Voto-vuoto: confusi e infelici
di Gianluca Cicinelli per Diogene (*)
Stupirà, e forse indispettirà, chi legge il pensiero che in realtà non è accaduto niente che modifichi l’esistente radicalmente rispetto a ieri. L’avanzata in termini numerici del centrodestra è diventata irresistibile in termini di seggi soltanto grazie a una legge elettorale stupida e incostituzionale, voluta, imposta e mai modificata, nonostante le numerose occasioni passate, dal Pd, il partito che più di ogni altro esce sconfitto da queste elezioni.
Il centrodestra, con vari rimescolamenti che lo rendono di volta in volta più centro e stavolta più destra, si è sempre attestato intorno al 40% in Italia, ma oggi in Parlamento i seggi lo rendono una corazzata con la maggioranza assoluta, anche se privo dei due terzi necessari per compiere in autonomia modifiche costituzionali.
Quello che chiedo con franchezza a chi legge è semplice: accettiamo o no il gioco democratico? Se lo accettiamo, anche nella forma di simulacro che ha assunto, dobbiamo analizzare il fatto che mai il centrosinistra, e meno ancora la sinistra, è stato maggioranza numerica in Italia, eccezion fatta per le elezioni del 1996 (nel 2001 vinse per poche migliaia di voti).
Quindi il vero punto di snodo è, all’interno del centrodestra, il rimescolamento a favore degli eredi diretti del Movimento Sociale di Almirante guidati oggi da Giorgia Meloni. Dico subito che affibbiare la qualifica di fascisti a tutti gli elettori della Meloni oltre che semplicistico non racconta la verità. A meno che non pensiamo che Salvini e la Lega siano meno pericolosi e Forza Italia la continuazione della Dc con altri mezzi.
C’è quindi un elemento che dà fastidio ma è estremamente reale. Sono passati 77 anni dalla fine della guerra contro il nazifascismo. Non si puó far finta di continuare a vivere in quella dimensione e chiedere voti in base a ció che è stato il momento piú alto di mobilitazione popolare italiana, perchè istituzionalizzarlo senza rinnovarne la spinta al cambiamento sociale ne ha svuotato il significato agli occhi di chi è nato nel 2000 o anche prima.
Quindi sí, hanno vinto quelli con la fiamma che riprende la tradizione del Movimento sociale (per chi ha una certa etá) e hanno vinto quelli, gli unici, che stavano fuori dal governo Draghi (per quasi tutti gli altri). Forse che a sinistra, intendo quella fuori dal Pd, non ci sono spinte antieuropeiste, nogreenpass, filorusse come quelle che vengono rinfacciate a FdI?
Questo continuo richiamo al passato è servito a chiudere gli occhi sia su come la destra culturale ha governato di fatto con partiti ufficialmente antifascisti – la vergogna della legge Fornero, dei decreti di Minniti e del jobs act sta lí a provarlo – sia a evitare provvedimenti seri sulla povertá crescente per milioni di persone lasciandole senza prospettive. E quando le persone sono con le spalle al muro possono fare qualsiasi cosa nel tentativo di sopravvivere. E ne hanno diritto.
Molti ritengono che quello al Movimento 5 stelle sia stato un voto di sinistra. Di sicuro lo è stato nelle intenzioni degli elettori, come di sicuro questa campagna elettorale è stata la loro ennesima operazione di trasformismo. Conte li ha salvati elettoralmente, sia chiaro, anche da Grillo stesso, ma è un altro partito da quello del 2008, da quello del 2013, da quello del 2018, da quello del Conte 1 e del Conte 2. Prende molti voti oltre che al sud per aver introdotto il reddito di cittadinanza e da un pezzo di sinistra per la questione della guerra e per aver fatto cadere Draghi… ma dopo averci governo insieme. Il sospetto che possa mutare ancora forma non è infondato.
