CRONACA MINIMA DA UN VENTENNIO: 6 – LUGLIO 1923 (A PROPOSITO DI CENSURA)
Questa rubrica intende proporre una serie di articoli che il Popolo d’Italia ha pubblicato durante il Ventennio. Notizie minori relegate nelle pagine interne, senza commenti perché per tono e per linguaggio sono notizie che si commentano da sé. Un viaggio nella cronaca quotidiana del fascismo.*
a cura di Massimo Lunardelli
18 luglio 1923 – pag. 3
Dopo il discorso con il quale, poderosamente, il Presidente del Consiglio ha messo il suggello alle logomachie della prolissa oratoria parlamentare e dopo lo spiegamento di una opposizione parlamentare che ha minacciato ferro e fiamme ed ha finito per soggiacere alla suggestione ed alla ferma polemica del Capo del Governo, si può riparlare del recente decreto sulla stampa.
Sotto qualunque cielo e regime politico recente o passato, un governo il quale avesse avuto intenzione di mettere il bavaglio come si è scritto in questi giorni, alla stampa, si sarebbe ben guardato dal farlo alla vigilia di una battaglia parlamentare come quella che si è conclusa domenica.
Sotto qualunque cielo e regime, il Governo che avesse avuto una così malvagia intenzione avrebbe mantenuto intorno ad essa il massimo riserbo per non impegnarsi in una battaglia quando era già impegnato in un’altra.
Il regime fascista, mentre i nostri avversari interni si fregavano le mani in silenzio, crogiolandosi nella speranza che il Parlamento riuscisse a battere il Governo sul progetto di riforma elettorale, e mentre i nostri nemici esterni speravano che il Fascismo, spossato dalla vittoria e dalla responsabilità del potere, crollasse sotto gli attacchi concentrici degli estremi di destra e di sinistra, in regime fascista il Governo darà, a tutto suo rischio e pericolo, una prova di volontà e di forza sfidando una volta di più i suoi avversari sulla questione della libertà di stampa.
Ed a pochi giorni dalla promulgazione del decreto, – già firmato dal Re – col quale si sopprimono i gerenti testa di cavolo e si rende impossibile, per esempio, alla Voce Repubblicana, di stampare che lo Stato Maggiore italiano si prepara ad assaltare Fiume, il Presidente del Consiglio, con la calma che gli è abituale, pronuncia parole che hanno per i nostri avversari e nemici il sapore di una burla. Il decreto sulla stampa, – dice il Presidente – è nelle mie mani bell’è firmato. Ma non ho fretta di servirmene. Voglio prima vedere se il giornalismo politico è capace di far giudizio. Userò il ferro chirurgico se mi parrà che la sua malattia sia incurabile.
Ora tocca al giornalismo italiano di dare al Governo la prova di meritare la libertà. Se questa prova fallirà, la colpa non sarà del Governo, ma del giornalismo.
Frattanto i nostri colleghi che si sentono offesi dal recente decreto, leggano che cosa scrive in proposito un giornale francese, il Gaulois:
“Quale grande servizio il signor Mussolini rende ai nostri colleghi del Secolo, del Messaggero, del Giornale d’Italia, eccetera, imponendo di controllare le loro parole e la sorgente delle loro notizie! Ah, se gli italiani volessero prestarci il loro dittatore, almeno fino alle prossime elezioni!”
Ma anche i giornalisti italiani si convinceranno, di buona o di mala voglia, che una libertà di stampa sconfinata è assurda e, spesso, criminale.
* Il Popolo d’Italia, il giornale fondato da Mussolini nel novembre 1914, è stato durante il Ventennio la più autorevole voce del Fascismo. Nato agli inizi della Prima guerra mondiale come organo dei socialisti interventisti, ha seguito l’evoluzione politica del suo fondatore.
Un giornale di partito, ma anche di famiglia. Dopo Mussolini, che l’ha diretto fino all’ottobre del 1922, si sono succeduti alla direzione il fratello Arnaldo (novembre 1922-dicembre 1931) e il nipote Vito, figlio di Arnaldo (dicembre 1931-luglio 1943). La sede del Popolo d’Italia è sempre stata a Milano: la prima in un caseggiato fatiscente in via Paolo da Cannobbio, una viuzza dietro piazza Duomo, l’ultima in un lussuoso palazzo in piazza Cavour, edificato negli anni di massimo splendore del regime. Il giornale cessò le pubblicazioni il 26 luglio del ’43, all’indomani dell’arresto di Mussolini deciso dal re. Chiuderlo fu uno dei primi provvedimenti presi dal nuovo capo del governo Pietro Badoglio.
Rimando la nota, rivista, in sostituzione di quella precedente.
Questa mattina sul quotidiano locale La Sicilia era pubblicato un necrologio che annunciava una messa in ricordo di Benito Mussolini in una centralissima Chiesa catanese.
Valutazioni e prese di posizioni.
Poi il comunicato stampa che annulla la messa
Arcidiocesi di Catania
COMUNICATO STAMPA
Catania: Arcivescovo Renna annulla Messa in memoria di Mussolini e chiude la Chiesa Santa Caterina
La Santa Messa (annunciata oggi in un necrologio pubblicato sul quotidiano “La Sicilia”) prevista nella Chiesa “Santa Caterina” a Catania, per ricordare Benito Mussolini, è stata annullata.
La decisione è stata presa dall’arcivescovo Luigi Renna, dopo avere appreso della celebrazione dall’avviso stampa. Lo stesso Renna ha anche disposto la chiusura della chiesa nel pomeriggio di domenica 28 aprile fino al giorno dopo.
La decisione è motivata da Mons Renna per evitare che a margine di una Messa di suffragio ci possano essere non opportune esternazioni ideologiche che nel recente passato hanno avuto degli spiacevoli precedenti
Catania, 28 Aprile 2024
Nota Ansa
https://www.google.com/amp/s/www.ansa.it/amp/sicilia/notizie/2024/04/28/messa-in-ricordo-della-morte-di-mussolini-annullata-a-catania_e269d2a4-5865-41a9-b44b-e9201e60d55e.html
Gia’ era successo nella stessa Chiesa il 28 aprile 2016
https://www.patriaindipendente.it/cronache-antifasciste/il-diavolo-in-chiesa-messa-per-mussolini-a-catania-saluti-romani-dallaltare/