Di Maio sulla sicurezza sul lavoro: corporativismo di stampo fascista, populismo, ma l’importante è non toccare i padroni!
di Marco Spezia (*)
Il 14/06/18 il nuovo Ministro del Lavoro Luigi di Maio ha letto una informativa alla Camera sugli incidenti sul lavoro.
Non ho trovato il testo completo dell’informativa, ma una sintesi di RAI News (quindi fonte attendibile) a questo link, di quanto ha detto.
Tale sintesi [riportata in calce] è più che sufficiente a capire quali siano le vere intenzioni del nuovo Governo (sedicente “del cambiamento”) sulla tutela della vita dei lavoratori: corporativismo di stampo fascista e populismo per tenere buoni i lavoratori e totale asservimento ai padroni che non rispettano le leggi.
A seguire riporto quanto detto da Di Maio (virgolettato come riportato nell’articolo di RAI News), con i miei commenti.
Il Ministro ha esordito con una frase che esprime chiaramente quali siano le intenzioni del Governo: “Non è alimentando il conflitto tra imprese e lavoratori che aumenteranno i diritti dei lavoratori, è il momento di fare squadra”.
Quindi, secondo M5S e Lega, questo è il momento in cui si debba fare squadra, si debba collaborare, ci si debba vicendevolmente aiutare tra imprese capitaliste, il cui unico scopo è quello di fare profitto sulla pelle dei lavoratori, e i lavoratori stessi, sfruttati, precari, senza diritti, ricattati e uccisi di infortunio o di malattie professionali.
E’ come chiedere di fare squadra tra un leone e una gazzella!
Quello proposto da Di Maio è corporativismo di stampo fascista bello e buono: siamo tutti sulla stessa barca, “voi” remate e spaccatevi la schiena, “noi” teniamo la barra del timone e decidiamo da che parte andare! L’importante è che non vi lamentiate: facciamo squadra, no?
Oltre a questo, tra le righe si legge anche la volontà del Governo che quei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) che oggi (nonostante ricatti, intimidazioni, impedimenti) fanno battaglia concreta per l’applicazione delle normative di tutela e che quindi non “fanno squadra”, smettano di “rompere” e si siedano al tavolo dei padroni.
Ovviamente chi non lo vorrà fare, verrà adeguatamente trattato di conseguenza (come accade già, peraltro).
“Sicurezza, ma no misure punitive per le aziende”.
Non penso che la sicurezza sul lavoro si garantisca “scaricando sulle imprese oneri e responsabilità, ovvero solo attraverso misure punitive” ha aggiunto Di Maio.
E qui la strategia del Governo appare in tutta la sua chiarezza.
Nonostante le fonti del diritto (articolo 41 della Costituzione e articolo 2087 del Codice Civile), la legislazione (D.Lgs. 81/08 e Direttive Europee) e migliaia di sentenze della Cassazione, secondo Di Maio, la responsabilità e gli oneri della sicurezza non sono delle imprese e se le imprese non rispettano gli obblighi sanciti dal diritto, poverine, non vanno punite.
Forse è bene ricordare al Ministro che le fonti del diritto sopra citate stabiliscono un principio fondamentale.
La tutela della salute e della sicurezza sul lavoro è del tutto onere e responsabilità dei datori di lavoro. Tale principio (oltre che dalle fonti del diritto) è sancito da numerose leggi, tra cui, in primis, il D.Lgs. 81/08, che pone a carico dei datori di lavoro e dei dirigenti (di chi cioè ha in mano le leve economiche e decisionali delle aziende), precisi obblighi sanzionabili penalmente, il cui mancato adempimento costituisce reato penale sanzionabile di ufficio.
La messa a norma dei luoghi di lavoro e dei macchinari, la difesa contro agenti chimici e fisici, carichi di lavoro, stress, la formazione, la sorveglianza sanitaria ecc. sono di totale ed esclusiva onere e responsabilità dei datori di lavoro e dei dirigenti delle aziende e di nessun altro.
Secondo le fonti e il diritto quindi, le aziende che non applicano le leggi e quindi le misure di tutela della salute dei lavoratori commettono reato che deve essere sanzionato non con misure “punitive”, come le definisce Di Maio, ma semplicemente secondo quanto stabilito dalla legge.
Oltre a questo, sempre le fonti del diritto, in questo caso il Codice Penale, prevedono che se, a seguito di infortunio, il lavoratore subisce lesioni o muore, si applicano rispettivamente i reati di lesioni colpose (articolo 590) e di omicidio colposo (articolo 589) con l’aggravante di mancato rispetto della normativa antinfortunistica.
L’intenzione del nuovo Governo è invece evidentemente quello della completa deresponsabilizzazione dei datori di lavoro e delle aziende.
La conseguenza di quanto detto da Di Maio è che se, nel futuro, un lavoratore si farà male… la colpa sarà solo sua (visto che “fa squadra” con i propri padroni).
