Contro la commercializzazione della salute: il 7 aprile ci sarà…
… il settimo (e ultimo per ora) documento di lavoro europeo
testo ripreso da MEDICINA DEMOCRATICA (*)
DOCUMENTO DI LAVORO- foglio 7
La salute prima del mercato… … Cambiamo l’Europa!
Vogliamo un’Europa che risolva la carenza di personale sanitario proteggendo i paesi più deboli dalla fuga dei professionisti verso i paesi più ricchi.
Per la salute di tutte le popolazioni, assicurare condizioni salariali e di qualità del lavoro al personale sanitario locale per garantire una buona assistenza, rendere queste professioni sostenibili e ridare loro un’immagine di prospettiva per i giovani.
20230907 Campagna Rete Foglio 7-IT
Il ruolo dell’Europa
La pandemia da Covid-19 ha evidenziato che l’Europa detiene competenze determinanti nel settore della sanità pubblica, al di là di quanto previsto dall’articolo 152 del Trattato CE, che stabilisce che “è garantito un elevato livello di protezione della salute umana nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche e azioni della Comunità”.
Il principio fondamentale di libera circolazione dei professionisti e delle imprese dell’UE comporta gravi rischi per la salute pubblica. Alcune direttive cercano, ad esempio, di armonizzare i requisiti di formazione, ma il controllo in materia rimane principalmente di competenza nazionale. In un rapporto del Senato francese, si legge: “Nel quadro del Semestre europeo 2020, la relazione per la Francia pubblicata dalla Commissione europea il 26 febbraio scorso precisa infatti che le condizioni di accesso a determinate professioni regolamentate e diverse normative e tariffe non favoriscono gli investimenti. La Commissione aggiunge che queste restrizioni hanno un impatto negativo sulla dinamicità delle imprese, sulla competitività e sull’offerta di servizi professionali, a scapito del consumatore finale. Queste raccomandazioni vanno nella direzione delle osservazioni formulate dall’OCSE: liberalizzare di più le professioni regolamentate e continuare a semplificare le normative a loro applicabili potrebbe stimolare la crescita della produttività e aumentare il PIL pro capite. Questa assimilazione delle professioni sanitarie a qualsiasi altra attività economica e commerciale preoccupa i professionisti della salute che la ritengono incompatibile con l’esercizio della loro attività a vantaggio dei pazienti.”
Il personale sanitario, già sotto pressione a causa dei tagli ai sistemi sanitari imposti, in parte, dalle normative europee, ha pagato un ampio tributo alla pandemia, ovunque in Europa e nel mondo. Anche se la Commissione ha dovuto allentare i vincoli di bilancio sugli Stati e ha stanziato fondi significativi nell’ambito del piano di ripresa e resilienza, bisogna evidenziare che tali misure non sono riuscite a invertire davvero la restrittiva sui bilanci nazionali, e che una parte significativa di questi budget è di fatto indirizzata verso una dinamica di privatizzazione e commercializzazione della sanità.
Con l’inizio dell’invasione russa in Ucraina, la pressione sulle economie nazionali ed europee è aumentata: In poco tempo i budget originariamente destinati a migliorare le condizioni di lavoro del personale sanitario sono stati dirottati verso aumenti delle spese energetiche e budget militari.
Le conseguenze non si sono fatte attendere
Le difficoltà per le professioni sanitarie si sono diffuse ampiamente, nonostante gli applausi della prima ora. L’ uscita dalla crisi è stata catastrofica. Invece di mettere in atto misure per rivalutare come intervenire sul lavoro, di consentire al personale di prendersi una pausa e di offrire una vera prospettiva per migliorare le professioni stesse, la pressione della domanda di cura (patologie non trattate durante la pandemia) ed economica (redditi bloccati per i medici e molte altre discipline), hanno portato a un aumento dell’intensità lavorativa per tutte le attività sanitarie. Cosi, il personale –insufficiente- ha visto peggiorare ulteriormente le sue condizioni di lavoro, alimentando un circolo vizioso che ha portato a una quasi generale ulteriore diminuzione di personale, aggravata dalla percezione negativa tra i giovani che avrebbero potuto intraprendere queste professioni.
Le conseguenze includono anche un elevato tasso di assenteismo, spesso di lunga durata (burn-out, …) ma anche la fuga verso il lavoro a tempo parziale o verso altri settori professionali. La realtà del lavoro sul campo non è più compatibile con gli elementi che motivano più spesso il personale sanitario (aspetto umano, visione olistica, …). L’immagine negativa che ne deriva allontana ancora di più i giovani, che non riconoscono più queste professioni come professioni con una prospettiva. La carenza di personale, inoltre, crea un circolo vizioso di deterioramento delle condizioni di lavoro e delle cure.
A questo punto, non si tratta solo di trovare soluzioni per migliorare le condizioni di lavoro, ma di gestire effettivamente la carenza di professionisti, che sta influenzando sempre più la qualità delle cure e la loro accessibilità (liste d’attesa, desertificazione medica e infermieristica, concentrazione degli operatori in poche sedi, selezione delle patologie, …).
La tentazione per gli stati e le multinazionali diventa forte: andare a reclutare professionisti sanitari in paesi con un tenore di vita inferiore, sia in altri paesi europei (Romania, Polonia, Estonia, Portogallo, …) che del Sud (Filippine, Maghreb, …). In Romania, un quarto dei posti di medico è vacante. In alcune regioni della Bulgaria, rimane solo la metà del personale sanitario…
Le nostre priorità
- I bilanci degli Stati membri devono essere in grado di affrontare le sfide sanitarie di oggi e di domani (invecchiamento della popolazione, impoverimento, malattie croniche, mentali e professionali, ecc.), senza aumentare la pressione sul lavoro del personale sanitario.
- I meccanismi di solidarietà devono offrire un maggiore sostegno ai paesi meno ricchi, consentendo di garantire al loro personale sanitario condizioni di lavoro e salariali paragonabili a quelle dei paesi più ricchi.
- L’Europa deve imporre normative sul personale che garantiscano la qualità delle cure e condizioni di lavoro adeguate.
- Si tratta di armonizzare a livello europeo i salari e le condizioni di lavoro per consentire una vera libertà di circolazione dei professionisti.
- L’Europa deve limitare la possibilità ai professionisti sanitari di essere assunti in un paese dell’unione se se ciò mette a rischio i sistemi sanitari nei paesi più fragili.
- L’Europa deve vietare l’intervento di imprese private a scopo di lucro nel “traffico dei camici bianchi”, sia nei paesi di partenza che in quelli di destinazione.
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(*) ripreso da www.medicinademocratica.org/