Scor-data: 30 giugno 1960
La bella Genova del luglio 1960
di David Lifodi (*)
Il 30 giugno 1960 segna una data storica nelle vicende del movimento operaio e non solo, per quanto oggi scarsamente ricordata se non in pubblicazioni, saggi o riviste esplicitamente “di movimento”. C’è voluta una mostra fotografica curata dalla Camera del Lavoro di Genova, unita a uno speciale andato in onda a tarda sera su Rai Tre, per evitare, ancora una volta, che la memoria venisse calpestata.
Genova 1960: il capoluogo ligure si ribella al congresso del Movimento Sociale Italiano. Ex partigiani, operai, i famosi “ragazzi con le magliette a strisce”, studenti, gente comune impediscono al partito della fiamma tricolore di organizzare il convegno nella loro città, medaglia d’oro alla Resistenza. Raccontata così sembra facile, eppure si trattò un passaggio chiave per la giovane e ancora barcollante democrazia italiana. Vista con gli occhi di oggi, sembra addirittura fantascienza: smarrita la capacità di indignarsi, persa la capacità di mobilitarsi, esclusi i soliti noti, eppure nel giugno di cinquant’anni fa una città intera ebbe la forza di opporsi.
Il contesto storico: il Msi ottiene l’autorizzazione a tenere il proprio congresso a Genova per il 2 luglio 1960 come ringraziamento per l’appoggio all’esecutivo Tambroni, ma c’è di più. Scrive Danilo Montaldi nello storico “L’orda d’oro“, curato da Nanni Balestrini e Primo Moroni: “Genova è una delle città più rosse… un porto in cui le lotte hanno spesso scavalcato le indicazioni delle direzioni sindacali. Genova dunque, è un importante campione, il cui risultato è possibile riferire alle masse di tutto il Paese. L’intenzione della maggioranza di governo era dunque quella, autorizzando il congresso fascista nella città, di misurare la temperatura del Paese, e di dimostrare la possibilità di un’apertura all’estrema destra fascista, senza timori dal punto di vista della reazione”. Si trattava di un vero e proprio test di politica autoritaria da imporre a una città che, come ricordano con orgoglio alcuni protagonisti di quei giorni, si era resa libera addirittura due giorni prima del 25 aprile 1945.
Ad aumentare la tensione l’ulteriore provocazione del governo Tambroni: a presiedere il congresso Msi avrebbe dovuto esserci Carlo Emanuele Basile, uno dei peggiori torturatori del regime fascista, ancora ricordato in città. Per il 30 giugno la Camera del Lavoro organizza uno sciopero generale, parte un corteo enorme che aumenta durante la sfilata mentre in tutta la città monta la protesta. La tentazione a una svolta autoritaria si esplicita nell’invio a Genova di oltre quindicimila appartenenti alle forze dell’ordine, tra cui il battaglione Celere di Padova, notoriamente conosciuto per i modi risoluti e la predisposizione a caricare i manifestanti senza alcuno scrupolo. Effettivamente il reparto Celere interviene con ripetuti caroselli, le cronache dell’epoca raccontano di scontri violenti fra polizia e manifestanti, ma anche della solidarietà tra gli abitanti della città: si soccorrono i feriti, ma si contrattacca anche. La gente fugge dalla cariche rifugiandosi nei vicoli, dove le jeep delle forze dell’ordine non riescono ad entrare, dalle finestre si tirano vasi, acqua calda ed olio, racconta l’allora segretario dei marittimi della Cgil in una recente intervista (rilasciata a “Repubblica” il 13 Giugno scorso e pubblicata con il titolo “Genova ’60”). Adesso è la polizia a doversi difendere: le jeep delle forze dell’ordine vengono rovesciate dai camalli, mentre la Celere arretra. Sarà l’Anpi, che pure era stata in prima fila nell’organizzare la protesta contro il congresso del Movimento Sociale, a cercare di riportare la calma. A tarda sera la notizia che il convegno fascista era stato annullato, ma i presìdi in città non vengono smobilitati, anzi, il 1 luglio la protesta riparte spontanea nel solco del discorso pronunciato da Pertini il 28 giugno: “La Resistenza va difesa, costi quel che costi”.
Anche in altre città del nord, da Torino a Reggio Emilia, si organizzano scioperi e manifestazioni, addirittura ex partigiani armati intendono raggiungere Genova disobbedendo all’appello dell’Anpi a ristabilire la calma. Mentre l’esecutivo Tambroni entrava in un rapido declino che però avrebbe riportato a capo del governo Fanfani e come ministro degli Interni il famigerato Scelba, era emersa sulla scena una nuova figura sociale, quella dei “ragazzi con le magliette a strisce”: “si trattava”, scrive ancora Montaldi, “di una generazione nata per la gran parte in tempo di guerra, che esprimeva, sia pure attraverso settori minoritari, un evidente disagio e insofferenza per la rigida canalizzazione della vita quotidiana”. In una parola, questa generazione esprimeva quel rifiuto ad essere sfruttata che solo due anni dopo, nel 1962, avrebbe di nuovo riconquistato la scena con i moti di Piazza Statuto a Torino.
“Repubblica“, nel suo speciale, riporta una dichiarazione di Paride Batini, leader portuale genovese recentemente scomparso: “Il miracolo economico lo stavano costruendo sulla nostra pelle, noi volevamo giocarci il futuro”, una sorta di “non pagheremo noi la vostra crisi” ante litteram.
Dal 30 Giugno 1960 al 30 Giugno 2010 (o 2013) il passo è breve: restano le tentazioni autoritarie e resta la volontà di partecipazione, non più maggioritaria ma delegata spesso a coloro che da anni sono sulla breccia. La sfida dovrebbe essere quella di rendere più partecipe la società civile, più conscia della storia del nostro Paese… anche per evitare di sentir dire ad alcune persone ai bordi della strada del corteo del 25 aprile “questi sono fuori dal tempo”, come mi è capitato di ascoltare nella mia città.
(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)