Danae festival
di Susanna Sinigaglia
Danae, festival di danza e non solo, viene organizzato ogni anno (da ben ventitré anni) dal Teatro delle Moire, un’associazione culturale cittadina che guarda sempre con interesse le esperienze artistiche “off”, che si discostano dai canoni mainstream. Finora mi era stato difficile seguirne i percorsi a causa della prossimità o addirittura sovrapposizione delle sue date o con le performance di MilanOltre o con quelle della rassegna di Triennale Teatro. Quest’anno però le organizzazioni si sono coordinate e sono riuscite a proporre calendari che dessero l’opportunità a operatrici e operatori di seguire, nel limite del possibile, le varie e differenti proposte.
Da segnalare una nuova iniziativa, Danae InOnda: “…un progetto avviato lo scorso anno, un ambiente virtuale dove poter proporre materiali che riportino un’esperienza differente rispetto alla scena dal vivo. Quest’anno si tratta di uno spazio di pensiero nel quale abbiamo coinvolto alcuni artisti e artiste chiedendo loro un contributo a partire da alcuni temi che ci stanno particolarmente a cuore”.
Il pensiero è una scultura – 1000 lettere
Progetto e interpretazione
Boris Kadin
Avevo avuto un assaggio di una delle performance di Danae l’estate scorsa, quando era stato presentato – in una specie di anteprima – il progetto di Boris Kadin il cui titolo s’ispira a una frase di Joseph Beuys. In realtà più che un’anteprima era la premessa per la conclusione della performance, quella rappresentata dalle 1000 lettere. Infatti Kadin si rivolgeva al pubblico, immaginato di 1000 persone, con una lettera in cui, aprendo il proprio cuore, raccontava qualcosa di sé e della sua vita recente, la perdita del padre per Covid, ed esprimeva la profonda convinzione – come riteneva anche Beuys – che ogni essere umano sia un artista. Perciò invitava ogni suo interlocutore a praticare qualche forma d’arte e a scrivergli una lettera a mano, recapitandogliela via posta o personalmente all’indirizzo da lui indicato. Con le 1000 lettere avrebbe costruito una sorta di scultura durante lo spettacolo previsto per il festival in ottobre.
Nel corso della premessa, Kadin ha assunto le sembianze di sciamano-divinità animale, simile a un novello Minotauro, che attraverso un esperanto da lui inventato racconta la nascita del mondo e dell’umanità ripercorrendo antiche mitologie.
Uno spettacolo suggestivo che, per un incidente in cui sono incorsa, mi è dispiaciuto perdere proprio nel suo finale. Però anche se non ho potuto vedere di persona “com’è andata a finire”, sul sito di Danae troviamo foto abbastanza eloquenti dello svolgimento della performance.
Una curiosità: questa estate la sera della performance, la nazionale italiana di calcio giocava una partita dei mondiali decisiva per la sua partecipazione alle finali. Il pubblico era perciò composto da una mia amica e da me oltre allo staff del Teatro delle Moire, ad Alessandra De Santis e Attilio Nicoli, i fondatori del teatro e ideatori del festival.
https://www.danaefestival.com/gallery/
Prospettive animali
Progetto e conduzione
Silvia Mai
Una sezione del festival, “Laterale”, era dedicata a laboratori e incontri di vario tipo fra cui questo intitolato “Prospettive animali” condotto da Silvia Mai. Silvia è una persona molto originale: pratica la danza e nello stesso tempo la pastorizia sugli alpeggi insieme ai suoi due inseparabili cani lupo, Gringo (maschio) ed Eco (femmina). Silvia propone una singolare esperienza che si svolge in piccoli gruppi. Ecco che cosa successo nel gruppo cui ho partecipato io.
