Di fronte alla legge
di Maria G. Di Rienzo (*)
Le leggi sono tutte a favore delle donne. Le donne sono privilegiate. Le donne hanno un mucchio di potere. E’ così ovunque! Solo le femministe misandriche sessualmente frustrate non si accorgono di queste verità… Ecco, gira un po’ il mondo e vedi se le leggi corrispondono alle tue fantasie, tesorino balengo:
Lo stupro non è stupro se sei suo marito.
India: “Coito o atti sessuali compiuti da un uomo con sua moglie, la quale non abbia meno di quindici anni, non sono stupro.”
Singapore: Non è stupro, da parte del marito, se la moglie ha più di 14 anni.
Bahamas: Non è stupro, da parte del marito, se la moglie ha più di 13 anni.
Yemen: Non è stupro, perché lei è tua moglie.
Puoi rapirla (e violentarla), se poi la sposi.
Malta: se l’offensore “dopo aver rapito la persona, sposa quella persona, non sarà perseguibile per legge”. Inoltre, se il matrimonio avviene dopo una sentenza del tribunale cancella quest’ultima.
Libano: stupro e rapimento sono cancellati se la vittima sposa l’offensore.
Puoi picchiarla, perché serve alla sua “correzione”.
Nigeria: è legale la violenza “da parte di un marito che abbia lo scopo di correggere sua moglie”. Similmente, la violenza è legale per un genitore o un insegnante che vogliano punire un bambino, o per “un padrone al fine di correggere il suo servitore”.
Puoi ucciderla, se ti tradisce (le pene sono lievi).
Egitto: l’omicidio di una moglie “sorpresa nell’atto dell’adulterio” gode di speciali giustificazioni e non è equiparato agli altri tipi di omicidio.
Siria: sino al 2009, un uomo che uccidesse sua moglie, sua sorella, sua figlia o sua madre perché sorprese “a commettere atti sessuali illegittimi” se ne andava libero e beato; oggi può ricevere una condanna che va da cinque a sette anni di carcere (il massimo consentito).
E divorziare da lei succede solo se tu lo vuoi.
Israele: matrimoni e divorzi fra cittadini ebrei pertengono alla legge rabbinica, ove “se il marito vuol divorziare da lei” la corte glielo concede, ma se è lei a chiederlo è un’altra faccenda: “la questione dipende solo da quel che LUI vuole”. Alle donne non è permesso essere giudici in questi tribunali e solo nel 2013 alcune di loro sono state ammesse nel comitato che sceglie i giudici stessi.
Mali: una donna divorziata può risposarsi solo dopo tre mesi, una vedova dopo quattro mesi e dieci giorni dalla morte del marito: se la vedova è incinta può risposarsi solo dopo aver partorito. Un uomo divorziato fa quello che gli pare.
Se è tua moglie, decidi tu quel che fa.
Guinea: la professione della moglie, se è separata da quella del marito, può diventare illegale nel momento in cui lui vi si oppone.
Repubblica democratica del Congo: senza il permesso del marito, una moglie non può “vendere o prendere impegni”, cioè non può dare inizio alla sua propria impresa o fare accordi in modo indipendente. Il marito può concederle il suo benestare, ma può anche ritirarlo quando gli comoda.
Yemen: la moglie non può uscire di casa senza il permesso del marito e, se lo ottiene, il motivo per uscire “non dev’essere in conflitto con la legge islamica”.
Sudan: la moglie ha il dovere di prendersi cura del marito e di obbedirgli lietamente, e di preservare se stessa assieme alle altre proprietà di lui.
Ma nubile o sposata che sia, ci sono un mucchio di cose che una donna non può fare.
Madagascar: una donna non può lavorare di notte in stabilimenti industriali, a meno che non si tratti dell’azienda familiare.
Cina: una donna non può lavorare in miniera o svolgere altri compiti che comportino un “difficile” sforzo fisico.
Russia: le donne sono bandite da 456 diversi tipi di impiego, incluso il guidare treni, navigare, lavorare in carpenteria o essere attive vigili del fuoco (possono stare in ufficio, non a spegnere fuochi).
