Contro il lavoro che uccide: l’impegno Cobas

Il resoconto della riunione di Milano, il 5 ottobre

Il SI Cobas si impegna a realizzare gli obbiettivi della «Rete Nazionale Lavoro Sicuro»

La riunione ha avuto come obbiettivo la messa a punto delle linee organizzative per dare attuazione pratica alla difesa della salute. Lo spirito della «RETE» (*) è di promuovere la cultura della prevenzione e della sicurezza in ambito lavorativo e ambientale.

L’attuazione pratica del progetto è parte integrante della lotta di classe, non vuole essere la mera somma di studi e conoscenze specialistiche a cui delegare la sorveglianza e la denuncia di morti e infortuni crescenti che hanno cause e responsabilità da prevenire e rimuovere. È una pratica sociale e sindacale. Non è un territorio neutro, è invece un territorio da contendere a chi fa dello sfruttamento la ragione della sua esistenza.

Lo sfruttamento e il profitto da conseguire, costi quel che costi in termini di morti e feriti, sono un treno senza guida che le preghiere e le lacrime del giorno dopo non possono fermare.

La prevenzione e la sicurezza sono un territorio da difendere quotidianamente con la lotta per preservare vita, salute e capacità di lavoro, unica ricchezza per chi questa capacità è costretto a venderla al capitale. Questa lotta deve essere organizzata. Non ci si arriva disarmati. Nel regno della concorrenza sfrenata, un ruolo decisivo è svolto dall’RLS, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Oggi questa figura è solo una casella da spuntare nell’ipocrita gioco “democratico” che nasconde mancanza di controlli e licenze criminali. La designazione del ruolo è il più delle volte di nomina aziendale, affidata a membri della catena di comando imprenditoriale, in alcuni casi al figlio del padrone. Il DVR (documento valutazione del rischio) – che dovrebbe essere valutato e aggiornato da chi i rischi li corre quotidianamente – non è fruibile né dall’RLS né tanto meno dai lavoratori, al massimo è possibile consultarlo. Tutto è avvolto nella cripta dei segreti aziendali, nelle piccole e nelle grandi aziende. Questa è la realtà, nonostante la messe di leggi e normative suggellate in Testi Unici che recitano alti inni giurisprudenziali. Ma, ahinoi, al pari della Costituzione più bella del mondo, è solo un addobbo, un ornamento.

Partire dal ruolo dell’RLS e dal protagonismo dei lavoratori nel tutelare se stessi è una necessità, un arricchimento e completamento dell’azione del nostro sindacato. Lo studio delle disposizioni di legge può offrirci appigli per condurre una battaglia anche su questo piano, rivendicandone l’applicazione.

Non dimentichiamo che per lunghi periodi abbiamo condotto dure battaglie per l’applicazione di contratti non elaborati da noi ma dai sindacati confederali per poi migliorarli, ovviamente.

La stessa modalità di lotta deve esercitare l’azione ispirata dalla RETE. È la medesima lotta contestualizzata a questa area specifica.

L’allungamento dell’orario di lavoro è una porta spalancata agli incidenti perché, oltre una certa soglia fisica, aumenta la penosità del lavoro e la lucidità nel prevenirli.

La monetizzazione del sonno e del riposo è un attentato alla salute. Nella sanità, il ricorrere a turni di 12 ore sia di giorno che di notte, sommato all’incentivazione di gettoni, sta procurando danni all’equilibrio psicofisico e determina uno svilimento della qualità del servizio. In questo caso non è il manufatto a soffrirne ma le persone, condannate e trattate come cose. Questa, in sintesi, la cornice di riflessioni prodotte dai compagni. In chiusura del dibattito si sono precisati i passaggi organizzativi da attuare.

  1. Ricognizione dei nostri RLS. Sarà inviata una comunicazione a tutti i coordinamenti provinciali con la richiesta di fornire (velocemente) l’elenco dei nostri RLS e, qualora non ce ne fossero, i nominativi di delegati o altri lavoratori che vogliano impegnarsi in questa attività.
  2. Avviare corsi di formazione: a livello nazionale o provinciale. Chiederemo al dottor Vito Totire se può impegnarsi in tal senso.
  3. Dove è possibile, avviare delle sperimentazioni che abbiano come oggetto l’(auto)analisi dei gruppi omogenei di lavoratori (magazzino, reparto, ecc) per far emergere segni e sintomi che possano mettere in luce cause (da rimuovere) della patologia legata ad ambiti e pratiche di lavoro.
  4. Attivare sportelli presidiati da medici, tecnici e consulenti vari. Attivare l’archiviazione e lo studio di casi e sentenze.

     

(*) ne abbiamo scritto più volte, vedi qui Nasce la «Rete nazionale lavoro sicuro»… e qui «Rete nazionale lavoro sicuro»: il 22 a Firenze

Le immagini – scelte dalla “bottega” – sono di Enzo Apicella e Benigno Moi.

 

Redazione
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