Cronache del G7 (+ Blackrock, uno dei padroni universali)
articoli e video di Raniero La Valle, Manlio Dinucci, Danilo Torresi, Jacques Baud,Pierluigi Fagan, Alberto Bradanini, Elena Basile
foto dal G7 Italia: morti che camminano
L’INTELLIGENZA È FINITA – Raniero La Valle
Pierluigi Fagan – G7: COMMEDIA COL MORTO
G7: COMMEDIA COL MORTO. Volevo titolare il post “La realtà non è come ci appare” bel titolo di un libro tra quelli iniziali di Carlo Rovelli, vale in fisica come in politica, anzi forse in politica vale anche di più. Ma il fatto ci sia un morto reclama la nostra attenzione. Vi consiglio di arrivare fino in fondo, anche il post non è così come vi apparirà all’inizio.
E così siamo passati in una settimana dalla Terza guerra mondiale EU vs Russia, alla Meloni che rassicura Mosca sulla questione degli asset finanziari dicendo rincuorante: “non si tratta di una confisca ma di profitti che maturano”. Spieghiamo.
All’indomani dell’inizio del conflitto ucraino, l’Occidente ha congelato tutti i depositi russi presso le proprie banche, circa 300 mld US$. Biden annuncia più volte che saranno sequestrati e dati a Kiev per ripagare i costi della guerra. Fisicamente stanno per lo più in banche europee, in Belgio per lo più. Mosca spiega che ne ha altrettanti di imprese europee a casa propria e farà pan per focaccia. Gli europei, quindi, dicono a Biden di darsi una regolata. Biden abbozza ma poi torna alla carica dicendo di usare almeno gli interessi che i depositi hanno creato, già perché hanno lavorato i depositi russi come fossero di un normale correntista, li hanno investiti e quindi hanno generato profitti finanziari, interessi. Questo Biden aveva annunciato voleva si decidesse al G7 sequestrare almeno gli interessi. I cinesi hanno fatto sapere che a quel punto Europa sarebbe stato ritenuto un soggetto finanziariamente pirata ed avrebbero riconsiderato le loro posizioni. Così ieri i G7 hanno deciso che fare dicendo che era una mossa unitaria storica. Già, fare cosa?
Hanno deciso che daranno a babbo morto (negli anni) fino a 50 mld di prestito a Kiev, cacciando i soldi ognuno di tasca propria. È un prestito, quindi formalmente non è una passività, ci si aspetta tornino. Siccome ovviamente non torneranno mai, si prendono a garanzia gli interessi maturati dai depositi congelati, qualcosa come 3-5 mld anno, se Kiev non pagherà (ovvio che non pagherà) pescheranno da lì. Ma poiché questo avverrebbe tra qualche anno, se non un decennio, a quel punto la faccenda del blocco sarà stata risolta, Mosca riavrà i suoi soldi e probabilmente anche gli interessi maturati, quindi niente garanzia. Per questo i più avveduti hanno commentato: “si è raggiunta una intesa politica, adesso ci sarà quella tecnica”. Ma non c’è alcuna intesa tecnica possibile, o i G7 si svenano e danno i 50 mld a Kiev di tasca e rischio proprio o tutto diventa flatus voci. Per cui Giorgia ha potuto rassicurare Mosca “tranquilli ragazzi, nessun sequestro e che qui si fa un po’ di teatro, comprenderete no?”. Solo l’uomo in mimetica ha fatto finta di crederci in favore di telecamere ucraine “non ci abbandonano, continuiamo fino alla morte, vinceremo!”.
Al G7 che doveva deliberare la guerra a Mosca, non si è parlato neanche di cartucce, non una singola parola su armi, NATO, eserciti, missili, bombe ed esplosioni punitive, niente. Una miccetta? un mortaretto? Tris-e-trac magari? Niente.
Si è parlato di questa buffonata degli interessi bancari e si è promesso un Piano Marshall per ricostruire l’Ucraina. Da qualche giorno, anche nella visita dell’uomo in mimetica in Germania, si parla solo di ricostruzione, del dopo, non si parla più di guerra. Ma come?
