Contrattempi d’altri tempi (?)
di Pabuda
ci son delle storie che quando tornano a galla
quasi m’uccidono per la ridarella
come quella
che m’ha raccontato l’altro ieri a pranzo mio fratello
(quello più alto e secco dei tre che ho,
le altre due mi son sorelle).
rido solo io, probabilmente,
perché in quei cruciali momenti ero assente
e perché quei fastidiosi contrattempi
mi ricordano i probabili motivi scatenanti:
dei fatti miei piuttosto divertenti.
però, visto che lo scompiscio
mi si produce soprattutto a raccontarle
ora, che vi piaccia o no,
per mio puro solletico mentale
questa storia vecchia ma fresca fresca
mi sento quasi costretto a riferirvela.
il fatto è abbastanza semplice,
neanche tanto allegro e composto
di due piccole puntate.
stando a quanto m’ha riferito,
tra un bicchiere e l’altro,
il fratello più grande di me d’ott’anni tondi tondi,
accadde un tempo che per ben due volte
un antipatico e puzzolente manipolo di fascisti
palestrati, ma non troppo fisionomisti
scambiarono il fratello mio per me:
una volta m’attendevano
pazientemente sotto il portone di casa.
per salutarmi?
non credo: li avevo di recente
infastiditi
con qualcuno dei miei tranquilli
sberleffi politici preferiti.
fortunatamente, l’hermano
quando la combriccola
di mazzieri missini
gli si fece minacciosa intorno
con aliti e grugni vicini vicini
ebbe sufficiente
consapevolezza di sé
per rispondere alla domanda:
“ehi, tu! sei Pi?”
con un lucido e risolutorio:
“chi? io? no!”
nell’altra occasione,
invece,
gli imbecilli nostalgici del duce
intercettarono per caso il mio frate
in una via del centro leggermente in salita
e di nuovo lo scambiarono per Pi, cioè per me,
gli idioti.
in qualche maniera delle loro, da merde,
fattisi notare per le intenzioni deprecabili
e il numero soverchiante
lo indussero a percorrere due terzi
di quel corso centrale pendente
a una velocità, per loro ma anche per mio frate,
davvero sorprendente.
il capoccia della squadra di picchiatori
– un tipo, a essere oggettivi, né brutto né bello –
era grosso e gonfio di muscoli inutili
ma più lento di mio fratello…
di modo che quello che quasi per caso
adocchiarono sul corso scambiandolo per me
percorse un paio abbondante di chilometri
per mettersi tranquillo… veloce come un fulmine,
lasciandoli con un palmo di naso
o – per scialacquare cliché –
con un pugno di mosche in mano.
‘sta storia mi fa ridere e sinceramente
mi rende
anche un poco orgoglioso
dello stile pronto e sbrigativo di famiglia:
pensandoci, io non avrei saputo fare meglio
del mio astuto e sprintoso fratello.