Dalla parte del suolo
Nel suo nuovo libro edito da Laterza, il prof. Paolo Pileri rimette al centro il fondamentale e bistrattato ecosistema che abbiamo sotto i piedi, scrigno di biodiversità, argine contro gli eventi estremi, regolatore climatico senza pari. Per contrastare il “terrapiattismo urbanistico” di chi ha ancora fame di cemento – dalla logistica in giù – e scuotere gli amministratori locali e nazionali.
di Luca Martinelli (*)
Se il suolo fosse una divinità, Paolo Pileri sarebbe il suo profeta. Ma non vanta “virtù divinatorie che non possiede” né “si dichiara depositario e si fa propagatore di pretese verità che si riveleranno prive di fondamento e illusorie o ingannevoli”.
Le sue riflessioni, le sue analisi, le sue ricerche, ancora non hanno però portato i decisori pubblici a quel cambiamento di rotta auspicato da anni. Già all’inizio del 2015, quando firmò il suo primo editoriale per Altreconomia, “Il valore sotto ai piedi”, cercava di richiamare l’attenzione degli amministratori non solo in chiave ecologica, ma invitandoli a tenere sotto controllo il portafogli, sottolineando il costo necessario a “compensare” il “lavoro” di ogni ettaro aggiuntivo di terra impermeabilizzata, non meno di 6.500 euro all’anno.
Una rappresentazione plastica di che cosa significhino nella realtà queste stime ce l’ha offerta, nostro malgrado, l’alluvione in Romagna del maggio 2023 e poi ancora quella in Toscana del novembre 2023, in precedenza quelle nelle Marche del settembre 2022. E l’elenco potrebbe continuare, anche perché si arricchisce continuamente di nuove date e nuovi indirizzi.
Pileri è tornato in libreria per Laterza con il libro “Dalla parte del suolo”, un testo che con difficoltà possiamo catalogare o ridurre a una definizione: non è un manuale, per quanto contenga nozioni importanti per comprendere che cosa calpestiamo ogni giorno (“Il sugo di cui è fatto il suolo conta pochi ingredienti chiave: tre minerali -sabbia, limo e argilla-, acqua, aria e sostanza organica”); non è un pamphlet, per quanto sia ricco di provocazioni e invettive, con uno stile di scrittura asciutto ed efficace (Pileri scuote il lettore scrivendo ad esempio di “terrapiattismo urbanistico” o spiegando che “i suoli non conoscono l’ipocrisia, ma solo la franchezza”); non è un reportage, anche se tanti i territori che racconta, perché l’autore è probabilmente uno dei divulgatori più presenti ovunque ci sia un comitato nato per tutelare il suolo dall’ennesima infrastruttura pesante, dall’ennesima speculazione edilizia, e quelle storie sono linfa che alimenta la sua narrazione.
“Dalla parte del suolo” non è nemmeno un manuale per attivisti, anche se è dedicato a loro, come scrive Pileri: “A tutti i custodi del suolo, di fatto o in parola; alle attiviste e agli attivisti, donne e uomini di instancabile volontà ecologista, agli insegnanti che danno forma al futuro e parlano di suolo ai loro studenti, a tutti coloro che nella quotidianità trovano mille modi per dare voce al suolo e alla natura, senza chiedersi se ne vale la pena”.
Dal nuovo libro di Pileri, che negli anni ne ha firmati diversi per Altreconomia, da “100 Parole per salvare il suolo” a “L’intelligenza del suolo”, vale però la pena pescare e fermare alcuni concetti base, quelli essenziali. “Il suolo non è una risorsa ma un ecosistema”, intanto. “Nello spazio più sottile al mondo -quei 30 centimetri di terra- abbiamo la più alta densità vivente: 1,5 chilogrammi di vita per metro quadrato”, scrive Pileri. Si tratta di miliardi di batteri, funghi, alghe, nematodi, collemboli, diploidi, tardigradi, soggetti fondamentali perché formano -appunto- l’intelligenza del suolo.