Non è bastata la benedizione di Melenchon a far varcare la soglia del 3% a Unione Popolare. Anche qui è un po’ semplicistico ritenere che il problema sia nel presente. E’ il passato delle formazioni principali che hanno dato vita, con l’ennesimo magistrato al comando, al cartello elettorale di Up che non ha convinto chi vota. Un passato che ci racconta l’assenza dal territorio di partiti che pure hanno progetti interessanti per il territorio. Certo è che la raccolta miracolosa delle firme per presentarsi alle elezioni conferma che quando sei presente, quando sul territorio ci sei a spiegare le tue ragioni, le persone ti stanno a sentire.
Non sarebbe probabilmente andata meglio a Sinistra Italiana e Verdi se si fossero presentati da soli. La loro presenza nella coalizione con il Pd, insieme alla Bonino, ha permesso a quanti hanno votato turandosi il naso di non dare il voto al Pd pur restando nell’area del centrosinistra. E va ricordato che il Pd aveva riassorbito Articolo 1 del ministro Roberto Speranza.
A qualcuno piace ripetere che l’astensionismo sia frutto principalmente del qualunquismo. In parte può essere vero, ma è un modo qualunquistico di non vedere che l’astensionismo penalizza sempre principalmente la sinistra-sinistra o il centro con venature di sinistra. Il dubbio che in quell’offerta politica a fianco o fuori dal Pd manchi un partito di sinistra in grado di parlare alle persone e non soltanto per spaventarle su quanto siano cattivi “quegli altri” mette in crisi questa visione semplicistica e limitata della volontà popolare.
Adesso ci sono due fattori a minare la marcia su Roma di Giorgia Meloni.
Il primo è l’incerottata Forza Italia che chiede, come suo costume, una tangente usuraia per sostenere un suo eventuale governo. Prima tra tutte Berlusconi presidente del Senato. Il che è forse un po’ troppo persino per i post fascisti, non tanto per le collusioni con la mafia arrivate a giudizio definitivo per alcuni esponenti di Forza Italia, visto i numerosi arresti per le stesse collusioni di esponenti di FdI. Berlusconi puttaniere, non va dimenticato, è diventato un caso internazionale molto più del Berlusconi che nei processi a Dell’Utri viene indicato come coautore delle azioni di Dell’Utri.
L’altra incognita riguarda la possibile alleanza fra Azione-Italia Viva con Forza Italia stessa. Che potrebbe o trascinare Calenda in un’area di governo o dare vita a una formazione corposa per numero di deputati pronta a mettere i bastoni fra le ruote all’eventuale governo Meloni. Con il fattore Renzi – una persona disposta a tutto pur di contare qualcosa – che incombe e rende la stessa formazione con Calenda (che non ha raggiunto comunque il risultato sperato) passibile di scissione da un momento all’altro, quello che più converrà a Renzi appunto.
Se almeno questo punto cosí basso del mercato elettorale servisse a rilanciare la politica “vera” sarebbe servito a qualcosa. Se da domani anzichè cercare d’individuare un richiamo al fascismo in ogni battito di ciglia della Meloni si tornasse a pensare a proposte perlomeno socialdemocratiche su come affrontare crisi, guerra e impoverimento allora una parvenza di sinistra tornerebbe a farsi luce. Chi ha fiato respira. Dunque la domanda che deve porsi chi di sinistra si dice è semplice: quali proposte concrete, realizzabili troviamo per combattere la crisi? Il resto, l’antifascismo di maniera, invocare consensi in base a un’identitá di 77 anni fa è finito ieri.
