Crimini fascisti in Jugoslavia
Un appello alle istituzioni, un articolo di Davide Conti e la mostra virtuale «A ferro e fuoco»
Appello per un riconoscimento ufficiale dei crimini fascisti durante l’invasione della Jugoslavia da parte dell’esercito italiano (con le prime 133 firme)
Presidenza della Repubblica
Presidenza del Consiglio dei Ministri
Senato della Repubblica
Camera dei Deputati
Ministero della Difesa
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
APPELLO
ALLE ISTITUZIONI PER UN RICONOSCIMENTO UFFICIALE DEI CRIMINI FASCISTI IN
OCCASIONE DELL’OTTANTESIMO ANNIVERSARIO DELL’INVASIONE DELLA
JUGOSLAVIA DA PARTE DELL’ESERCITO ITALIANO
Quest’anno ricorre l’ottantesimo anniversario dell’invasione della Jugoslavia da parte dell’esercito italiano, avvenuta il 6 aprile 1941. Durante l’occupazione fascista e nazista, e fino alla Liberazione nel 1945, in questo territorio si contano circa un milione di morti. L’Italia fascista ha contribuito indirettamente a queste uccisioni con l’aggressione militare e l’appoggio offerto alle forze collaborazioniste che hanno condotto vere e proprie operazioni di sterminio. Ma anche direttamente con fucilazioni di prigionieri e ostaggi, rappresaglie, rastrellamenti e campi di concentramento, nei quali sono stati internati circa centomila jugoslavi.
Come studiosi di storia contemporanea, esperti del tema e figure professionali impegnate nella conservazione attiva della memoria siamo convinti che nei decenni passati non si sia raggiunta una piena consapevolezza di questi crimini, commessi purtroppo anche in nome dell’Italia. La Repubblica Italiana non ha mai espresso una netta condanna, né una presa di distanza radicale da queste atrocità: non sono stati istituiti giorni commemorativi, né sono state compiute visite di Stato in luoghi della memoria dei crimini fascisti in Jugoslavia.
Chiediamo dunque al Presidente della Repubblica e ai rappresentanti delle principali istituzioni una presa di coscienza di questo dramma storico rimosso. L’ottantesimo anniversario sarebbe l’occasione ideale per farsi carico della responsabilità storica di pratiche criminali che erano il frutto di una logica politica, fascista e nazionalista, che noi oggi fermamente condanniamo, in nome dei valori costituzionali che fondano il patto di cittadinanza democratica. Una dichiarazione pubblica o una visita ufficiale (per esempio al campo di concentramento di Arbe, sull’isola di Rab, dove morirono di fame e di stenti circa 1400 persone, in buona parte donne e bambini) avrebbero un notevole significato simbolico e dimostrerebbero il senso di responsabilità delle nostre istituzioni e il riconoscimento della sofferenza inflitta ai popoli della Slovenia, della Croazia, del Montenegro, della Bosnia ed Erzegovina. Nel solco dei precedenti incontri ufficiali che hanno avuto luogo negli anni passati, dal noto “concerto dei tre presidenti” del 2010 alla visita a Basovizza nel luglio 2020, questa dichiarazione rappresenterebbe un ulteriore passo in avanti sulla strada della riconciliazione europea e di una più ampia comprensione dei processi storici.
