CPR: porto franco del diritto, anche alla salute

Medicina Democratica porta all’attenzione la chiara ricostruzione della rete “No Lager – No CPR” sulla criminale situazione nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio.

E’ pacifico che il modo in cui sono trattati gli ultimi (migranti, fragili, poveri ….) è indice della civiltà di uno Stato degno di questo nome ed è paragone per misurare il livello del diritto e della democrazia:

<< Se fosse posta la domanda “Secondo Lei in Italia è ammessa la sanzione della privazione della libertà personale in assenza di commissione o imputazione di un reato?”, probabilmente la stragrande maggioranza degli intervistati negherebbe con determinazione tale circostanza, certa di vivere in un Paese dalle solide radici democratiche.

Se poi fosse fatto presente il contrario – cioè che nel nostro Paese è invece possibile il trattenimento in una struttura carceraria a fronte di un mero illecito amministrativo e che questo (che si chiama “detenzione amministrativa”) è un trattamento riservato alle persone nate in paesi extra UE, sorprese senza un valido titolo di soggiorno, ai fini della loro deportazione al paese di provenienza – ecco che scommettiamo che si stenterebbe a crederlo, non apparendo verosimile l’esistenza nel nostro ordinamento di una così grave espressione – quasi anacronistica e tetramente evocativa – di razzismo istituzionale.

Eppure, queste clamorose eccezioni all’art. 13 della Costituzione, che tutela l’inviolabilità della libertà personale, esistono eccome: se ne trovano esempi nelle c.d. “navi quarantena, negli “hotspot”, nelle “aree sterili” degli aeroporti internazionali; ma soprattutto tale aberrazione giuridica trova il suo emblema in quelle fortezze impenetrabili e senza legge che sono i CPR (Centri di Permanenza per il Rimpatrio), dove il trattenimento viene eseguito in regime assai simile a quello di massima sicurezza, in sostanziale isolamento dall’esterno, e fino a 120 giorni, in alcuni casi anche fino ad un anno, per i richiedenti asilo.

In Italia ve ne sono dieci (a Milano, Roma, Torino, Gradisca d’Isonzo, Macomer, Bari, Brindisi, Potenza, Caltanissetta, Trapani) ed in tutti si registrano sistematicamente quotidiani abusi: così è, costantemente, dall’istituzione, con la legge Turco-Napolitano nel 1998, di questo istituto, che attraverso varie denominazioni (le più note: CPT e CIE, prima di CPR) è giunto ai nostri giorni lasciando nel silenzio una lunga scia di sangue. Sono oltre trenta, ad oggi, i morti di detenzione amministrativa, per suicidio (l’ultimo, lo scorso 31 agosto 2022 a Gradisca: un pakistano di 28 anni) o per il “classico” non meglio precisato “arresto cardiaco”: d’altronde, troppo lontana e troppo priva di mezzi economici – quando esiste e viene avvisata – è per lo più la famiglia, per poter reclamare giustizia, e spesso anche per poter rivendicare un corpo da seppellire. …. >>

Qui il testo integrale del contributo

articolo no cpr

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