Le sorelle non possono avere la stessa quota ereditaria dei fratelli.
Tunisia: “Ove vi siano figli maschi, il maschio eredita in misura doppia rispetto alla femmina”.
Emirati Arabi Uniti: come sopra.
La testimonianza legale di una donna ha meno valore.
Iran: per i casi legali standard è richiesta la testimonianza di due uomini, le donne non servono. Per quelli più gravi, ci vogliono due uomini e quattro donne.
E ovviamente le donne non possono guidare automobili.
Arabia Saudita: è una fatwa – un decreto religioso – che stabilisce ciò nel 1990 e non c’è traccia del divieto nei libri di legge, ma alle donne si impedisce “legalmente” di prendere la patente e di guidare.
Vent’anni fa, alla «Conferenza mondiale Onu sulle Donne del 1995», 189 Paesi si impegnarono a revocare leggi discriminatorie nei confronti delle loro cittadine.
Equality Now, un’organizzazione per i diritti delle donne che ho già menzionato su questo blog, ne “chiama fuori” 44 nel suo rapporto «Ending Sex Discrimination in the Law» (“Mettere fine alla discriminazione sessuale nella legge”) rilasciato la settimana scorsa: compresi gli Stati Uniti, per la legge che discrimina le madri straniere quando chiedono la cittadinanza per i loro figli “illegittimi” avuti da padri americani.
Equality Now fa questo dal 1999. Più della metà delle leggi che ha denunciato finora sono state emendate, in nazioni che vanno dal Bangladesh al Lesotho.
La campagna di quest’anno può essere sostenuta in vari modi e se desiderate farlo potete andare all’indirizzo
http://www.equalitynow.org/equality_now_launches_beijing20_campaign_targeting_sex_discrimination_in_the_law
e scegliere il vostro. Tanto per ribadire che noi femministe passiamo il tempo ad odiare gli uomini e a ordire orrendi complotti.
UNA NOTA SULLA MUSICA NELL’ARIA.
Le informazioni su queste leggi e sull’azione di Equality Now – o più in generale storie e le analisi che Maria G. Di Rienzo, racconta ogni giorno sul suo blog – non paiono interessare la gran parte dei media italiani. I quali si “distraggono” anche sulla campagna di odio contro le donne che imperversa in rete o in certa musica. Per questo mi sembra utile segnalare qui un drammatico – ma necessario – articolo di Jessica Dainese su «Alias» (è il supplemento settimanale del quotidiano «il manifesto») uscito il 21 febbraio.
Sotto il titolo «Misoginia d’artista» l’autrice racconta «antifemminismo e omofobia in 10 canzoni». Come è giusto sia… «fuori i nomi»: Jessica Dainese traduce alcuni testi. Impressionanti. Per dirne solo 2 fra i 10 segnalati nell’articolo. «Avere una cagna, pronto a pugnalare una clitoride con del vetro» e «farò l’affittacamere così da poter stuprare le figlie degli affittuari» e ancora «quando stupro una cagna la tengo ferma»: così Tyler Gregory Okonma, conosciuto come Tyler, leader degli Odd Future Wolf Gang Kill Theme All. «Ti appesantirò / ti guarderò soffocare / sei così bella blu» e «giochiamo a questo gioco chiamato “quando prendi fuoco” / non ti piscerei addosso per estinguerti».
In un’intervista Ariel Pink – «il re degli hipster» – dichiara fra l’altro: «E puoi trovare statistiche che dicono che ci sono più uomini stuprati negli Stati Uniti ogni anno che donne»; del resto un suo disco si intitola «Ku Klux Glam».
Robaccia solo statunitense? L’articolo ricorda che la scena musicale italiana non è poi così diversa. Tanto per fare un nome Edda – cioè Stefano Rampoldi – che parla di donne solo come troie e puttane. (db)
(*) Questo post è ripreso dal bellissimo blog «Lunanuvola» di Maria G. Di Rienzo.