Come ha notato Politico.eu, (sito americano ritenuto semplicemente il miglior commentatore politico mondiale) ieri c’erano sei anatre zoppe e Miss Meloni. “Anatra zoppa” è una espressione del lessico politico americano, quando un presidente è in carica ma non ha poteri perché non controlla il potere legislativo. Macron va ad elezioni e dovrebbe perderle. Scholz ci andrà e le perderà senz’altro. Sunak ci va ai primi di luglio e sta 20 punti sotto i laburisti. Trudeau ci andrà a fine anno e perderà di certo contro l’avversario conservatore, cosa nota da tempo. Kishida pare stia messo altrettanto male. Von der Lyen e Michels si aggiravano come personaggi in cerca di autore visto che hanno di colpo perso tutti gli sponsor. Biden è un ricordo che cammina, anzi non cammina poi tanto visto che sembra uscito dal frigorifero dove lo tengono per conservarlo almeno fino a novembre quando arriva Capitan Fracassa.
L’unica legittima lì era la regina di Garbatella, negli ultimi giorni molto charmant (secondo me ha un nuovo fidanzato), che ha avuto gioco facile a schivare anche la questione dell’aborto stante il surrealismo del fatto che i G7 parlino al mondo di aborto che ad occhio non pare la questione centrale dell’ordine mondiale.
Ma aspettate perché in questa commedia scritta male c’è anche un fatto clamoroso di cui però nessuno ha dato notizia, c’è un morto.
Alla kermesse pugliese era invitato Muhammad bin Salman, Arabia Saudita. MBS all’ultimo minuto si è ricordato che doveva fare il pellegrinaggio a Medina e quindi chiedeva scusa ma non poteva partecipare, che disdetta! Poiché l’8 giugno è scaduto l’accordo promosso cinquanta anni fa da Kissinger (Nixon) ovvero 1974-2024 sul fatto che il petrolio si pagava in dollari, dando così al dollaro lo statuto di riserva mondiale di valore e quindi di scambio, i sauditi hanno deciso di non rinnovarlo. Sorpresa!
Da oggi i sauditi e tutto l’OPEC ed OPEC+ con loro, venderanno gas e petrolio e prenderanno in controvalore qualsiasi valuta e quindi il morto è niente-po’-po’-di-meno-che: il dollaro! Accipicchia che colpo di scena, qui però fuoriscena poiché il pubblico deve guardare la commedia per coerenza narrativa dopo mesi di imbambolamento in cui qualcuno aveva pure creduto che gli stava per piovere un Kinzal atomico nel giardino di casa. Per questo MBS non è venuto, pareva brutto dover stringere la mano a Biden mentre con l’altra lo aveva strangolato.
Nasdaq punto com, la testata on line del primo mercato borsistico elettronico del pianeta commenta: “Mentre le implicazioni complete di questo cambiamento devono ancora essere viste, gli investitori dovrebbero almeno essere consapevoli che a livello macro, l’ordine finanziario globale sta entrando in una nuova era. Il predominio del dollaro USA non è più garantito”. Detto da Nasdaq c’è da fare sonni tranquilli no?
E così in una calda notte di inizio estate mediterranea è crollata l’impalcatura principale del dominio mondiale americano degli ultimi cinquanta anni con sei leader occidentali accompagnati tristemente fuoriscena in attesa che la regina degli elfi di Garbatella (si sa della sua passione per Tolkien) incontri Sauron-Putin per trattare il finale di partita.
Gioite? Non ve lo consiglio, i prossimi anni saranno molto poco divertenti, però saranno vivaci, questo sì. Stay tuned!
Il gattopardo europeo – Alberto Bradanini
(intervista di Alessandro Bianchi)
“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Le elezioni europee viste come un terremoto da molti commentatori si possono riassumere in estrema sintesi con altri cinque anni di “maggioranza Ursula” pronta a continuare il suo viaggio verso il baratro dell’Armageddon, fedele ai dettami dei padroni di Washington. “L’esito di tali elezioni – riassumibile nella nozione di funesta stabilità – conferma, in buona sostanza, il cupo declino filosofico-valoriale dei popoli del vecchio (in ogni senso) continente”, dichiara ad “Egemonia” l’Ambasciatore Alberto Bradanini, una delle nostre bussole di riferimento costanti nei frastornati e difficili tempi attuali.
