Dalla gru
di Paolo Buffoni aka Pabuda
sul becco lungo
e acuminato
di quello strano
uccello meccanico
s’eran appollaiati
degl’uomini:
quel volatile non ha mai volato:
quella coda di dodici dure penne di cemento
era troppo pesante.
ma volavano i sogni degli uomini che,
dop’aver scalato le sue lunghe zampe
azzurre, fredde e arrugginite,
son rimasti giorni e notti
e notti e giorni e ancora notti
e giorni lassù
nell’azzurro e nel freddo e nella ruggine.
non molto è trascorso
perché i sogni degli uomini sulla gru
volassero sul serio tutt’intorno e molto più giù
dove stavano altri uomini, incastrati negl’incubi:
di sotto ci stavano, intrappolati in quegl’incubi
donne e ragazzi altri uomini e bambine e bambini.
un po’ per scaldarsi, un po’ per sorreggere il volo dei sogni
e scardinare la stretta presa degli incubi
di sotto, a tratti, a intervalli irregolari, loro applaudivano.
questa storia del duello tra i sogni e gli incubi
si è chiusa
quando altri uomini tristi, uniformati in tristi uniformi,
intorno ai polsi delle mani plaudenti
han serrato lucide, nuovissime manette.
eppure,
ancora l’eco degli applausi e dei sogni si riverbera e si riverbererà.
per la magia della risonanza umana:
tramite il suono di cucchiai su tazze svuotate alla svelta,
di legni su barattoli e mestoli su pentole e mazzi di chiavi su coperchi,
di mazze su tamburi e timpani, di bacchette su cornici, di forchette sui tavoli
e, di nuovo, finalmente,
di mani su altre mani:
tutte libere
Neuropabuda…le emozioni son cosa rara ormai.Grazie di avermele fatte di nuovo provare.Marco il monello.