FIRME (IN ORDINE ALFABETICO)
- Enrico Acciai, Università di Roma “Tor Vergata”
- Giulia Albanese, Università di Padova
- Marco Albeltaro Università di Torino
- Kornelija Ajlec, Univerza v Ljubljani (UL), Filozofska fakultete (FF), Oddelek za zgodovino / Università di Lubiana, Facoltà di arte e scienze umane, Dipartimento di storia
- Mauro Annoni, presidente Istituto di storia contemporanea di Pesaro
- Gorazd Bajc, Univerza v Mariboru (UM), FF, Oddelek za zgodovino / Università di Maribor, Facoltà di arte e scienze umane, Dipartimento di storia
- Bojan Balkovec, UL, FF, Oddelek za zgodovino
- Stefano Bartolini, Fondazione Valore Lavoro
- Alberto Basciani, Università Roma Tre
- Mateo Bratanić, Università di Zara/Zadar
- Andrea Bellavite, sindaco di Aiello del Friuli
- Barbara Berruti, storica
- Davide Bertok, Mondo Senza Guerre e Senza Violenza
- Corrado Binel, Istituto Storico della Resistenza in Valle d’Aosta
- Albert Bing, Hrvatski institut za povijest
- Neja Blaj Hribar, Inštitut za novejšo zgodovino, (INZ) Ljubljana / Istituto di storia contemporanea
- Corrado Borsa, Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza
- Maja Božič, UL, FF, Oddelek za zgodovino
- Luigi Bruti Liberati, Università degli Studi di Milano
- Marco Buttino, storico
- Slavko Burzanović, Università del Montenegro, Podgorica
- Carlo Spartaco Capogreco, Università della Calabria
- Franco Cecotti, vice presidente ANED Trieste
- Lev Centrih, Univerza na Primorskem (UP), Fakulteta za humanistične študije (FHŠ), Oddelek za zgodovino / Università del Litorale, Facoltà di scienze umane, Dipartimento di storia
- Denis Cerkvenik, ZRS Koper, Inštitut za zgodovinske študije
- Luisa Chiodi, direttrice Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa
- Chiara Colombini, storica
- Davide Conti, storico
- Marco Cuzzi, Università degli studi di Milano
- Dragica Čeč, Znanstveno raziskovalno središče (ZRS) Koper, Inštitut za zgodovinske študije / Centro di ricerche scientifiche Capodistria, Istituto di studi storici
- Zdenko Čepič, INZ, Ljubljana
- Štefan Čok, Biblioteca Nazionale Slovena e degli Studi, Trieste
- Giovanni De Luna, storico
- Anna Di Gianantonio, presidente ANPI Gorizia
- Costantino Di Sante, Istituto Storico Provinciale del Movimento di Liberazione di Ascoli Piceno
- Matteo Dominioni, storico
- Walter Falgio, Istituto sardo per la storia dell’antifascismo e della società contemporanea
- Mitja Ferenc, UL, FF, Oddelek za zgodovino
- Francesco Filippi, storico
- Marcello Flores, storico
- Filippo Focardi, Università di Padova
- Giovanni Focardi, Università di Padova
- Paolo Fonzi, Università del Piemonte Orientale
- Luigi Ganapini, storico
- Gigi Garelli, Istituto Storico della Resistenza di Cuneo
- Jure Gašparič, INZ, Ljubljana
- Fabio Giomi, Collège de France, Parigi
- Andrea Giuseppini, Associazione Topografia per la Storia
- Tilen Glavina, ZRS Koper, Inštitut za zgodovinske študije
- Eric Gobetti, storico
- Federico Goddi, Università di Pisa
- Carlo Greppi, Istituto nazionale Ferruccio Parri
- Jurij Hadalin, INZ, Ljubljana
- Isabella Insolvibile, Istituto nazionale Ferruccio Parri
- Aleksandra Ivić, promotrice della storia e della letteratura jugoslava
- Aleksandar Jakir, Sveučilište u Splitu / Università di Spalato
- Branimir Janković, Università di Zagabria
- Zdravka Jelaska Marijan, Hrvatski institut za povijest
- Milica Kacin Wohinz, INZ, Ljubljana
- Aleksej Kalc, Znanstveno raziskovalni center Slovenske akademija znanosti in umetnosti (ZRC SAZU) / Centro di ricerche scientifiche della Accademia slovena delle scienze e delle arti
- Dušan Kalc, giornalista e vicepresidente provinciale ANPI di Trieste
- Tjaša Konovšek, INZ, Ljubljana
- Marco Labbate, Università di Urbino, vicedirettore Istituto di storia contemporanea di Pesaro
- Urška Lampe, Università Ca’ Foscari di Venezia
- Giuseppe Lorentini, Centro di documentazione del campo di concentramento fascista di Casoli
- Maja Lukanc, INZ, Ljubljana
- Oto Luthar, ZRC SAZU
- Simone Malavolti, Associazione pAssaggi di Storia