A lui abbiamo chiesto un commento sulle forze di estrema destra in ascesa, l’astensionismo e i margini di costruzione di una forza di reale cambiamento nel vecchio continente. “Non v’è dubbio che per assicurarsi il controllo sulle scelte dei paesi vassalli l’egemonia plutocratica americana si serve della Nato, una struttura un tempo difensiva, oggi di aggressione, a tutela degli interessi Usa, che condiziona in modo sistemico le scelte dei paesi colonizzati, selezionandone i ceti politici”. E questa egemonia non si contrasta certo con il melonismo (italiano, francese o tedesco che sia) o l’astensione, ma con un “faticoso percorso di conoscenza e consapevolezza, avendo fede nel convincimento (da non intendersi in termini presuntuosi) che nella storia ha motivato tanti uomini di buona volontà” per gettare le basi per un reale cambiamento.
L’INTERVISTA COMPLETA:
Ambasciatore, i principali vincitori delle elezioni europee sono sicuramente le destre estreme e l’astensione. Nulla dovrebbe cambiare con la famigerata “maggioranza Ursula” a guidare il timone verso il baratro dell’Armageddon contro la Russia. È lo scenario che si aspettava?
L’esito di tale sceneggiata non è stata certo una sorpresa. Del resto, se le elezioni servissero a qualcosa, affermava A. Bierce, le avrebbero già abolite. Serviranno dunque a ben poco anche quelle europee dell’anno 2024. È bene infatti non dimenticare che l’Europa costituisce un’indistinta mescolanza di paesi vassalli dell’impero americano (di cui è figlia primogenita!) e che il Parlamento Europeo è un finto Parlamento, occupandosi di diverse e inutili questioni, ma non di quella principale, fare le leggi: il suo incarico principale è invece quello di garantire un ottimo impiego a 720 individui altrimenti a rischio disoccupazione. L’esito di tali elezioni – riassumibile nella nozione di funesta stabilità – conferma in buona sostanza il cupo declino filosofico-valoriale dei popoli del vecchio (in ogni senso) continente. Alla luce di ciò, in nome dei principi di convivenza pacifica, democrazia ed equità sociale, dovremmo tutti gridare: viva l’instabilità! Purtroppo, dunque, dalle urne non è sortito alcun impulso virtuoso a favore del mondo del lavoro, dei beni pubblici, della sovranità costituzionale e della pace. Si continuerà a morire in Ucraina e in Palestina (ammesso che l’Europa potesse fare qualche differenza) e a coloro che hanno confermato tali inverecondi ceti politici, di tutto ciò nulla è importato. L’inerzia fattuale, valoriale e di pensiero della società europea – Italia in testa, beninteso, tra le più inossidabili, ma in verità tutto l’Occidente – riflette un cupo deflusso storico di natura strutturale. La maggioranza dei popoli che la compone è preda di una plastica regressione verso l’età etica e ideologica della pietra. Non è un caso che in tale cupo scenario siano divenute superflue persino le operazioni di destabilizzazione dall’esterno alle quali i noti padroni atlantici del mondo ci hanno abituati dal secondo dopoguerra in avanti. Oggi, il lavaggio del cervello rende di più e costa meno. E il successo è garantito con l’ausilio della strategia della paura: paura di perdere il lavoro, di impoverirsi, di veder dileguare il potere d’acquisito di salari e pensioni, l’assistenza sanitaria, un qualche futuro per i propri figli, una paura che minaccia persino il valore supremo della pace, che ingenuamente pensavamo acquisito per sempre!
Le forze di destra in Francia e Germania che sono i veri vincitori delle elezioni europee nei loro paesi rappresentano forze di cambiamento nel sistema attuale o verranno facilmente assorbite dallo stesso come è successo con Fratelli d’Italia in Italia?