(*) articolo in origine pubblicato su https://diogeneonline.info/confusi-e-infelici/Meloni
un’interessante analisi parallela:
https://chiedoaisassichenomevogliono.wordpress.com/2022/09/26/lanalisi-del-voto/
Infatti….parliamo dell’oggi, e delle conseguenze nefastye dei risultati elettorali:
Riporto la dichiarazione di questa mattina del Presidente nazionale dell’ANPI Gianfranco Pagliarulo a Radio Popolare ( così come inserita nella pagina facebook di Anpi naz.):
Pagliarulo questa mattina a Radio Popolare: “Rilevo innanzitutto che l’astensionismo ha raggiunto livelli record, dall’84% dei votanti nel 2006 al 64% di oggi. È una discesa agli inferi che conferma la crisi della democrazia. Quindi, credo che non sia stato fatto tutto il possibile per impedire il previsto successo della destra. Non c’è un pericolo di ritorno della dittatura fascista ma un pericolo per la Costituzione per come l’abbiamo conosciuta e vissuta. Basti pensare al presidenzialismo che eliminerà la figura di garante del Presidente della Repubblica e l”autonomia differenziata che costruirà due Italie: una con più diritti una con meno diritti. Ognuno per sé nessuno per tutti. Di fronte a questa prospettiva tutte le forze antifasciste e democratiche dovranno rinnovarsi nella direzione di una grande e forte unità”
https://www.facebook.com/anpinaz/
A ragione su molti punti l’ottimo Gianluca Cicinelli, in particolare sul fatto che Sinistra Italiana e Verdi se si fossero presentati da soli con tutta probabilità non avrebbero superato il 3 %.Tra l’altro a mio avviso , sarà paradossale per qualche compagno o compagna, ma la forza trainante dei due soggetti unificati è stata quella dei Verdi. Soprattutto tra i giovani, anche per una serie di verifiche empiriche in cui mi sono imbattuto, a partire dalle motivazioni dei miei sorprendenti nipoti. In quanto ad Unione Popolare il mancato raggiungimento del quorum era più che scontato, poichè nel tempo Rifondazione Comunista ha disperso il suo insediamento militante e Potere al popolo non è una forza di rilievo nazionale.
Eletto, deputato, Aboubakar Soumahoro, sindacalista, da sempre impegnato contro lo sfruttamento dei migranti. Candisato da Sinistra Italiana e Verdi.
In Parlamento entra un “nero”…..bile per tutti i razzisti.
https://www.africarivista.it/aboubakar-soumahoro-ce-ha-fatta/207310/
“”””Ora, io ammetto che dobbiamo romperla con il nostro passato. Siamo stati battuti, e anche se fosse stata soltanto la forza bruta a ostacolare la via al movimento del pensiero e della poesia, questa stessa brutalità non sarebbe stata possibile se noi non avessimo condotto una vita astratta nel cielo della teoria erudita, se avessimo avuto il popolo dalla nostra parte. Noi non abbiamo portato dinnanzi ad esso la sua causa.””””””
Così, di fronte al dilagare della reazione tedesca nel 1843, scriveva Mikhail Bakunin, in una corrispondenza con il massimo esponente dell’estrema sinistra tedesca Arnold Ruge, partecipi Karl Marx e Ludwig Feuerbach.
Merita tornare ad arrampicarsi sulle spalle di quei giganti, noi nanerottoli (manco giovani, ahimé, com’erano loro), nel momento in cui abbiamo subito una relativamente minore, ma non meno grave sconfitta. Senza neanche avere all’attivo – noi – i grandi dibattiti teorici dell’illuminismo, dell’idealismo hegeliano e della sua “sinistra”, che portarono all’elaborazione del socialismo moderno, nel fuoco delle rivoluzioni del 1848, della prima Internazionale, della Comune del 1871 e via discorrendo.
I dati odierni sono impietosi, per quanto freschi e da elaborare bene, nei particolari:
– Elezioni politiche 2022 (Camera dei Deputati, esclusa Valle d’Aosta dove si vota solo coll’uninominale): Unione Popolare 401.836 voti, pari all’1,43%; Italia Sovrana e Popolare 347.497 voti, pari all’1,24%; Pci 24.555 voti, pari allo 0,09; Allenza Sinistra e Verdi, circa 1 milione di voti, pari al 3.6% (Fonte: https://elezioni.interno.gov.it/camera/scrutini/20220925/scrutiniCI),
da raffrontare con quelli delle elezioni precedenti:
– Elezioni politiche 2018 (Camera dei Deputati, esclusa Valle d’Aosta): Potere al Popolo 372.179 voti, pari al 1,13%; Partito Comunista 106.816 voti, pari allo 0,33%; Per una sinistra rivoluzionaria 29.364 voti, pari allo 0,09%; Liberi e Uguali (comprensiva di Sinistra Italiana ed Art. 1, nel 2022 divisi) 1.114.799 voti, pari al 3,39% (Fonte: https://elezionistorico.interno.gov.it/index.php?tpel=C&dtel=04/03/2018&es0=S&tpa=I&lev0=0&levsut0=0&ms=S&tpe=A).
