Danzando fra le matematiche
recensione a «Il museo dei numeri» di Piergiorgio Odifreddi (*)
Se passate da Roma precipitatevi a vedere – al Palazzo delle Esposizioni, sino al 31 maggio – la mostra «Numeri. Tutto quello che conta da zero a infinito». Laboratori per le scuole ma anche un allestimento affascinante per adulti che amano la matematica o che… la detestano. Ove la spesa di un viaggio a Roma vi sembri eccessiva ecco la soluzione: un volume chiaro ma dotto, illustratissimo e divertente, svariante dal minuscolo che è invisibile fino all’immensamente grande. Lo ha scritto Piergiorgio Odifreddi per Rizzoli (436 pagine per 22 euri) e si intitola «Il museo dei numeri».
Il libro si apre con uno splendido racconto di Cesare Zavattini. Poi si avventura nelle «albe del numero»: Cro-Magnon, Cinesi, Inca… e più vicino a noi Indiani e Arabi; è una necessaria introduzione alle “sale” del museo. I dieci paragrafi successivi sono sulle «unità». A seguire – sempre in 10 capitoletti – «cifre», «decine e centinaia», «migliaia, milioni e miliardi» per finire con «potenze di 10» e «superpotenze di 10» più due bibliografie, una di base e un’altra per ben muoversi nella biblioteca di Babele. Forse nelle ultime pagine qualche neofita dei numeri o “matemafobo” potrebbe rischiare di smarrirsi ma seguendo i consigli di Odifreddi arriverà alla destinazione finale, pur se l’infinito resta comunque – nelle parole dell’autore – «irraggiungibile ed equidistante da tutti i numeri finiti».
La meta intermedia del libro è comunque il godimento, in ogni sua forma. Tutte le storie proposte da Odifreddi hanno sempre calore, sapore e sapere. Scienze certamente ma infarcite: da un sonetto di Trilussa; da un lungo poema di Violeta Parra; dalla letteratura “potenziale” di Italo Calvino, Georges Perec e Raymond Quenau; dalle scimmie dattilografe: dal divino Bach; dai giardini botanici; dalla parola magica Abraxas; dalle principali posizioni erotiche (64) del Kamasutra; dalla raccolta dei silenzi; da Lewis Carroll … fino alla maliziosa spiegazione di perché Shakespeare abbia intitolato una sua opera «Molto rumore per nulla».
E sempre fra immagini sorprendenti, molte delle quali assumono nuovi significati in questo contesto.
Andiamo anche a spasso fra i tre mondi del buddhismo: «dei desideri, delle forme e senza forme ovvero della veglia, del sogni e del sonno senza sogni». A spasso cioè con passo lento, ma talvolta saltando, danzando o correndo che neanche Bolt.
Di passaggio Odifreddi risponde a domande di ogni tipo: perché si dice «calcolo renale»? Come si contavano i debiti attraverso le tacche sui bastoni? Perché Dio ama i numeri dispari? Chi vinse la gara (il 12 novembre 1946) fra un pallottoliere ben manovrato e «il miglior esperto militare di calcolatrici»? Perché 666 rimanda al diavolo o all’Apocalisse? Cosa c’entrano i numeri con le attuali «bolle di accompagnamento»? Perché in Inghilterra esiste la carica del «cancelliere dello scacchiere»? Da dove viene il nome Google? Perché, secondo il caustico Douglas Adams, lo scopo della vita è «42»?
Di matematica ce n’è tantissima ma chi legge forse non se ne accorgerà sin quasi alle ultime pagine. Una magia.
(*) Questa mia recensione è uscita sul quotidiano «L’unione sarda».
Piergiorgio Odifreddi è matematico, giornalista, divulgatore, docente. Critico di ogni dogmatismo, si definisce socialista libertario come quel Bertrand Russell che molto ama. Fra i suoi libri più famosi «Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici)» del 2007.