Quelle formazioni politiche di destra (apparentemente vincitrici) non faranno la differenza: in Germania perché mancano i numeri, in Francia perché il lepenismo è da tempo normalizzato (sia nelle posizioni anti-Ue che anti-Nato), in analogia al melonismo italiano, diventato antisovranista che più non si può, mentre digerisce senza medicinali coadiuvanti sia le bellicose consegne imperiali che le ingiunzioni della finanza nordeuropea che saccheggia da trent’anni quel che rimane della nostra ricchezza. La società europea occidentale, in realtà, non è in preda a misteriose spinte eversive, irreperibili ribellismi anarchici, improbabili derive antisemitiche o radicalismi populisti, tantomeno di sinistra (di vera sinistra, del resto, non si vede l’ombra!). La società europea è invece il deprimente riflesso di un popolo addormentato che – dopo annose sedute di elettrochoc cultural-consumistici, dopo essere stata sconfitta dalla lotta di classe combattuta in seno all’attuale modo di produzione – teme l’instabilità e accetta dunque ingiustizie, derive belliciste e asservimento politico-ideologico, favorendo i privilegi della plutocrazia dominante. Va detto che nemmeno in tali umilianti condizioni viene meno la sorveglianza piramidale (esplicita o sotterranea), perché il popolo resta inquieto per definizione, non si sa mai!
Negli anni ’30 del secolo scorso le forze che muovevano le logiche di mercato si sono affidate alle destre reazionarie e xenofobe per impedire l’ascesa di un modello realmente alternativo rappresentato da quelle comuniste. Chi muove le fila del neoliberismo e della Nato sta immaginando uno scenario similare un secolo dopo?
I protettorati europei dell’impero unipolare (sempre meno tale, grazie al cielo, alla luce del progredire di un benvenuto pluralismo politico, economico e militare) vengono sono controllati senza nemmeno ricorrere a minacce o all’uso della forza. È sufficiente mobilitare i noti strumenti di seduzione, carriere, denari e onori, di cui dispongono ad libitum le oligarchie belliciste atlantiche (sovraniste come nessun altro, ma tale aggettivo perde misteriosamente il suo significato dispregiativo se viene applicato al sovrano). Quel che, tuttavia, continua a sorprendere è la dabbenaggine dei più, per usare un eufemismo, i quali chiudono gli occhi su tutto ciò e non cessano di considerare quella nazione una democrazia, anzi la migliore democrazia disponibile sul mercato, espressione della sola nazione indispensabile al mondo (nel lessico malato di M. Albright, poi ripresa da W. Clinton), voluta da Dio per guidare un’umanità altrimenti ingovernabile. Da non credere! Non v’è dubbio che per assicurarsi il controllo sui paesi vassalli la plutocrazia americana si serve della Nato, una struttura un tempo difensiva, oggi di aggressione, che condiziona profondamente le scelte dei paesi colonizzati, selezionandone le classi dirigenti. A tale profilo di sorveglianza, deve aggiungersi la pressoché totale supervisione sui media e l’accademia, attraverso meccanismi controllati di informazione, agenzie compiacenti o in proprietà occulte, finanziamenti nascosti a ONG, accordi segreti e via ingarbugliando. Lo scarso spessore del ceto politico, di cui la popolazione addormentata ha mostrato di avere minima consapevolezza, un ceto caratterizzato dalla virtù dell’obbedienza, si abbina all’esiguità intellettuale e professionale di operatori mediatici (salvo immancabili eccezioni che non fanno la differenza) e al circo accademico, referenziale a sé stesso, al quale è affidato il compito di svelare a un popolo disattento come funzionerebbe il mondo. Come sopra rilevato, una popolazione sopravvissuta a siffatti elettrochoc culturali si muove in modo frastornata davanti a tante umiliazioni.
Il Professor Erspamer in una sua recente riflessione ha definito le elezioni europee “consultazioni ridicole” in cui i cittadini sono chiamati a votare per “un’istituzione governata non da un Parlamento ma da commissari nominati da chi ha già il potere, in particolare finanziario”. L’astensionismo non era l’arma più efficace?
Le tecnocratiche e non-elette istituzioni europee (prive del crisma di vera democrazia) sono state costruite senza alcuna partecipazione dei popoli (quando nel 2005 olandesi e francesi vengono consultati sulla cosiddetta Costituzione Europea, questa è sonoramente bocciata, ma i conduttori euroinomani di quella locomotiva se ne infischiano, cambiando solo il nome a quell’insulto politico-giuridico e spingono il treno ancora più avanti.
