Diritti Lgbti: le buone pratiche del Costa Rica
di David Lifodi
Il sogno di Daniela Alfaro, la donna trans intenzionata a laurearsi in Medicina presso l’università pubblica di El Salvador, prosegue nonostante si sia sollevato un vero e proprio caso a livello nazionale sul suo conto: ripudiata da buona parte della famiglia e discriminata da colleghi di corso, docenti e dalla comunità accademica.
Le difficoltà della ragazza sono quelle affrontate dall’intera comunità Lgbti (lesbianas, gay, bisexuales, transgénero e intersex) del Centroamerica e dell’America Latina. Daniela, che oggi ha 27 anni, ha presentato numerose denunce dal 2010 di fronte alle autorità universitarie: aggressioni in bagno, minacce ed una vita fatta di esclusioni purtroppo non sono mai state prese in considerazione. In questi casi, spiegano quelli dell’associazione guatemalteca Lgbti Organización Lambda, le istituzioni non raccolgono le denunce principalmente per i pregiudizi che nutrono verso coloro che non sono eterosessuali: per gli stati, semplicemente, non esistono. Eppure Organización Lambda, insieme all’associazione di El Salvador Entreamigos e al Centro para la Educación y Prevención del Sida (Nicaragua), ha lavorato per dar vita al programma Centroamérica Diferente, rivolto a far rispettare i diritti umani nei confronti delle persone con orientamento sessuale diverso. Centroamérica Diferente, finanziato dall’Unione Europea e rivolto a circa 200 persone impegnate nella difesa dei diritti umani, 3500 persone Lgbti, 8000 adolescenti e 160 operatori dell’informazione, intende offrire sostegno legale per i casi di abusi e violenza e promuovere campagne nazionali contro l’omofobia in Honduras, El Salvador, Guatemala e Nicaragua. Inoltre, il programma prevede un’attività di monitoraggio che permetterà di realizzare una disamina precisa sul livello di violazione dei diritti umani a causa della differente condizione sessuale nei paesi dell’istmo centroamericano. Negli ultimi cinque anni, in America centrale, sono stati commessi almeno trecento omicidi contro persone Lgbti, soprattutto donne trans, in particolare nel cosiddetto Triángulo Norte (Guatemala, Honduras e El Salvador), dove già il tasso di omicidi è altissimo. A questo proposito, il programma Centroamérica Diferente cerca di raggiungere anche le città e i villaggi più piccoli e isolati, dove le possibilità di difesa sono minori e le aggressioni sono coperte più facilmente. In una regione come quella centroamericana, in cui gli omosessuali sono costretti a nascondere la loro identità se vogliono trovare (o mantenere) un posto di lavoro, una speranza viene dal Costa Rica. Poco più di un anno fa, esattamente il 16 maggio 2014, il presidente Luis Guillermo Solís, all’atto di insediamento, fece innalzare la bandiera arcobaleno, simbolo della diversità sessuale, sul palazzo presidenziale: lo scopo era quello di commemorare la giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia. Non solo: grazie a Solís gli omosessuali godono degli stessi diritti e servizi offerti dallo stato agli eterosessuali in materia di sanità, un fatto eccezionale non solo in Costa Rica, ma in tutta l’America centrale. E ancora, la Caja Costarricense del Seguro Social riconosce l’uguaglianza di diritti, a livello pensionistico, tra eterosessuali e omosessuali, con l’unica condizione che le coppie dello stesso sesso dimostrino una convivenza di almeno tre anni. Al governo da poco più di un anno alla guida del Partido Acción Ciudadana (Pac), di centrosinistra, Solís si è impegnato fin dall’inizio del suo mandato per far riconoscere i diritti degli omosessuali in un paese a forte maggioranza cattolica e i risultati si sono visti subito in un contesto arretrato come quello centroamericano. Il percorso di Solís e del Pac purtroppo si scontra spesso con la lobby evangelica e cattolica presente tra i banchi del Congresso occupati dalle destre, ma a livello di diritti per la comunità Lgbti il presidente ha scelto di non guardare in faccia a nessuno ed ha nominato come ministro del Turismo Wilhem von Breymann, omosessuale dichiarato, che partecipò alla cerimonia di insediamento con il suo compagno. Se l’America centrale deve compiere ancora un percorso lungo e difficile per riconoscere dignità e diritti agli omosessuali, in America latina Argentina e Uruguay sono all’avanguardia grazie al riconoscimento del matrimonio ugualitario, a leggi antidiscriminatorie e al riconoscimento del diritto all’adozione di bambini da parte di coppie dello stesso sesso, mentre una situazione ancora più disastrosa di quella centroamericana si registra nel Caribe. In paesi come Antiguay y Barbuda, Bardados, San Vincente y las Granadinas, Giamaica, Trinidad y Tobago, Santa Lucía e San Cristóbal y Nieves per gli omosessuali sono previste pene che vanno dai 10 ai 50 anni di carcere. Addirittura, Trinidad y Tobago vieta l’ingresso nel paese agli omosessuali dal 1976. Quanto a Cuba, dove l’”ostentazione pubblica dell’omosessualità” era considerata un delitto fino agli anni Novanta, nel 2013 è stato approvato un nuovo codice del lavoro che tutela i diritti delle persone non eterosessuali, anche se ancora non esiste un movimento Lgbti come in altri paesi.
In definitiva, in Centroamerica e America latina si registrano dei passi positivi, anche se restano le difficoltà e le discriminazioni tipiche di un continente storicamente machista.