Coniugare caos e ordine?
recensione di Alberto Melandri a «Vie di fuga» di Paolo Cacciari (*)
Il saggio di Paolo Cacciari contiene nel sottotitolo alcune parole ed espressioni-chiave che aprono una prima finestra: «crisi, beni comuni, lavoro e democrazia nella prospettiva della decrescita». Infatti «Vie di fuga» (pubblicato da Marotta e Cafiero) mette in contatto – offrendo continui rimandi, come un ipertesto – con una enorme quantità di opere di autori che affrontano tematiche specialistiche settoriali che Cacciari cerca di giustapporre mettendole a dialogare fra loro nella prospettiva di uno sguardo complessivo sulla cosiddetta “crisi” o meglio sulle crisi connesse fra loro: quelle della solvibilità dei debitori, della sovrapproduzione, finanziaria, della rarefazione delle risorse, del clima, dell’occupazione, della proliferazione delle disuguaglianze e anche, ultima in questo elenco, ma non certo inferiore alle altre, quella che Edgar Morin chiama «crisi cognitiva». Riguardo a quest’ultima crisi Cacciari parla di «una incapacità culturale delle élite al potere di comprendere le cose nella loro complessità a causa di quel “nostro modo di conoscenza parcellizzato (che) produce ignoranze globali” (Morin)».
Di fronte alle crisi, chi gestisce il potere cerca di terrorizzare la gente per farle accettare tutto, come la Thatcher con il suo famoso acronimo Tina (There Is No Alternative) oppure complementarmente ribadisce il dogma economico della crescita come unica strada di salvezza, provocando una passività generale (si lotta solo «quando si intravedono prospettive di salvezza»), pulsioni regressive e comportamenti incivili.
Cacciari invece – che vede nella decrescita, come Serge Latouche, una sfida, non una soluzione – prospetta la necessità di «una colossale riconversione degli apparati produttivi e di consumo» ma valorizza in questa direzione anche «un flusso continuo di piccoli cambiamenti».
Un particolare rilievo viene dato alla gestione collettiva, solidale e altruistica dei beni comuni, definiti – citando Peter Barnes – «doni della natura e della società che ereditiamo e creiamo collettivamente», fra i quali viene inserito anche il lavoro.
La prospettiva della decrescita viene vista quindi come una convivenza di forme diverse di produzione, autoproduzione, riciclo, dono, scambio, condivisione, riorientamento di desideri, abitudini e mentalità.
Nel capitolo intitolato «Democrazia», Cacciari privilegia, a proposito dei movimenti che si oppongono all’attuale sistema dominante, la definizione di «chaordic organization» cioè di una metodologia capace di coniugare «caos» e «ordine», per «costruire un ‘organizzazione priva di centro» (Croft) e di leader, basata su legami reticolari orizzontali e non piramidali, per incidere sulle istituzioni senza occuparle, come sosteneva il subcomandante Marcos, dal Chiapas messicano, inserendo “erbe matte nelle crepe del sistema”.
Parti di questo nuovo modello esistono già: esperienze come quelle dei Gas (gruppi d’acquisto solidale) o del cohousing, le transition town o la rete dei Comuni virtuosi, i movimenti No Tav e No Triv, le banche del tempo e tutte le altre buone pratiche piccole e più grandi, locali ma con l’occhio alla globalità.
Un ulteriore elemento interessante del testo, che sta alla base della visione generale che Cacciari presenta è il richiamo a «un concetto diverso e distinto (..) di natura: ogni individuo di qualsiasi specie vivente, compreso l’homo sapiens (..) è parte integrante di un sistema vitale unitario: flora, fauna, mondo organico e inorganico «e come tale è portatore di diritti». Un modo diverso di guardare all’universo.
(*) Alberto Melandri lavora con il Cies di Ferrara e con Ponteradella in transizione.