Basta un rapido sguardo: non è il Parlamento a fare le leggi, ma la Commissione che poi le manda al Consiglio, cioè dai governi, per l’approvazione definitiva, che arriva solo e sempre se Francia e Germania sono d’accordo. Quanto alla Banca centrale europea, non prevista dai cosiddetti Trattati istitutivi, essa è una banca privata, indipendente per statuto da qualsiasi istituzione democratica che risponda al popolo (di fatto però dipendente dai mercati e dalla Bundesbank!): essa ha solo il compito di tenere a bada l’inflazione (vale a dire gli interessi dei creditori), non certo di far crescere l’economia o ridurre la disoccupazione, non sia mai! Sul tema astensionismo, infine, la riflessione, in termini di logica, è banale: esso viene digerito senza fare una piega dalle oligarchie dominanti (anche se i non-elettori possono avere una diversa ermeneutica), le quali lo leggono quale espressione di sostanziale accondiscendenza allo status quo. È sempre meglio votare, dunque, il meglio quando c’è, o il meno peggio quando manca il primo.
L’astensione in Italia ha superato il 50% mostrando chiaramente come coloro che hanno sofferto per l’inflazione, precarietà, dittatura del neoliberismo, genocidio in corso a Gaza e armi al regime di Kiev non hanno visto un’alternativa credibile in nessuna delle forze politiche. Cosa è mancata alle forze che si sono proclamate di cambiamento in Italia nell’attirare quei voti e come si ricostruisce un’alternativa credibile?
L’astensionismo riflette lo scoramento di un popolo abbandonato, che percepisce il vuoto di chi dovrebbe rappresentarne i bisogni. Non a caso esso è superiore al Sud, terra obliterata dai maggiordomi europeisti e atlantici dei governi di turno. Si tratta di regioni tra le più povere dell’Unione, persino in rapporto ai paesi entrati dopo la caduta del Muro di Berlino. Sebbene l’Italia sia uno dei paesi fondatori di tale Disunione, il divario tra Mezzogiorno d’Italia e le regioni benestanti è rimasto tale, ampliandosi in molti settori. Oggi, tutta la Penisola rischia un percorso di mezzogiornalizzazione, al termine della corsa depredatoria in atto dall’entrata in vigore del famigerato Trattato di Maastricht (1° gennaio 1993). Affinché l’Italia possa sperare per i propri figli in un avvenire degno di questo nome, una futura classe dirigente dovrà mettere in cantiere una strategia di intelligente fuoriuscita (così come dalla Nato, del resto), un tema difficile, ma ineludibile. Così facendo, tale ipotetica classe dirigente darebbe anche un contributo straordinario alla pace e alla stabilità nel Mediterraneo (divenendone la Regina), quel mare che non a caso i nostri illustri antenati romani chiamavano nostrum.
Qual è il dato che più la preoccupa e quello che invece le offre un raggio di speranza da questa tornata elettorale?
Il quadro delineato non autorizza alcuna speranza. E anzi suggerirei di abolire il facile e ricorrente uso di tale termine. Esso induce a fantasticare su scenari improbabili, in vista dei quali non esistono le condizioni. Nella miserrima, attuale contingenza storica si può solo investire sul faticoso percorso di conoscenza e consapevolezza, avendo fede nel convincimento (da non intendersi in termini presuntuosi) che nella storia ha motivato tanti uomini di buona volontà: siamo in pochi, ma abbiamo ragione!
G7 e Lucerna: l’illogicità orwelliana d’occidente – Elena Basile
Avete provato a leggere il comunicato del G7? Un testo di 36 pagine, pieno di copia e incolla da altri documenti, una lingua burocratica che esprime il pensiero bivalente coniato da Orwell in 1984 : l’affermazione illogica di tesi opposte. Si esprime sull’intero mondo: dalla Libia al Venezuela al Sahel. In Libia, dopo l’attacco anglo-francese sostenuto dagli Stati Uniti che ha rovesciato il regime di Gheddafi e dato origine allo Stato fallito odierno, si afferma di sostenere la stabilità del Paese. Un esempio della tipica illogicità che secondo Orwell era uno dei pilastri della dittatura.
