Dossier FS 33
di Mauro Antonio Miglieruolo
Illuminiamo il buio con la proposizione di sei (ancora sei) immagini fantascientifiche. Come già fatto in precedenza, tre dedicate al passato, tre al presente, allo scopo di realizzare un proficuo confronto tra i due difversi momenti. Per agevolare e indirizzare (sono dichiaratamente di parte) ho aggiunto gli estemporanei commenti che ho ritenuto opportuno introdurre.
1) Il migliore paesaggio nel migliore dei mondi possibile. Il pianeta dei sogni. Una realtà in cui tutto è spessore di tempo, il tempo passato di un futuro armai lontanissimo, un futuro pietrificato dalla pietrificazione di astronavi perdute dal fluire dell’immemorabile, eoni su eoni innumerevoli. Testimonianza di una epopea giunta ormai al termine a causa dei troppi tramonti che sono sopravvenuti.
Nel corso di questo ultimo tramonto, quello rappresentato, contempliamo stupefatti dove può arrivare l’audacia del sogno, dove arrivano le speranze.
Dove sogna di poter arrivare l’uomo.
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Chiare fresche dolci acque… c’è pure l’arcobaleno e la città futura che fa propri con delicatezza gli agglomerati incubo delle metropoli odierne.
Perché il tutto nell’immagine è come depurato, contenuto, privo di affanno. Dell’affanno tipico del vivere moderno.
La vita, suggerisce l’immagine (rispetto all’oggi un impensabile, un impensabile che solo nel sogno riesce a vivere, a acquisire credibilità), si dipana quieta e laboriosa, senza espandersi malignamente come tumore, come a voler uccidere ogni bellezza.
Le nuvole in cielo minacciano tempesta. In terra però vige una sorta di accordo tra l’opera dell’uomo e quella della natura; accordo che rimanda alle persone di buona volontà.
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Malinconia, tristezza o terrore?
Un mondo morto, una realtà dissolta, nella quale sembra impossibile la vita. Una vita della quale si nota la presenza, innumerevoli resti più che rovine, e che per ragioni fin troppo perscrutabili e dei quali si notano i podromi, ha finito con il distruggere se stessa.
E’ quel che è in serbo anche per noi, se non li fermeremo in tempo. Se non li fermeremo in tempo saranno disastri. Potrà pure essere che qualcosa sopravviva. Che le città si mantengano. Ma con periferie sempre più degradate e senza più speranze nei cuori: se non celebreremo i funerali dell’attuale sistema, l’attuale sistema celebrerà i funerali della fantasia, della creatività e dell’aspirazione a un qualsiasi futuro.
Celebrerà insomma il nostro assoggettamento totale (vedi William Tenn e il suo “Problema della Servitù” raccanto dal quale non riesco a staccarmi).
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Ne dico il peggio che possa venirmi in mente: fantascienza ortodossa, priva però di quel quid in grado di far sognare.
Offerta perché sappiate delle molteplici proposte con le quali allora si cercava di placare la fame insaziabile di fantascienza che affliggeva (e esaltava) una intera generazione. Tra le quali questa non eccelsa “Gli Esploratori dello Spazio”.
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Una buona illustrazione di Crepax (non la sola) per un buon racconto di Sheckley.
Di là dal valore di tante sue copertine (incantevoli quelle delle prime annate) Galaxy resta la più interessante collana di fantascienza insieme ai primi cento numeri dei Romanzi di Urania. E forse più dei primi cento numeri dei Romanzi di Urania.
Se in Italia sappiamo della “nuova” tendeza di allora, la cosidetta fantascienza sociologica, più che altro lo dobbiamo a questa collana.
Sia gloria dunque e considerazione per Galaxy.
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Altra ottima rivista (Fantasia e Fantascienza) che però ha avuto vita breve, pur non essendo stata avara di buoni racconti.
Presento volentieri questa copertina di copertine perché spero adatta a fornire agli interessati una sia pur vaga idea di quel che è stata.
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UNA NOTA
Era previsto per oggi, ore otto, l’inizio della seconda parte del dossier sulla fantascinza. La parte dedicata a un breve ritratto (breve per modo di dire, impegnerà poco meno di due mesi, mercoledì dopo mercoledì) di Lino Aldani, universalmente riconosciuto come padre della Fantascienza italiana. Lo spazio è stato dedicato invece a un breve pezzo su IMU e Vaticano che mi interessava e urgeva proporre.
Chiedo venia a tutti per questa legittima ma imprevista sostituzione. (Mauro Antonio Miglieruolo)