- Giuseppe Manias, Biblioteca Gramsciana di Ales
- Branko Marušič, ZRC SAZU
- Laura Marzi, Sindaco del Comune di Muggia
- Peter Mikša, UL, FF, Oddelek za zgodovino
- Franko Mirošević, povijesničar/storico
- Ivo Mišur, povijesničar/storico
- Gašper Mithans, ZRS Koper, Inštitut za zgodovinske študije
- Dušan Mlacović, UL, FF, Oddelek za zgodovino
- Boris Mlakar, INZ, Ljubljana
- Dušan Nećak, UL, FF, Oddelek za zgodovino
- Simone Neri Serneri, Università di Firenze
- Nadia Olivieri, Istituto veronese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea
- Oskar Opassi, ZRS Koper, Inštitut za zgodovinske študije
- Mila Orlić, Università di Fiume-Rijeka
- Amedeo Osti Guerrazzi, storico
- Cesare Panizza, Università di Verona
- Tomaž Pavlin, Zgodovinsko društvo Ljubljana / Società storica di Lubiana
- Santo Peli, Università di Padova
- Egon Pelikan, ZRS Koper, Inštitut za zgodovinske študije
- Tea Perinčić, Pomorski i povijesni muzej Hrvatskog primorja Rijeka / Museo Marittimo e Storico del Litorale Croato Fiume
- Hrvoje Petrić, povijesničar/storico
- Stefano Petrungaro, Università Ca’ Foscari di Venezia
- Paolo Pezzino, Presidente dell’Istituto Nazionale Ferruccio Parri
- Niccolò Pianciola, Nazarbayev University
- Jože Pirjevec, ZRS Koper, Inštitut za zgodovinske študije, Centro di ricerche scientifiche di Capodistria
- Milovan Pisarri, Centre for Public History di Belgrado
- Armando Pitassio, Università degli studi di Perugia
- Carla Poncina, Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Vicenza
- Martin Premk, Vojaški muzej Slovenske vojske / Museo militare dell’Esercito sloveno
- Jure Ramšak, ZRS Koper, Inštitut za zgodovinske študije
- Mateja Ratej, ZRC SAZU
- Meta Remec, INZ, Ljubljana
- Božo Repe, UL, FF, Oddelek za zgodovino
- Mateja Režek, ZRS Koper, Inštitut za zgodovinske študije
- Luciana Rocchi, Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’età contemporanea-ISGREC
- Giorgio Rochat, Storico
- Davide Rodogno, Graduate Institute of International and Development Studies di Ginevra
- Drago Roksandić, Sveučilište u Zagrebu
- Francesca Rolandi, Istituto e Archivio Masaryk dell’Accademia delle scienze della Repubblica Ceca
- Toni Rovatti, Università di Bologna
- Vida Rožac Darovec, ZRS Koper, Inštitut za zgodovinske študije
- Paolo Rumiz, scrittore
- Sabine Rutar, Institute for East and Southeast European Studies, Regensburg
- Karlo Ruzicic-Kessler, Libera Università di Bolzano
- Giacomo Scotti, scrittore
- Irena Selišnik, UL, FF, Oddelek za zgodovino
- Livio Isaak Sirovich, ricercatore
- Catia Sonetti, Direttrice Istoreco di Livorno
- Carlo Spagnolo, Università di Bari
- Stojan Spetič, Senatore X legislatura
- Matteo Stefanori, Università della Tuscia
- Urška Strle, UL, FF, Oddelek za zgodovino
- Barbara Šatej, UL, FF, Oddelek za zgodovino
- Kaja Širok, UL, FF, Oddelek za sociologijo
- Viljenka Šnuderl Škorjanec, Gimnazija Bežigrad, Ljubljana / Liceo Bežigrad, Ljubljana
- Marko Štepec, Muzej novejše zgodovine Slovenije /Museo di storia contemporanea della Slovenia
- Nevenka Troha, Istituto per la storia contemporanea di Lubiana / INZ, Ljubljana
- Fabio Vallon, presidente ANPI – VZPI Trieste
- Marta Verginella, Università di Lubiana
- Anna Maria Vinci, storica
- Blaž Vurnik, Mestni muzej Ljubljana / Museo della città di Lubiana
- Marko Zajc, INZ, Ljubljana
- Andrea Zannini, Università di Udine
- Žiga Zwitter, UL, FF, Oddelek za zgodovino
- Salvator Žitko, Zgodovinsko društvo za južno Primorsko / Società storica per il Litorale
ENTI:
-Istituto Nazionale Ferruccio Parri (Rete degli Istituti per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea – 65 enti associati)
-Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa
-Pomorski i povijesni muzej Hrvatskog primorja Rijeka / Museo Marittimo e Storico del Litorale Croato, Fiume
-Znanstveno raziskovalni center Slovenske akademija znanosti in umetnosti / Centro di ricerche scientifiche della Accademia slovena delle scienze e delle arti
