Cosa c’è dietro la secretazione del Pentagono delle ispezioni alle atomiche in Italia?
di Angelo Baracca (*)
(Foto di US Army)
Una notizia diffusa della giornalista Stefania Maurizi, sempre informata e rigorosa – su «Repubblica online» [1] – sul segreto imposta dalla US Air Force e dal Joint Chiefs of Staff è indubbiamente degna di nota e inquietante ma il risalto che ha avuto su certi organi di stampa [2] appare a mio parere un po’ strumentale. Soprattutto a fronte del risalto enormemente minore che è stato dato – con ritardo e accompagnato da riserve – dello storico Trattato di proibizione delle armi nucleari (Tpan) stabilito il 7 luglio scorso a conclusione dei negoziati all’Onu, approvato da 122 Stati, quasi 2/3 terzi degli Stati membri dell’Onu.
Intanto, di che cosa si tratta? È (o dovrebbe essere) a tutti noto che gli Usa schierano in Italia (e in altri Paesi europei, ma in numero minore) bombe termonucleari B-61 a gravità, che addirittura stanno ammodernando con lo sviluppo della testata B-61-12 con un programma del costo di $ 10 miliardi. Questo schieramento viene “giustificato” in base al nuclear-sharing (condivisione nucleare) della Nato, con l’affermazione, sia pure pretestuosa, che esso sia autorizzato dal Trattato di Non Proliferazione (Tnp) del 1970.
Il discorso è lungo e complesso. Una prima domanda sorge spontanea: la formulazione del nuovo Tpan e anche il lungo negoziato che l’ha prodotto sono stati scandalosamente ignorati dai media nostrani (solo «Avvenire» ne ha dato tempestiva notizia, con grande risalto). Le scarse osservazioni che sono state fatte tendono a depotenziarne la portata, continuando invece a insistere sul vecchio Tnp (tipici a questo proposito il ritardo nel dare la notizia e le riserve espresse da «il manifesto», che ora dà un risalto sproporzionato alla presente notizia). È il caso di ricordare che la negoziazione del nuovo Tpan è stata indotta da una forte mobilitazione della società civile internazionale e voluta da una forte maggioranza dei Paesi non nucleari all’Onu, i quali erano ormai sfiduciati da decenni di insistenza per il rispetto del Tnp, che dal 1970 prevedeva con l’articolo VI «trattative in buona fede per arrivare al disarmo nucleare, e generale, totali»: negoziati mai avviati! Non solo, ma sotto il regime del Tnp la consistenza degli arsenali nucleari proliferò da 30.000 al numero demenziale di 70.000 nel 1985, e gli Stati nucleari proliferarono da 6 a 10! Insomma, nella realtà un trattato di proliferazione a uso e consumo degli Usa!
Dopo questi sintetici richiami, che ci sembrano doverosi, vediamo che cosa realmente è avvenuto sotto il regime 37ennale del Tnp: perché se può sembrare giusto chiedere il rispetto del Tnp, ci sembra non solo inutile, ma decisamente fuorviante, intestardirsi a chiedere da un trattato quello che evidentemente non dà, mettendo invece in secondo piano la novità storica del nuovo Tpan.
Intanto riporto (con il suo consenso) un’annotazione che ricevo dall’avvocato Claudio Giangiacomo della Ialana-Italia: «all’epoca del Tnp gli Usa non comunicarono l’esistenza degli accordi sul nuclear sharing che pare sia stato comunicato solo per via riservata all’Urss (che ovviamente lo sapeva già ma aveva interessi analoghi per i Paesi del Patto di Varsavia)». Ma c’è di più. La presenza delle testate nucleari sul territorio italiano rimanda necessariamente alla presenza e all’assetto giuridico delle basi militari statunitensi e Nato. Ebbene riporto brani di un articolo dell’avvocato Giangiacomo apparso nel Dossier di «Mosaico di Pace» sul numero di aprile scorso [3]: «la costruzione e gestione delle basi militari è regolata da convenzioni bi- o multilaterali tra i Paesi della Nato. [I quali] sarebbero dovuti essere stati assunti nelle forme previste dagli artt. 72 ed 80 della Costituzione italiana (procedimenti abbreviati solo in casi d’urgenza, e ratifica da parte delle Camere di trattati internazionali che importino variazioni del territorio od oneri alle finanze): invece è stata utilizzata la cosiddetta procedura semplificata, non prevista dalla Costituzione ma disciplinata dalla legge 11.12.1984 n. 839, senza però, come prescritto, procedere alla loro pubblicazione, sottraendoli così sia al controllo delle Camere che del Presidente della Repubblica. Solo nel 1995 venne firmato lo “shell agreement” (“accordo conchiglia”), l’accordo quadro fra Italia e Usa sulle basi in Italia, che venne poi pubblicato nel 1998 a seguito della gravissima strage del Cermis (quando un aereo militare americano volando a bassa quota troncò il cavo della funivia, causando 20 vittime). Rimane invece totalmente segreto il Bilateral Infrastrutture Agreement del 20.10.1954 che regola le condizioni dell’utilizzo delle basi americane in Italia, anch’esso approvato con la procedura semplificata. Pur limitandoci a quanto oggi noto, si può sicuramente affermare che le basi non possono in alcun modo ritenersi ‘extra territoriali’».