Innanzitutto ci ha riuniti intorno a un tavolo (eravamo in cinque) e ci ha sottoposto alcuni giochi per favorire fra noi la comunicazione e un’atmosfera di fiducia reciproca. In particolare ho apprezzato quello in cui, davanti alla proiezione di una serie di immagini dalle strane forme, eravamo invitati a scrivere che cosa ci vedevamo. Poi ognuno ha letto agli altri la propria interpretazione delle varie figure e ne sono emerse differenze e similitudini. Ormai fra noi si era creata un’atmosfera rilassata e di empatia reciproca. Potevamo così passare alla seconda fase dell’esperienza. Dopo esserci sistemati in parti diverse della sala, alcune in ombra e altre in piena luce, sono stati fatti entrare Gringo ed Eco
cui si era aggiunta una terza cagnolina, ospite inaspettata dell’ultim’ora in quanto appartenente a una ragazza dello staff di Danae.
Eco si è subito accoccolata ai piedi di Silvia mentre Gringo – seguito da presso dalla cagnolina – si è diretto sicuro verso di me che ero seduta su una specie di palchetto, mi ha gratificato con una bella slinguata sulla guancia e mi si è accomodato accanto. La cagnolina si aggirava invece inquieta e indecisa abbaiando spesso, non sapendo bene come e dove collocarsi: a tratti si acquietava accanto a una ragazza che stava partecipando all’incontro seduta vicino a me, a tratti ricominciava ad abbaiare e agitarsi finché a un certo punto la proprietaria è dovuta uscire con lei perché Silvia potesse continuare a parlare raccontandoci della sua vita e del senso dell’esperienza. Per lei l’importante non è solo trasmettere l’idea che umani e non umani possono comunicare anche se hanno linguaggi diversi, idea ben nota a coloro che vivono insieme ad animali, ma anche e soprattutto che possono farlo su un piano di parità.
E non è affatto scontato in chi si considera “proprietario” del “suo” animale. Quest’idea si applica per estensione a tutti gli esseri viventi piante comprese che, ho notato ultimamente, entrano spesso fra loro in rapporti simbiotici amorosi.
Abbiamo molto da imparare dalla natura, augurandoci che non sia troppo tardi.
https://www.danaefestival.com/eventi/ven-8-sab-9-e-dom-10-ott-lachesilab/
Party Girl
Coreografia
Francesco Marilungo
Interpretazione
Alice Raffaelli, Roberta Racis, Barbara Novati
Party Girl, una felice coproduzione di Milanoltre Festival e Teatro delle Moire/Danae Festival, è un lavoro piuttosto originale sul corpo femminile ridotto ad automa del sesso. In scena vediamo tre ragazze che agiscono ubbidendo a una perentoria voce maschile fuori campo: chiamandole per nome una a una indica loro che cosa fare, come muoversi, come comportarsi;
insomma, quale posto occupare e ruolo ricoprire in ogni momento.
Su tre monitor ai lati del palco scorrono immagini notturne di strade deserte illuminate dai fari di auto in movimento, strade che s’immagina in periferie di grandi città punteggiate qua e là da stazioni di servizio e motel, piccoli supermercati aperti 24h/24h.
Verso la fine della performance, e quasi impercettibilmente, si notano piccoli scarti nel comportamento delle ragazze che poi, in modo via via sempre più esplicito, acquisiscono vita propria fino a non ubbidire più alla voce che comincia a rincorrerle, sgridarle, richiamandole all’ordine senza esito. E così sciamano uscendo allegramente di scena lasciando il loro lenone con un palmo di naso.
Questo “lieto fine”, in realtà, mi è parso un po’ stonato e frettoloso in relazione al dramma evocato lungo il resto della performance, soprattutto dalla visione delle strade desolate percorse da automobili di uomini, si suppone, in cerca di sesso a pagamento. E soprattutto dalle schiave prostitute che solo a volte, e con molte tribolazioni, riescono a sfuggire al destino loro imposto dai venditori di carne umana.
https://www.danaefestival.com/eventi/sabato-9-e-domenica-10-ottobre-ore-19-teatro-elfo-puccini/
Cambium
Conferenza spettacolo nel verde
Progetto e realizzazione
Silvia Gribaudi, Sara Michieletto, Elisabetta Zavoli
In un piccolo anfiteatro parte di un complesso scolastico nel nordest di Milano si è svolta questa inedita conferenza introdotta dalla simpatica e sempre brillante Silvia Gribaudi.
