Cosa fumano in Nuova Zelanda
di Gianluca Cicinelli
Ai molti moschettieri della dittatura sanitaria è sfuggita una notizia proveniente dalla Nuova Zelanda. Là il governo vuole introdurre una legge per impedire ai nati dopo il 2008 di cominciare a fumare sigarette, anche se la proposta di legge deve essere ancora valutata dal Parlamento. Ovviamente è dei laburisti, e come puoi sbagliare, quando c’è da vietare qualcosa nel mondo stai tranquillo che in prima fila a fare pollice verso c’è uno di sinistra, puoi farci una scommessa sopra. Il fumo, è il ragionamento di partenza, è la principale causa di morte tra quelle che si possono prevenire. Verissimo. Così non trovo contraddittorio, mentre mi accendo alle 9 del mattino la decima sigaretta della giornata, invitare chi legge a non fumare o a smettere, perchè lo sappiamo che fa male. Peccato che ci piaccia così tanto. Che è poi il centro della questione.
A parte l’insensatezza pratica della proposta neozelandese, visto che il fumo rientra tra quelle attività umane secolari che puoi ridurre all’illegalità ma non eliminare, senza estenderci al discorso droghe che differisce solo perchè la nicotina è legale anche se sempre droga è, la proposta riassume al suo interno tutta l’inettitudine culturale del nostro tempo, l’incapacità dei governi a gestire la vita quotidiana delle persone con il buon senso. A Tokyo, per esempio, il boss della Piala, impresa di salute e benessere, assicura ai suoi dipendenti non fumatori sei giorni di ferie extra per compensarli delle pause sigaretta dei colleghi fumatori, con l’obiettivo di incentivare coloro che fumano a smettere di fumare. Col cavolo che gli interessa la salute, al boss della Piala, la pausa sigaretta è un’insopportabile distrazione dalla produzione, è quella la bestemmia per un Ceo non certo il fatto che muori di cancro.
Sarebbe riduttivo indicare la Nuova Zelanda come un luogo in cui l’impatto ambientale contenuto permette ragionamenti lontani dal caos della produzione industriale intensiva del resto del mondo. Il conflitto e la guerra li conoscono anche a quelle latitudini, come dimostra la decisione presa la settimana scorsa dal governo, laburista, di inviare un contingente di 65 persone, fra agenti di polizia e militari, per sedare le violenze alle Isole Salomone scatenate dalla crisi economica, come parte di una missione di pace guidata dall’Australia con Papua Nuova Guinea e Figi. La Nuova Zelanda non è dunque un mondo a parte ma perfettamente inserito anche militarmente nel contesto mondiale.
E conoscono anche il conflitto delle vaccinazioni. Due settimane fa il governo ha incontrato i membri di maggior spicco delle gang locali, su tutte i Black Power guidati da Mark Pitman, per invitarli a promuovere la campagna di vaccinazione, e le gang adesso vanno in giro per il Paese promuovendo la campagna vaccinale anti covid. Sarebbe facile fare dell’ironia sul come e quindi la faccio, immagino gente con un occhio nero seduta e sedata dinanzi alla dose di vaccino che dichiara di essere felice di stare là. Sempre una settimana fa dopo 107 giorni di lockdown totale c’è stato il primo allentamento delle restrizioni Covid ad Auckland, la città principale della Nuova Zelanda. Perchè a me magari non mi dai retta ma a Mark Pitman nun je poi dì de no (vedi foto appena sotto il paragrafo). Insomma la Nuova Zelanda non è un mondo a parte è perfettamente inserita nella realtà mondiale.
Come tale, anticipando la tendenza neo vittoriana al divieto di vivere in atto nel mondo, non a caso la Nuova Zelanda fa parte del Commonwealth, ha deciso che la pericolosità di qualsiasi principio attivo va adeguata alla sua reperibilità. Geniale. Applicato a tutto meno che all’alcol, il cui consumo come si sa non è per niente pericoloso, anzi fatevi un goccetto e se finite la bottiglia potete comprarne un’altra a qualsiasi ora del giorno e della notte sotto casa (anche se il concetto di sotto casa in Nuova Zelanda è un po’ diverso che qua). Qualche politico più astuto sospetta che il divieto possa incentivare il contrabbando. Sospetta.
Spero di non dover ribadire di essere totalmente favorevole al vaccino contro il covid. Lo sono perchè tra i tanti modi in cui non voglio morire ci sono soprattutto quelli non causati da me. Sono però a favore del principio di ammazzarmi come mi pare e fare della mia vita ciò che voglio basta che non sia a scapito di altri. E’ un concetto semplice, soggettivo, intuitivo, persino liberale più che libertario. A cui si oppone da decenni la linea politica delle sinistre moderate di governo nel mondo.
L’anarchia, quella vera spero tornerá in gran voga.
É tempo di trovare nuove forme di autogoverno