Con grande scontento di Federico Rampini, per il quale l’esproprio finanziario dei 300 miliardi russi contrario al diritto internazionale e richiesto dagli americani andava eseguito “in nome della libertà e della vita”, il comunicato stabilisce che gli interessi sulla somma congelata siano la garanzia per un prestito di 50 miliardi all’Ucraina: altro pensiero logico ed economicamente coerente. Viene poi ribadita la solidarietà a Israele che deve tuttavia difendersi a Gaza adempiendo alle regole del diritto internazionale (una macabra risata seppellirà il G7 e il mondo, Nietzsche docet), ma si fa riferimento alla soluzione dei due Stati (altra risata). E così di seguito si manifestano le miserie di un foro che prima, come G8 e in complementarietà con il G20, era uno dei capisaldi del multilateralismo. Lì oggi si autocelebra il potere di un gruppo di Stati che si basa principalmente sulla supremazia militare. Si richiamano i diritti umani in Cina, in Iran e negli altri Paesi nemici, ma non certo in Arabia Saudita o nei Paesi del Golfo, mentre si tortura il prigioniero del secolo Assange nel cuore dell’Europa. I Paesi del Sud globale presenti alla conferenza di Lucerna sull’Ucraina (dall’Algeria all’India all’Indonesia al Sud Africa) non hanno firmato il testo. C’è da meravigliarsi se gli emergenti restano un tantino perplessi dinanzi agli anglo-americani che a Kiev realizzano un colpo di Stato, armano e si appropriano economicamente di un Paese che perde la sua esigua democrazia abolendo le opposizioni e poi le elezioni e combatte una guerra suicida per interessi americani? Tutto in ossequio al Diritto Internazionale?
La “conferenza di pace” ha raggiunto il grande obiettivo politico di avere una settantina di Paesi che, sotto ricatto politico ed economico, sponsorizzano il “piano di pace” dell’Ucraina sconfitta in assenza del Paese vincitore sul campo: la Russia. Vogliono distruggere la realtà e la verità. È l’altro parametro del mondo distopico descritto da Orwell. I soldi e le armi dell’Occidente non cambieranno la situazione militare. Kiev ha bisogno di uomini e munizioni garantiti solo da uno scontro diretto fra truppe Nato e Russia, che risponderebbe con il nucleare tattico. Questa è la verità. Lo confermerebbe ogni stratega militare onesto intellettualmente. Neanche il terrorismo ucraino che ha come obiettivo i civili in territorio russo, neanche l’autorizzazione a utilizzare le armi top secret Usa (manovrate ovviamente da americani) per colpire siti militari in Russia cambierà le sorti del conflitto. Se ne esce soltanto riconoscendo gli interessi di Mosca: innanzitutto la neutralità dell’Ucraina e dando parola alla diplomazia in una conferenza di pace su tutti gli altri spinosi problemi: territori occupati, sanzioni, autonomia delle regioni russofone, architettura di sicurezza europea. Mosca ha presentato un “piano di pace” provocatorio in risposta alla provocazione di Lucerna. Bisogna tuttavia rendersi conto che il compromesso del marzo 2022, dopo due anni di guerra e di lutti, non è più possibile. Lavrov ha nel contempo ospitato a Nishni Novgorod la ministeriale dei Brics che ha dedicato all’Ucraina pochissimo spazio, concentrandosi sulle nuove regole della cooperazione tra i 5 fondatori dei Brics e un Sud globale importante e partecipe, rafforzando il progetto multipolare di un nuovo ordine internazionale che si richiama alla stabilizzazione delle aree internazionali sulla base dei principi della Carta dell’Onu senza doppi standard e rifiuta il potere unipolare Usa (che non è più “egemonia” in quanto ha perso l’autorevolezza politico-economica e culturale).
Il ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita era presente con quello iraniano. Riad non ha rinnovato con Washington l’accordo sui petrodollari. L’esigenza di una de-dollarizzazione è sentita dal Sud globale al fine di evitare i ricatti occidentali (sanzioni ed espropri finanziari). Si riflette su nuovi meccanismi di scambio monetari e si incentivano il commercio e gli investimenti in ambito Brics in moneta locale. Noi escludiamo gli atleti russi dai giochi olimpici estivi a Parigi, proprio mentre dichiariamo lo sport strumento di pace (altra perla del pensiero bivalente del comunicato G7), quelli mirano con strategie ponderate a liberarsi dalla tirannia del dollaro.