«Don’t bank on the bomb»: il report 2015 degli investimenti in armi nucleari
di Claudia Vago (*)
Quando li affidate a una banca, un’assicurazione, un fondo pensione date per scontato che i vostri soldi siano lì a disposizione quando ne avrete bisogno, ma non sapete cosa questi istituti ne stanno facendo nel frattempo.
Secondo il report Don’t Bank on the Bomb pubblicato il 12 novembre dalla organizzazione pacifista olandese PAX, un paio di bulloni di un’arma nucleare potrebbero essere stati avvitati grazie ai vostri risparmi.
Aumentano gli istituti finanziari che vietano o limitano gli investimenti in aziende produttrici di armi nucleari (sono 53 ora, un incremento del 150% rispetto al report dello scorso anno), segno che la crescente stigmatizzazione porta i suoi frutti. Tuttavia, da gennaio 2012, 382 banche hanno messo a disposizione 493 miliardi di dollari all’industria degli armamenti nucleari.
Le armi nucleari sono le sole armi di distruzione di massa ancora non espressamente vietate dalle leggi internazionali. Un vuoto legislativo che 121 Paesi nel mondo si sono impegnati a colmare e che la stigmatizzazione degli investimenti da parte di quei 53 istituti finanziari potrebbe aiutare.
La top ten degli investitori
Gli istituti finanziari individuati dal report sono 382 ma i primi dieci, tutti statunitensi, da soli forniscono più di 209 miliardi di dollari ai produttori di armi. In Europa gli istituti maggiormente coinvolti sono i francesi BNP Paribas e Crédit Agricole e la Royal Bank of Scotland. Un posto d’onore in classifica anche per le italiane Intesa San Paolo e Unicredit.
E sì, magari i soldi che avete depositato sono pochi, ma un bullone non costa molto…
(*) ripreso da NON CON I MIEI SOLDI, Per un’educazione critica alla finanza . In “bottega” il tema delle «banche armate» è stato ripreso più volte; a esempio qui Se fossi complice di questa guerra?