Al centro dell’attenzione il rapporto umano con la natura, profondamente compromesso.
Fra una capriola e una piroetta, accompagnata da Sara Michieletto – violinista del Teatro La Fenice di Venezia –,
Silvia ci fa notare come gli alberi comunichino fra loro e nello stesso tempo percepiscano-assorbano tutto quanto accade intorno e sotto di loro. L’anfiteatro sorge in uno spazio erboso punteggiato da vari alberi che, ci fa ancora notare Silvia, in quello stesso momento sentono la nostra presenza e si modificano in relazione ad essa.
Ci propone alcuni piccoli esercizi, piccoli movimenti da eseguire sul posto. Poi Sara ci intrattiene con l’esecuzione di un pezzo classico
e ci invita in seguito, nel silenzio, a percepire i rumori che provengono dall’ambiente riproducendoli a bassa voce, creando così una sorta di coro in sordina. Infine Elisabetta Zavoli
ci parla degli alberi pluricentenari chiamati anche “alberi monumentali” perché sono equiparati al patrimonio cultural-architettonico. Hanno una funzione fondamentale nei confronti di alberi e piante più giovani, trasmettono loro i saperi accumulati nei secoli e i segreti per la sopravvivenza e autotutela.
Sono conoscenze più che mai indispensabili da diffondere nel mondo ottuso e sordo in cui ancora viviamo.
https://www.danaefestival.com/eventi/domenica-17-ottobre-ore-17-anfiteatro-via-russo/
Dédicace
Progetto
LA PP/PIERRE PITON E ROMANE PEYTAVIN
Coreografia e danza
Romane Peytavin, Pierre Piton
scenografia e luci
Gautier Teuscher
La proposta è originale e molto semplice: la partecipazione è aperta al massimo a 7 persone alla volta. Entrando nello spazio della ex chiesetta del Parco Trotter,
ci si trova davanti a un portatile e a un giovane che spiega ai convenuti lo svolgimento dell’azione: ogni persona, a turno, può scegliere, sul portatile, una canzone da un elenco molto ricco e i due performer improvviseranno una danza per tutta la durata del brano.
A me è capitato di entrare da sola, raggiunta in un secondo momento da una giornalista freelance – Carmen, di cui in seguito ho fatto conoscenza – accompagnata dai suoi figlioletti, un bambino e una bambina. Sono stata perciò la prima a scegliere, e ho optato per uno dei miei brani preferiti, Space Oddity di David Bowie.
Nello spazio, immerso nel buio, i performer – di cui ho potuto apprezzare l’affiatamento – venivano seguiti nella danza da alcuni riflettori che ne proiettavano l’ombra sulle pareti dove sembravano fluttuare in sintonia con le parole della canzone: è stata un’emozione intensa.
Il sogno di 100 candele
Progetto e azione
Fabio Bonelli
Alla chitarra
Paolo Novellino
Questo progetto viene da lontano, risale ai tempi in cui l’artista si trovava in Germania, ospite di una famiglia. In prossimità del Natale, nelle abitazioni non si usava (e immagino non si usi tuttora) costruire presepi ma accendere tante luci di candela. Ecco che da allora il progetto è maturato nella mente e nel cuore dell’artista, che con un meccanismo davvero ingegnoso e complesso ha presentato il suo concerto di Natale sistemando le candele a gruppi in piccole postazioni di legno e metallo. Il calore delle candele movimenta piccole strutture laminate sovrastanti – mi ricordano le giostre dai seggiolini volanti – producendo sonorità incantevoli, delicati tintinnii cui si accompagna la chitarra di Paolo Novellino. Le sonorità si amplificano lentamente mano a mano che Fabio Bonelli accende le candele e ne cura la fiamma. Una volta che tutte le candele sono accese, Bonelli si porta allo xilofono, sistemato sul lato opposto rispetto a Novellino, per aggiungerne al “concerto” le vibrazioni
finché altrettanto lentamente le candele si consumano, le piccole luci si affievoliscono e ritorna il silenzio lasciando il pubblico avvolto in un’atmosfera magica, sospesa.
qui il sito: https://www.danaefestival.com