entrare all’interno del carcere.

Se qualcuno è interessato a organizzare una “lettura di gruppo”, a fare il libro o a conoscerci meglio ci può contattare tramite i contatti presenti sul nostro sito: www.bvbo.it   

(*) L’articolo di Jonathan Mastellari è uscito sul numero 7-8 (luglio agosto) di «Piazza Grande» (la rivista bolognese «di strada» cioè delle «persone senza dimora»).

 

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