Una situazione di sostanziale “stabilità”, in un quadro di destra dilagante, e di spostamento a destra del Pd, le cui scelte di appiattimento sulla piattaforma ultraliberista di Draghi hanno provocato realmente la crisi e le elezioni anticipate. Poche palle sulle responsabilità del M5S, che nell’ultima parte della legislatura si è presentato con una credibile, pur se tardiva, piattaforma pacifista e di sinistra, liberandosi di un sacco di “scorie” e non a caso risultato il secondo, vero, vincitore di queste elezioni, dopo aver spostato la sua collocazione dal “centro” alla “sinistra”.
In tale quadro, si nota:
– la sostanziale stabilità elettorale della “sinistra di governo”, cioè quel settore che accetta la subalternità al progetto piddino, e che si ferma attorno a poco più del 3% ed al milione di voti, cedendo però quadri (vedi Giuliano Pisapia ed Elly Schlein, dopo Furio Honsell ed “Open Fvg”, nato da una scissione a destra di Sinistra Italiana) all’area del Pd; tra l’altro, LeU nel 2018 era nata per rottura con il Pd renziano, mentre oggi l’ASV è rientrata in relazione con un Pd non meno moderato;
– l’altrettanto sostanziale stabilità – a dimensioni miniaturizzate – dell’area della “sinistra antagonista”, che cresce di qualche punto (in Liguria c’è perfino il PCL di Ferrando !), ma che sconta l’incremento con le dimensioni, che non riescono ad espandersi e, peggio, con la confusione presente in liste come ISP, dove al settarismo di Marco Rizzo si sommano posizioni non di sinistra;
– ci si domanda cosa sia rimasto dell’esperienza del decennio demagistriano a Napoli (2%), e di quella della lista regionale di sinistra e civica in Calabria, precipitata dal 16% al 2%. Realtà dove non si può dire che “non ci conoscessero” (dato indubbio a livello nazionale, fra i tempi ingestibili della campagna elettorale agostana ed i mass media che hanno deliberatamente ignorato, quando non mistificato – in primo luogo “Il Gazzettino”: e mi auguro che UP faccia lavorare qualche suo avvocato! – il carattere della lista di Unione Popolare);
– inoltre, a nordest, la situazione è perfino meno comprensibile, visto il prevalere della lista di ISP rispetto ad Unione Popolare. Sfuggono le ragioni del loro successo specifico, vista la mancanza di radicamento territoriale – certamente inferiore ad Unione Popolare ed alle sue componenti (anche se è evidente che anche questo mondo è invecchiato e la sua base si è ristretta). Emerge la loro (di ISP) dimensione polemica e protestataria – che è stata anche la cifra della scelta di votare a destra di tanta parte dell’elettorale popolare – rispetto ad una prospettiva più programmatica e ragionata, volta al futuro. Inoltre è evidente l’incapacità di collegarsi con le esperienze civiche e progressiste diffuse sul territorio (Adesso Trieste, Pordenone in Comune, Patto per l’Autonomia, per citare le maggiori).
E certo non può sfuggire la dimensione crescente dell’astensione dal voto. Anche perché rinvia alla solita discussione sui “movimenti” e sul “sociale”, che non porta da nessuna parte. Quando un Gino Strada diceva che non aveva votato per trent’anni, capisci che ormai la dimensione elettorale, con il sociale, subisce quell’approccio americanizzante per cui puoi essere fortissimo in tante istanze sociali, ma senza sbocco politico.
