CON UNA SOLA T
(Roba del Pabuda…)
dopo
uno…
(pronome completamente
indefinito
per indicazione aleatoria:
io, tu, lei, lui, chissà)
… si sa:
uno già è prostrato
dalla nostalgia
per quel dente strappato
a viva forza
dal sadico cerusico:
colla lingua
ogni due per tre
misura il vuoto lasciato
dalla sottrazione.
sente pure un po’
di male e di disagio:
sangue, amaro in bocca:
come, al biliardo,
dopo un’imprevista
sconfitta.
così pensa di lenire
tutto il malessere
orale ed esistenziale
con un prodotto specifico:
se ne trova un avanzo
non scaduto
nel cesto dei medicinali
traslocati:
ci si fa un paio di sciacqui
con questo po’ di colluttorio:
si sente sollievo, si è contenti
ma il rimasuglio è minimo:
ne serve altro:
ci si reca in farmacia
col bugiardino che accompagnava
il flacone dell’efficace
farmaco da banco
residuato,
quel buon fondo di bottiglia
d’una volta:
lo si mostra al trafficante
in camice bianco:
c’è da fare: niente:
tale & quale, quel prodotto
sul mercato
oramai è inesistente:
ce n’è un altro, somigliante,
collo stesso principio attivo
al centro,
ma dissolto
in un liquido eccipiente
d’altro colore,
forse di gusto un po’ differente.
pimpanti, si corre a casa
per provarlo immantinente:
giusto un sorso
gargarizzandolo in bocca
tra dente e dente:
l’esperienza
è impressionante:
letteralmente devastante
per le gengive,
le mucose orali,
le piccole papille gustative.
si rimugina:
si scartabella l’archivio cerebrale
dei gusti e dei disgusti
ma una roba del genere
non risulta in alcuna ansa, o voluta:
in nessuna memoria registrata!
(cazzo!) cos’è ‘sta roba orrenda,
disgustosa, rivoltante?
non può essere il principio attivo:
nell’avanzo già consumato
non era mica così cattivo:
tutt’altro!
sarà il maledetto eccipiente
“un po’ differente”.
si consulta il bugiardino
per scoprire cos’è
ma spiegazione esauriente
non c’è.
non rimane che cercare
nell’internet:
più che altro, per curiosità:
il danno di cattivissimo gusto
ormai è fatto già.
dalla rete globale delle belinate
e delle informazioni
si viene a sapere
che la moderna scienza
dell’eccipienza
per coprire il sapore
di certi principi attivi
dei farmaci, considerato –
a ragione o a torto –
davvero insopportabile
(tipo clorexidina super,
per intenderci)
ha preso a sperimentare
qualche originale
e potente sostanza:
per esempio:
essenza
di piscio di porco.
con ogni evidenza,
stavolta, s’è incappati
proprio in questa essenza
qui…
c’era da aspettarselo
da un colluttorio
scritto collutorio:
sull’etichetta
e sulla scatola:
con una sola “t”.
e adesso?
che si fa, adesso?
di certo
non lo s’usa più,
magari
lo si butta tutto,
di corsa, nel cesso,
nonostante il prezzo.
con qualche timore
per la resistenza
della ceramica
della tazza
e un’immagine da incubo
all’orizzonte:
milioni di galusci padani
che abbandonano
le fogne di Milano
schizzando fuori
dai tombini
in men che niente
e gridando:
“chi è lo stronzo,
il deficiente
che ha buttato
nel cesso
il costoso colutorio
col maledetto eccipiente!?”
..
(nell’illustrazione: Il Cavadenti, Caravaggio)