-Znanstveno raziskovalno središče (ZRS) Koper, Inštitut za zgodovinske študije / Centro di ricerche scientifiche Capodistria, Istituto di studi storici
-Zgodovinsko društvo Ljubljana / Società degli storici di Lubiana
-Zgodovinsko društvo za južno Primorsko / Società degli storici del Litorale
-Istoreco – Reggio Emilia
-Associazione culturale “Tina Modotti” – ODV (Trieste)
-Centro studi movimenti di Parma
-Archivi della Resistenza
-Istituto Di Storia Contemporanea Pier Amato Perretta (Como)
-Casa della Memoria di Brescia
Italiani brava gente, criminali impuniti
di Davide Conti (*)
Il 6 aprile 1941 l’invasione nazifascista della Jugoslavia. Un appello di storici chiede giustizia per le atrocità che furono compiute allora. La «continuità dello Stato» del dopoguerra: nessuno pagò per stragi e violenze. Mussolini annunciò già nel ’20: politica del bastone contro la razza slava, inferiore e barbaraIl 6 aprile 1941 divisioni tedesche e italiane invadevano la Jugoslavia dividendola in zone di occupazione. L’Italia monarchico-fascista costituì la «provincia italiana di Lubiana» in Slovenia annettendo al regno di casa Savoia, dal luglio 1941, anche il Montenegro.
Iniziò così l’occupazione della Jugoslavia che non solo completò l’aggressione del regime ai Balcani, iniziata nel 1939 in Albania e seguita nel 1940 in Grecia, ma rappresentò il correlato storico-politico del «fascismo di frontiera» emerso negli anni Venti con lo squadrismo e sintetizzato nei suoi obiettivi da Mussolini nella visita a Pola del 22 settembre 1920: «Di fronte ad una razza come la slava, inferiore e barbara non si deve seguire la politica che da lo zuccherino, ma quella del bastone (…) si possono più facilmente sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani».
IN LINEA con questo impianto ideologico le truppe del regio esercito, le autorità di polizia, i carabinieri e le milizie fasciste dei battaglioni «M» disposero su tutto il territorio le misure della «guerra ai civili», che lo stesso popolo italiano avrebbe poi drammaticamente conosciuto durante l’occupazione nazista. Fucilazioni di civili e partigiani, deportazioni di massa (100.000 jugoslavi trasferiti nei campi d’internamento italiani), incendio e saccheggio delle città e dei villaggi (nel febbraio 1942 l’intera città di Lubiana venne circondata da una «cintura» di filo spinato e posti di blocco e poi razziata), stragi (il 12 luglio 1942 a Podhum 108 fucilati e oltre 800 deportati; a Niksic e in altre città del Montenegro fucilazione di 95 comunisti e 200 civili tra il 20 giugno 1942 e il 25 giugno 1943) violenze e abusi sulla popolazione (nella sola Lubiana morirono 33.000 persone pari al 10% dei suoi abitanti) assunsero un carattere sistemico codificato dalle disposizioni della «circolare 3C» firmata dal generale Mario Roatta, già capo del Servizio Informazioni Militari, guida delle truppe fasciste in Spagna e poi al vertice della II Armata di occupazione in Croazia.
L’OCCUPAZIONE MILITARE costò alla Jugoslavia oltre un milione di morti mentre in tutta l’area dei Balcani i crimini di guerra compiuti dal regio esercito e dalle autorità italiane contribuirono da un lato al rincrudimento delle misure di repressione e controguerriglia antipartigiana e dall’altro ad alimentare la Resistenza militare e civile delle popolazioni in Albania, Grecia e Jugoslavia.
Nel maggio 1942 su La Voce del Montenegro il generale Alessandro Pirzio Biroli da «governatore» della regione scriverà: «Tutto il popolo sappia che ogni partigiano, ogni collaboratore, informatore e simpatizzante dei partigiani sarà fucilato sul luogo della cattura». Dal canto suo Mussolini il 31 luglio 1942 a Gorizia aveva ordinato ai generali: «Al terrore dei partigiani si deve rispondere col ferro e col fuoco. Deve cessare il luogo comune che dipinge gli italiani come sentimentali incapaci di essere duri (…) questa popolazione non ci amerà mai (…). Questo territorio deve essere considerato territorio di esperienza. Non vi preoccupate del disagio della popolazione, lo ha voluto! Ne sconti le conseguenze».