“…se avessimo avuto il popolo dalla nostra parte…” diceva il Bakunìn. Volantinare al mercato, e (cercare di) guardare in faccia quella maggioranza di persone che manco ti mandavano a quel paese, nel sottrarsi dal prendere il manifestino, è stato meglio di un trattato di sociologia. E capisci cos’è successo nella società italiana di questi decenni. Con una atomizzazione e spoliticizzazione, nata dalla rottura di ogni legame sociale; con un mondo dei mass-media che, nell’illuderti della “connessione”, ti lascia sempre più solo e disorientato; con le organizzazioni sociali sempre più burocratiche, dipendenti dai fondi e dalle relazioni (anche clientelari) con il pubblico; con un lavoro sempre più “flessibile” e deregolamentato, in una società socialmente ed ecomicamente sempre più classista ed impoverita. E’ qui che abbiamo perso, e continueremo a perdere, se non sapremo cambiare registro.
Quindi, evitiamo la consolazione del richiamo all’attivismo. E quella dell’opposizione: ci stiamo da una vita, e gli unici momenti interessanti ed utili sono (stati, soprattutto) quelli in cui siamo stati capaci di dare risposte alte, di governo, anche quando si stava altrove. E non meniamola con la questione della “sinistra votata a dividersi”: quando ci si è divisi (socialisti elezionisti/anarchici; socialdemocratici patrioti/socialcomunisti pacifisti; Usa/Urss) lo si è fatto su grandi opzioni, e come ci sono state scissioni ci sono state altrettanto importanti alleanza e riunificazioni. La questione è che ora, invece, ci si divide sulla base di particolarismi, personalismi, settarismi, chiusure mentali, in mancanza di analisi strategiche e prospettive di lungo periodo.
Bisogna ricominciare a studiare la realtà, ritessere i fili di relazioni ormai inesistenti, elaborare programmi complessi, costruire forme di aggregazione ed alleanze (cosa diversa dagli schieramenti elettorali…), riscrivere la grammatica della politica. Altrimenti meglio fare altro.
Analisi interessante e condivisibile. Dissento solo sul “nogreenpass” come etichetta negativa. E’ sotto gli occhi di tutti che il green pass aveva ben poco a che fare con la lotta alla pandemia ma è stato soltanto, nella forma come nella sostanza, uno strumento di controllo sociale. Il fatto che certa destra abbia cercato di strumentalizzarne l’opposizione non toglie e non aggiunge nulla al dato di fatto.
E’ vero che l’astensionismo colpisce soprattutto chi, avendo la mente aperta, si sente deluso dal nulla che si nasconde dietro il riflesso condizionato di un certo antifascismo di maniera, sempre più etichetta di comodo e sempre meno legato alla realtà contemporanea. Ma va anche detto che proprio la componente più retriva di FdI (che credo sia anche quella maggioritaria) vive ancora di stanchi rituali come il saluto romano, si veda in proposito la pagliacciata del LaRussa (stavolta Romano), che lo pratica al funerale di un “camerata”. Per fortuna il suo partito ci spiega che stava dicendo agli altri di non farlo. Semplicemente ridicolo.
Che dire poi del decrepito che avanza? Il partito vicino alla mafia non si è ancora estinto soltanto a causa del persistente predominio del padrone sui mezzi di comunicazione di massa, oltre che per il suo affarismo con il pelo sullo stomaco. Se poi costui venisse eletto Presidente del Senato sarebbe soltanto l’ennesimo insulto subito dalle istituzioni italiane.
Concludo linkando l’eccellente articolo di commento sulle elezioni a firma di Alessandra Daniele: https://www.carmillaonline.com/2022/09/26/una-donna-sola-al-comando/ Come dice giustamente, il “Ciclo del Cazzaro” è ricominciato con “la Madonnina urlante”.
Utile carrellata di pensiero costruttivo e critico