Di Maio poi continua: “Nei prossimi 5 anni il personale ispettivo subirà un dimezzamento, per potenziare la vigilanza” si dovrà procedere “all’assunzione di almeno 1.000 unità ed è nostro interesse farlo”.
A parte il fatto che Di Maio non è stato chiaro su quale sia il “personale ispettivo” (ASL, Vigili del Fuoco, Ispettorato del Lavoro), perché forse non lo sa nemmeno lui, in questa frase gioca la carta populistica tipica del suo “movimento”, approfittando sull’ignoranza totale dei suoi interlocutori e sostenitori.
Supponiamo che egli parli degli ispettori ASL, che sono quelli a cui, ex D.Lgs. 81/08, compete la vigilanza sul rispetto dello stesso Decreto.
Ebbene gli ispettori ASL Ufficiali di Polizia Giudiziaria (cioè gli unici che possono effettuare controlli e applicare sanzioni) sono circa 2.800 (fonte LaRepubblica.it). Se il numero di tali ispettori, come dice Di Maio, verrà dimezzato in 5 anni, essi passeranno a 1.400. Ma se il Ministero del Lavoro, come dice di Maio, ne assumerà 1.000, si arriverà a 2.400, cioè 400 in meno di quelli che sono adesso!
Quindi la bella frase a effetto “si dovrà procedere all’assunzione di almeno 1.000 unità ed è nostro interesse farlo” significa che di fatto gli ispettori (e le aziende controllate) verranno ulteriormente ridotti e quindi quanto detto da Di Maio è, ancora una volta, propaganda populista e una colossale presa per il culo!
Di Maio poi, relativamente al numero di ispettori ASL, è completamente fuori di almeno un ordine di grandezza.
In Italia ci sono circa 4 milioni di aziende (dati ISTAT 2015). Anche ammettendo di arrivare a 3.000 ispettori ASL e supponendo che ognuno di loro controlli un’azienda ogni due giorni (cosa di fatto impossibile), ci vorrebbero 10 anni per controllarle tutte.
E’ evidente che la vera entità del problema non è conosciuta o è volutamente sottovalutata.
Ma andiamo avanti.
Se la sicurezza sul lavoro deve essere “una cultura, questa cultura deve partire innanzitutto dalle aziende partecipate dallo Stato” ha aggiunto il Ministro.
Due considerazioni.
Innanzitutto perché partire dalle partecipate dallo Stato? I lavoratori delle altre aziende sono figli di… nessuno?
Ma l’aspetto più preoccupante è questo continuo richiamo alla “cultura della sicurezza” (e in questo Di Maio riprende in pieno la politica dei governi precedenti…).
Cosa vuol dire esattamente “cultura della sicurezza”?
L’informazione e la formazione e quindi la crescita della cultura su salute e sicurezza la devono fare, obbligatoriamente (ai sensi del D.Lgs. 81/08), le aziende.
Peccato che le aziende l’informazione e la formazione non la facciano, la facciano in maniera formale (registri fatti firmare senza aver fatto nessun corso) oppure la facciano addomesticata alle politiche aziendali.
Ma se vogliamo parlare non di “cultura”, ma di “consapevolezza” di classe, di quelli che sono i diritti dei lavoratori alla propria tutela, contro gli interessi dei padroni, non ci potrà mai essere cultura condivisa.
Ci sarà sempre la “cultura” che, autonomamente e grazie alle organizzazioni di base, si faranno i lavoratori sui loro diritti a sopravvivere.
E ci sarà “la “cultura” che, grazie ai loro avvocati e consulenti, si faranno i padroni a proposito dei loro poteri a sfruttare e su come pararsi il culo da eventuali denunce.
Non ci può essere cultura condivisa, se non nell’ottica corporativistica del M5S.
Di Maio ha poi aggiunto: “Non è con più leggi e ancora più leggi che otterremo il risultato di tutelare i lavoratori”.
Sul tale aspetto niente da dire. Anzi, mi tocca dare ragione a Di Maio.
Ritengo anch’io che le leggi in Italia ci siano dagli anni ’50, siano perfettibili, ma ci sono (basta farle rispettare).
Spero solo che, nell’agenda del Governo, ci sia la volontà di promulgare le decine e decine di Decreti attuativi richiamati dal D.Lgs. 81/08, che da 11 anni nessun Governo si è mai degnato di varare (ammesso che Di Maio ne sia a conoscenza…).
Di Maio ha poi concluso con “Le norme esistenti le lasciamo, ma adesso è il momento di farle rispettare e di premiare chi le rispetta”.
E questo penso sia la cosa più aberrante a anticostituzionale (nonché contraddittoria) che abbia detto il Ministro.
Non sono un esperto di Diritto (ce ne sono anche troppi in giro…), ma un tecnico della sicurezza che per lavoro ha a che fare con leggi, codici, costituzione.
Il principio che leggo in questi testi è semplice, come ho sopra detto: le leggi penali (come il D.Lgs. 81/08) prevedono degli obblighi a capo di datore di lavoro e dirigenti.