Viene poi esplorato un altro tema fondamentale di fronte all’intensificarsi degli eventi estremi, collegati al riscaldamento globale, una delle conseguenze del cambiamento climatico. Il suolo, spiega Pileri, è il “grande regolatore climatico”, perché “quel sottile velo custodisce dalle due alle tre volte il carbonio presente in atmosfera sotto forma di CO₂“. Pileri descrive il suolo come cosa viva. Un ecosistema che ha tempi lunghissimi di formazione (per dieci centimetri occorrono duemila anni) ma può essere spazzato via in pochissimo tempo: “Per farlo morire sotto la pala di una ruspa bastano tra i cinque e i dieci secondi”.
Tra gli attori principali di quello che viene definito terrapiattismo urbanistico c’è “il gigantismo affascinante della multinazionale logistica e/o delle vendite online”, tema-chiave nell’espansione della frontiera immobiliare.
“Ogni nuovo insediamento logistico è come un’astronave che atterra su una aiuola: 10, 20, 40 ettari sono la superficie minima occupata e trasformata”, sottolinea Pileri.
Poi racconta un esempio virtuoso, quello di Carpiano, un piccolo Comune di quattromila abitanti alle porte di Milano, a un passo dal capoluogo, dall’autostrada del Sole e da un altro paio di autostrade e strade statali. È un Comune con il 70% di superficie agricola, anche nel Parco agricolo Sud Milano. Il sindaco ha rifiutato di adottare una variante nell’interesse di uno sviluppatore immobiliare svizzero che realizza grandi capannoni per la logistica in tutta Europa: l’imprenditore voleva un’area di 64,5 ettari, in parte ricadente nel Parco. Il sindaco ha detto no, ma poi è stato zitto. Non ha dato pubblicità a questa scelta. E allora, spiega Pileri, scema l’idea che questo comportamento sia da considerare totalmente virtuoso. Perché nel 2024 questa scelta non dev’essere letta solo come “dovere amministrativo”.
Il sindaco che afferma di aver agito così per “non trasformarla in un fatto politico” non comprende appieno il proprio ruolo sociale, “per aiutare tutti a prendere coraggio e riconoscere che il suolo si può e si deve salvare anche con atti come il suo”, scrive Pileri. “Sarebbe stata l’occasione ideale anche per avviare un dibattito pubblico per un disegno di legge che eviti situazioni pericolose e imbarazzanti come quella vissuta da lui”, aggiunge.
“Evitare di spostare la vicenda sul piano politico, tenendola confinata a quello personale, mette la benda sugli occhi proprio alla politica, che così non vede in quella storia una falla del sistema da riparare con urgenza prima che la nave affondi. Con questa rinuncia, il sindaco ha tagliato le gambe alla causa e non ha costruito un antidoto potente contro la predazione dei suoli. Possibile che quanto accaduto a Carpiano non sia da socializzare, anche sul piano politico? Oppure siamo davvero convinti che il suolo e la natura si salveranno semplicemente a colpi di compitini amministrativi? Forse si salva Carpiano, ma non il Comune di fianco, non quello alle porte di Roma o Pescara o Ravenna”.
Nel libro Pileri cita don Lorenzo Milani: “Ho insegnato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia”.
Il suolo è in cerca da almeno un decennio di chi abbia voglia di intestarsi un vero sussulto politico capace di tagliare i ponti con l’ossessione amministrativa e la fedeltà all’unica regola del “conciliare” gli opposti interessi, a dispetto degli annunci di facciata, come quello del ministro della Protezione civile Nello Musumeci all’indomani dell’alluvione di Bologna dell’ottobre 2024.
Richiamando il pensiero di don Milani, possiamo dire che Pileri rimanda direttamente al concetto di obiezione di coscienza (nella Risposta ai cappellani militari, che avevano definito l’obiezione un insulto alla patria e un atto di viltà, Milani scrive: “Aspettate a insultarli. Domani forse scoprirete che sono dei profeti”), che dev’essere attiva e condivisa, per diventare strumento di azione e di ispirazione, per aiutare a comprendere che l’importanza di determinate scelte ha -prima di ogni altro significato- un valore politico.
(*) Tratto da Altreconomia.
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