Diga Hidroituango: anche la Colombia ha il suo Vajont
Il Norte y Bajo Cauca, nel dipartimento di Antioquia, sono stati inondati, ma l’imprenditoria colombiana si volta dall’altra parte e finge di non sentirsi responsabile. A farne le spese sono i campesinos e le comunità indigene
di David Lifodi
Lo scorso maggio la zona del Norte y Bajo Cauca, nel dipartimento di Antioquia, Colombia, è stata inondata dall’acqua. Il territorio e le comunità sono rimaste sommerse, ma non si è trattato di un disastro ambientale dovuto a cause naturali, quanto all’incoscienza degli amministratori del territorio e alla sete di profitto di Epm- Empresa Públicas de Medellín, che fino a poco prima della tragedia ha continuato a insistere sulla strada delle rassicurazioni pubbliche giurando che tutto era sotto controllo. Ancora una volta, invece, si tratta di una sciagura annunciata su cui in molti hanno chiuso entrambi gli occhi poiché c’era di mezzo il business delle centrali idroelettriche: è a causa del cattivo funzionamento della diga Hidroituango che il Norte y Bajo Cauca sono stati invasi dall’acqua e, per questo motivo, la notizia è passata sotto silenzio.
Epm avrebbe dovuto riempire la diga di acqua a partire dal 1° luglio e, quella che è stata definita come la più grande centrale idroelettrica del paese, dall’inizio di novembre avrebbe iniziato a generare energia, almeno secondo i piani dell’impresa e delle istituzioni. Le prime avvisaglie del disastro c’erano state il 29 aprile, quando uno dei tunnel utilizzati per la fuoriuscita dell’acqua si ruppe facendo rimanere quasi a secco il Cauca proprio nel ramo del fiume dove si concentra la maggiore capacità di acqua perché sta per sboccare nel Río Magdalena. In quella circostanza, come in altri episodi simili, Epm si limitò a convocare una conferenza stampa per garantire che non c’era alcun pericolo, anzi. Campesinos e organizzazioni ambientaliste, che da anni denunciavano i rischi per l’ambiente e per la popolazione, furono accusati di essere contrari allo sviluppo del paese per via della loro opposizione alla centrale idroelettrica. Non solo. L’impresa e la grande imprenditoria colombiana invitarono con arroganza l’Agencia Nacional de Licencias Ambientales a non trasformarsi en elcuello de botella del proyecto, altrimenti si sarebbe resa complice di condannare la Colombia al sottosviluppo.
La battaglia tra le comunità indigene schierate a difesa del territorio e l’Empresa Públicas de Medellín si protrae da lungo tempo. La loro lotta non è solo per la sopravvivenza, ma per la difesa di quella terra dove hanno sempre abitato e dove hanno celebrato i loro riti ancestrali in sintonia con la Pachamama. I territori inondati dalla diga rappresentano per gli indigeni un valore sacro e più volte avevano denunciato, insieme ai contadini, che l’intero ecosistema del Norte y Bajo Cauca era andato in frantumi a causa della realizzazione di questa grande opera che, a partire dal gran numero dei lavoratori giunti in zona a libro paga di Epm, ne avevano alterato l’intero ritmo della vita. Il Movimiento Ríos Vivos, fin dall’inizio, aveva denunciato numerose falle geologiche del progetto e molte comunità già in passato erano state vittime del desplazamiento forzato dovuto alle centrali idroelettriche, oltre che di una feroce persecuzione condotta dalle bande paramilitari al servizio della multinazionale di turno.
Eppure, a leggere le dichiarazioni entusiaste di politici e imprenditori, sembra di rivivere una sorta di Vajont in salsa colombiana. Da una parte, la sicumera delle elites, dall’altro gli allarmi rimasti inascoltati della popolazione, preoccupata per il destino del fiume Cauca, ma anche sconcertata per l’arroganza dell’imprenditoria antioqueña, le cui mosse sono dettate solo dall’ideologia di un capitalismo selvaggio. Tra loro, Luis Alberto Moreno, presidente del Bid (Banco Interamericano de Desarrollo), che lo scorso 15 aprile, in occasione della sua visita alla diga, dichiarò: “Dove c’è energia c’è sviluppo. Mi sembra difficile portare sviluppo economico dove non c’è energia e per questo sono orgoglioso di aver sostenuto e appoggiato questo progetto”. Ovviamente in quella circostanza, il presidente del Bid, al pari di ministri, governatori e senatori , si guardò bene dal dire che la diga Hidroituango era stata imposta con la forza alla popolazione attraverso l’espulsione di migliaia di contadini dal Norte y Bajo Cauca. Il capitalismo mafioso antioqueño si espresse anche attraverso l’ex governatore Luis Alfredo Ramos (mentore dell’uribista Iván Duque e della sua campagna elettorale per le recenti presidenziali), che celebrò la diga come la più grande opera civile della sua gestione.
Ancora oggi, di fronte all’inondazione che ha provocato un ecocidio dal punto di vista della distruzione di numerose specie vegetali e animali della regione, che rappresentavano la fonte vitale, culturale ed economica degli abitanti della zona, sembrano prevalere le istanze dei sostenitori della diga ad ogni costo. Le elites di Antioquia hanno insistito sul fatto che l’inondazione provocata dal Cauca è avvenuta per cause naturali e che il paese ha bisogno di unirsi di fronte a coloro che si sono sempre opposti alla diga solo perché manipolati dall’esterno. Il fatto che si tratti di un crimine sociale, economico e ambientale di cui sono responsabili nemmeno li sfiora.