Il mancato rispetto di tali obblighi costituisce reato, che viene punito secondo l’apparato sanzionatorio previsto dal D.Lgs. 81/08 stesso (o dal Codice Penale in caso di lesioni o morte dei un lavoratore, causati dall’inadempienza alle leggi).
Punto.
Il Diritto Italiano in questo campo (come credo in tutti gli altri…) non prevede il premio a chi rispetta le leggi, ma le sanzioni a chi non le rispetta!!!
Se passasse questo principio, stravolgerebbe il sistema legislativo civile e penale italiano: non passo col rosso, mi danno un premio; non uccido il vicino di casa: mi danno un premio; pago le tasse: mi danno un premio!
Tutto questo è evidentemente assurdo!!!
Se il buongiorno di vede dal mattino, con il Governo Lega-M5S siamo messi veramente male!
“Lasciamoli lavorare” dice qualcuno.
No. Facciamoli smettere! Hanno già fatto troppi guai!
(*) Tecnico della Salute e della Sicurezza. Tratto da: progetto “Sicurezza sul Lavoro – Know Your Rights!”.
A seguire il testo completo dell’articolo di RAI News
Informativa alla Camera Incidenti lavoro.
Di Maio: bollettino di guerra, cultura sicurezza parta da Partecipate dello Stato
“Come governo dobbiamo metterci al lavoro” afferma il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, “no più leggi, ma rispetto delle norme esistenti”
14 giugno 2018
Sugli incidenti sul lavoro i dati indicano “numeri devastanti”, di “un bollettino di guerra”. Così il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio, iniziando l’informativa in Aula alla Camera sugli incidenti sul lavoro.
Un “tema importantissimo, su cui dobbiamo metterci al lavoro come governo”, ha affermato. In tribuna, a seguire l’informativa, siede il segretario della Cgil Susanna Camusso. A lei il ministro lancia indirettamente un messaggio: “Non è alimentando il conflitto tra imprese e lavoratori che aumenteranno i diritti dei lavoratori, è il momento di fare squadra”.
Sicurezza, ma no misure punitive per le aziende
Non penso che la sicurezza sul lavoro si garantisca “scaricando sulle imprese oneri e responsabilità, ovvero solo attraverso misure punitive” ha aggiunto Di Maio, “Bisogna rafforzare la vigilanza e i controlli nei luoghi di lavoro”.
La cultura della sicurezza deve partire dalle Partecipate dello Stato
Se la sicurezza sul lavoro deve essere “una cultura, questa cultura deve partire innanzitutto dalle aziende partecipate dallo Stato” ha aggiunto il ministro, ricordando che l’ultima vittima sul lavoro c’è stata ieri sera in un appalto Fincantieri.
Almeno 1.000 assunzioni di ispettori
“Nei prossimi 5 anni il personale ispettivo subirà un dimezzamento, per potenziare la vigilanza” si dovrà procedere “all’assunzione di almeno 1.000 unità ed è nostro interesse farlo” ha spiegato Di Maio.
No più leggi, ma rispetto delle norme esistenti
“Non è con più leggi e ancora più leggi che otterremo il risultato di tutelare i lavoratori. E’ l’opposto: le norme esistenti le lasciamo, ma adesso è il momento di farle rispettare e di premiare chi le rispetta” ha concluso il vicepremier e ministro al Lavoro e allo Sviluppo economico.
Al termine dell’informativa, i deputati hanno osservato un minuto di silenzio in memoria di tutte le vittime sul lavoro.
Più che condivisibili le riflessioni di Marco Spezia, sennonchè la situazione è ancora più grave sul piano dei controlli e della deterrenza sui territori provinciali : avevamo stimato come Fillea-Cgil, già vent’anni fa, che un’azienda rischia un’ispezione ogni 25 anni, stante la frantumazione del nostro tessuto produttivo. A ciò si aggiunge il fatto che sostanzialmente il mondo delle micro-imprese ( da 1 a 9 dipendenti ) e delle imprese fino a 15 dipendenti ( che sono il 90% del totale) è la base sociale reazionaria di massa che ha sostenuto e voluto il governo giallo-verde. Giacchè i padroncini nostrani non miravano a nuove elezioni, bensì a misure governative confezionate rispetto ai loro interessi. Quindi assenza di controlli di qualsiasi tipo in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e di lavoro nero, avanti con l’elusione e
l’ evasione fiscale, flat tax, ecc..Inoltre, non è un caso che i 5Stelle nella trascorsa legislatura abbiano costituito un fondo a favore della formazione e del finanziamento delle piccole imprese, ovviamente proni all’ideologia dominante che vorrebbe tutti imprenditori di se stessi.La Lega è, infine, coerentemente l’espressione più brutale di questi padroncini arretrati, rancorosi e anti-sindacali fino al midollo. In quanto a Di Maio , essendo pura espressione della Casaleggio e Associati, cosa ci si può aspettare dall’ennesimo venditore di fumo?