Al termine del secondo conflitto mondiale le Nazioni Unite stilarono un lungo elenco di criminali di guerra italiani che solo per la Jugoslavia comprendeva 750 nomi (generali, ufficiali dell’esercito, carabinieri, questori, camicie nere) a cui si aggiungevano i 142 iscritti nelle liste dell’Albania, i 111 della Grecia, i 12 dell’Urss.
Le ragioni della Guerra Fredda, la nuova collocazione geopolitica di Roma e la sistematizzazione dell’anticomunismo di Stato permisero ai governi dell’Italia post-bellica di non estradare i criminali nei Paesi che ne facevano richiesta; evitare processi presso un tribunale internazionale; non pagare i risarcimenti alle vittime ed agli Stati nonostante le disposizioni del Trattato di Pace di Parigi del 1947. Così la «mancata Norimberga italiana» rappresentò un vulnus storico nella stessa radice di nascita della democrazia repubblicana alimentando il falso mito degli «italiani brava gente», consentendo l’impunità dei criminali ed il loro reinserimento negli apparati delle Forze Armate, dei servizi segreti e delle forze dell’ordine sostanziando una «continuità dello Stato» che incise fortemente sul carattere e la qualità della nostra democrazia nei decenni successivi, tanto che diversi criminali di guerra furono coinvolti nelle stragi e nei tentativi di colpo di Stato degli anni Settanta.
OTTANT’ANNI DOPO l’occupazione della Jugoslavia, un appello di centinaia di storici e studiosi chiede alle istituzioni e al Paese un atto di coraggio in grado di rielaborare sul piano pubblico questo tragico passato rimosso, assumendo come memoria storica collettiva le responsabilità per i crimini compiuti dal fascismo contro altri popoli in un’ottica di superamento dei nazionalismi, di valorizzazione del dettato costituzionale in ordine al ripudio della guerra, di liquidazione tanto etico-morale quanto politico-sociale del fascismo.
(*) pubblicato sul quotidiano «il manifesto»
Devastazioni prodotte dall’esercito italiano. Un’immagine proveniente dal Museo nazionale di storia contemporanea della Slovenia
LA MOSTRA «A FERRO E FUOCO»
La mostra virtuale «A ferro e fuoco» racconta l’occupazione italiana della Jugoslavia tra il 1941 e il 1943 grazie a 200 immagini, 25 testimonianze d’epoca e 81 interviste ai maggiori studiosi dell’argomento: Giancarlo Bertuzzi, Giulia Caccamo, Štefan Cok, Marco Cuzzi, Costantino Di Sante, Filippo Focardi, Eric Gobetti, Federico Goddi, Brunello Mantelli, Luciano Monzali, Jože Pirjevec, Guido Rumici, Nevenka Troha, Anna Maria Vinci. Il progetto è stato curato dallo storico Raoul Pupo. Realizzata dall’Istituto Parri, dall’Istituto regionale per la storia della Resistenza del Fvg e dal Dipartimento di scienze politiche dell’Università di Trieste, la mostra è visitabile su www.occupazioneitalianajugoslavia41-43.it.
Un immenso grazie ai curatori di questa importante mostra. Mostra utilissima in questo Paese di smemorati.
Ringrazio chi si è occupato dell’appello. Sottoscrivo!!!!!!!
Giancarla Codrignani
L’appello va accompagnato al sollecito alla RAI a presentare il film “fascist Legacy” curato
da Massimo Sani ormai vari anni fa sui crimini commessi dai fascisti in Jugoslavia.
La RAI lo ha incamerato e mai presentato nonostante la pressione di autorevoli firmatari
di appelli, a partire da Claudio Pavone, Moni Ovadia etc. Antonia Sani
È DOVEROSO RICORDARLO! GLI ITALIANI ASSOLDATI DA MERCENARI FASCISTI HANNO CONTRIBUITO ALL’EPURAZIONE ETNICA. ALTRO CHE BRAVA GENTE!
https://www.youtube.com/watch?v=-MUF2llLTD8
Il fascismo e non il comunismo fu la causa delle foibe.