Inoltre, saltando altre osservazioni importanti, Giangiacomo afferma che «sia le istallazioni che le medesime operazioni ed attività delle forze ospitate [nelle basi militari Usa], anche per la parte posta sotto il Comando Usa, debbano rispettare le leggi vigenti in Italia, tanto che al Comandante italiano è rimesso il controllo del loro rispetto».
Da queste osservazioni risulta evidente la responsabilità diretta del governo italiano per le attività svolte nelle basi militari: tanto più, ci sembra, per l’autorizzazione di ordigni terribili come le testate termonucleari.
Dal nostro punto di vista, si conferma insomma come il Tnp funga nella sostanza come una cortina dietro la quale viene surrettiziamente “legittimata” la presenza delle armi nucleari sul nostro territorio. Giangiacomo rileva ancora come «indipendentemente dalla violazione del Tnp, la permanenza in Italia di ordigni nucleari sia effettuata in palese violazione della legge n. 185 del 9 luglio 1990 che espressamente prevede all’art. 1 comma 7: ‘Sono vietate la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione ed il transito di armi biologiche, chimiche e nucleari, nonché la ricerca preordinata alla loro produzione o la cessione della relativa tecnologia’. Sebbene al successivo comma 9 lett. c) del medesimo articolo si preveda una inapplicabilità della norma in relazione ai materiali di armamento e di equipaggiamento delle forze dei Paesi alleati, questa deroga è limitata al transito e non alla permanenza stabile nel territorio italiano».
In sostanza il governo italiano, anche nella discussione di mozioni al Senato sul nuovo Trattato, seguita a trincerarsi dietro il Tnp e rifiuta di aderire al nuovo Tnap, ignorando bellamente, in primo luogo, gli obblighi che derivano dalle sue proprie leggi.
Questa lunga premessa è per me propedeutica per capire che cosa comporti ora la secretazione dei report sulla sicurezza delle atomiche schierate in Italia (non sulla “dislocazione” come titola «il manifesto»). Osserva ancora Giangiacomo: «Paradossalmente la dichiarazione del segreto apposto dal Pentagono è una ammissione della loro presenza».
Infatti, il maggiore esperto, Hans Kristensen della Fas, precisa nell’ intervista effettuata da Vignarca su «il manifesto»: i report «ci confermano se una certa base abbia o meno missione nucleare. La US Air Force pubblicava tradizionalmente tali informazioni per le installazioni europee ma nel corso del tempo le ha ridotte, per rendere più difficile ad opinione pubblica (e potenziali avversari) capire quali unità fossero o meno nucleari. … Diverso quando un’intera unità fallisce un’ispezione: l’impressione di incompetenza che ne deriva è palese. Come nell’incidente del 2007 alla base di Minot, in cui sei missili nucleari da crociera vennero imbarcati per errore su un bombardiere e portati in giro per gli Stati uniti. A mio parere la decisione di secretare i risultati delle ispezioni cerca di evitare qualsiasi tipo di imbarazzo alle Forze Armate per questo tipo di errori».
Ma, di nuovo, il governo italiano è disposto o no a pretendere dagli Usa la permanenza stabile nel territorio italiano di armi nucleari, vietata dalla legge 185 del 9 luglio 1990? I pacifisti vogliono decidersi a pretendere dal nostro governo tale rispetto, invece di trincerarsi sul rispetto del Tnp, che finisce per fare il gioco del governo? E di schierasi compatti, invece, sull’adesione al Tpan, che dichiara l’assoluta illegalità delle armi nucleari, e impone agli Stati che intendano aderirvi di dichiarare «se ci sono armi nucleari sul proprio territorio o in qualsiasi luogo sotto la propria giurisdizione o controllo che siano possedute o controllate da un altro Stato» – all’articolo 2 comma c [4] – e ovviamente a pretenderne e garantirne la rimozione per aderire al Tnap. Ed è proprio questo che il governo non vuole, in ossequio ai voleri di Usa e Nato!
Last but not least, mi sia consentito di dire che l’eccessiva drammatizzazione della notizia in questione fa da pendant alla disinformazione sui principali rischi incombenti delle armi nucleari, il loro ammodernamento che è ben più massiccio e grave di quello delle B-61-12 (mille miliardi di $ a fronte di 10 miliardi!) nonché le migliaia di missili nucleari transcontinentali mantenuto in stato di allerta pronti al lancio immediato (launch on warning) con il rischio concretissimo di una guerra per errore: abbiamo già rischiato per lo meno una ventina di volte questo olocausto nucleare: sotto il regime vigente del Tnp!
[1] http://www.repubblica.it/esteri/2017/07/20/news/gli_usa_mettono_il_segreto_sulle_armi_atomiche_in_italia-171195615/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P6-S1.8-T1
[2] Ad esempio «il manifesto», https://ilmanifesto.it/pentagono-top-secret-la-dislocazione-delle-atomiche-in-italia/
[3] “Apocalisse nucleare?”, «Mosaico di Pace», aprile2017, http://www.mosaicodipace.it/mosaico/i/3765.html
[4] Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons, http://undocs.org/A/CONF.229/2017/8
(*) ripreso da www.pressenza.com/it/