La Comunità Europea è una dead union walking

          

 

articoli, video, poesie, immagini di Francesco Masala, Vincenzo Costa, Gregorio Piccin, Enrico Euli, EZLN, Sergio Romano, Maurizio Acerbo, Stefano Galieni, Batko Milacic , Marcello Foa, Roberto Musacchio, Jonathan Cook, Gian Luigi Deiana, Ferruccio Brugnaro, Gianni Gatti, Michele Santoro, Bertolt Brecht, Vauro, Gianluca Cicinelli. A seguire molti link e una nota della “bottega” sui nostri dossier precedenti.

La libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta – Theodor W. Adorno

Premesso che tutte le guerre sono da condannare, e naturalmente anche quella in Ucraina, che è l’ultima di centinaia di guerre nel mondo dopo la seconda guerra mondiale, detto questo, quando la polvere delle macerie e delle fosse comuni si sarà posata bisognerà fare i conti, ma sarà tardi, bisogna farlo subito.

provo ad affrontare alcuni punti su cui riflettere, secondo me, conoscendo bene le parole di Frank Zappa: una delle mie tesi filosofiche preferite è che la gente sarà d’accordo con te solo se è giá d’accordo con te. Non riesci a cambiare la mente degli altri.

1 – la Russia si è presa la parte del torto, chi attacca ha torto, ma leggendo e ascoltando Romano Prodi, Sergio Romano, Marcello Foa, fra gli altri, noti complottisti, sembra di capire che l’Europa avesse deciso, già dal 2008, che l’Ucraina sarebbe dovuto essere uno stato cuscinetto e fuori dalla Nato, che gli Usa sono dietro a tutti i colpi di stato e cambi dei governi nei paesi dell’ex-Urss, che la Russia ha torto sulla guerra, ma non ha torto sulle richieste, inascoltate, politiche e geostategiche.

2 – gli Usa (il paese più terrorista del mondo), dopo la caduta del Muro di Berlino, hanno deciso che avrebbero dominato il mondo, a qualsiasi costo (l’unico nemico buono è quello morto, come per gli indiani d’America, né più, né meno, e una volta conquistato, di quel paese si fa saccheggio, l’Iraq ricorda qualcosa?)

3 – la Russia, legittimamente, non vuole i missili, della Nato sui suoi confini, come gli Usa, legittimamente, non vogliono missili puntati contro di loro ai confini del Canada e del Messico, la regola che Usa ed Europa seguono è la regola diabolica fai agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te.

4 – la vergogna dell’Europa è che sembra composta di stati a stelle e strisce, nella fase di declino degli Usa, si sono rimangiati le promesse alla Russia, sull’Ucraina stato cuscinetto e fuori dalla Nato, inviano, come ordinano gli Usa, armi (finanziate con gli eurobond o fuori bilancio?) agli ucraini, che hanno appaltato la difesa a milizie paramilitari neonaziste.

proviamo a seguire il cortocircuito, l’Europa (Germania compresa) nata dalle macerie del nazifascismo, consegna le sue armi ai neonazisti dell’Ucraina, come se niente fosse (magari qualche generale potrebbe essere consultato quando si parla di guerra), la Comunità Europea nata dai sogni e dalle idee di chi stava nella carceri fasciste dà le sue armi ai neonazisti (meno male che Spinelli e Pertini non assistono a questo atto ignobile).

5 – accogliamo i migranti che vengono da un paese attaccato dal nemico, lasciamo affogare i migranti creati dalle guerre Usa ed europee, Afghanistan e Iraq, per esempio, e quelli che arrivano dai continenti di cui tutti gli stati europei, d’amore e d’accordo, si erano spartiti i territori, per depredarli, e poi una volta che gli stati africani  e il vicino e il medio oriente, disegnati col righello dai colonialisti europei, hanno raggiunto l’indipendenza, sono stati strangolati dalla politica agricola europea e dai dazi, dall’Isis e dalle bombe turche sui curdi, tutte armi per creare migranti, che non piacciono all’Europa.

6 – l’Europa, anzichè cercare la pace con il suo vicino, sostiene una guerra per procura su pressioni Usa, come un morto che cammina (ancora per poco, temo).

è raro, nella storia, vedere dei paesi che operano contro ìl proprio interesse, (economico, politico, geostrategico), quello dei loro cittadini, e quello delle loro imprese; l’Europa, gigante economico, ma pulce nella politica, è uno di quei casi.

7 – faccio una proposta/provocazione per far rinsavire l’Europa, si crei subito un battaglione, per semplicità lo chiameremo Battaglione Europa, composto dai figli e figlie e nipoti dei parlamentari europei e nazionali che sono d’accordo per mandare le armi ai neonazisti, il battaglione sia rimpolpato dai figli e figlie e nipoti dei giornalisti d’accordo con tale scelta, e contrari a un Ucraina neutrale e fuori dalla Nato, come vuole la Russia (e come voleva l’Europa nel 2008). Si troverà un accordo con la Russia prima che il battaglione parta, sono sicuro.

8 – diplomazia, diplomazia, diplomazia.

 

Il nemico – Bertolt Brecht

Al momento di marciare
molti non sanno
che alla loro testa marcia il nemico.
La voce che li comanda
è la voce del loro nemico.
E chi parla del nemico
è lui stesso il nemico.

 

Francesco Masala

 

QUALI SONO GLI SCOPI DI ZELENSKY E DELL’OCCIDENTE? SULLA FIGURA DELL’ANTICOMPLOTTISTA – Vincenzo Costa

Siamo troppo occupati a chiederci che cosa abbia in mente Putin, e non ci stiamo facendo quella che è una domanda almeno altrettanto importante: che cosa ha in mente l’Occidente? Dove vuole arrivare?

L’opinione pubblica ha oramai del tutto perso il ben dell’intelletto. La gente davvero crede che Putin voglia arrivare a Berlino e magari, perché no?, a Roma. Lo dice quello che è l’eroe mondiale del momento, Zelensky.

Crediamo davvero che i Russi vogliano far saltare le centrali nucleari? Perché bisogna proprio avere la farina nel cervello per pensarlo, ma qui ci sono anche intellettuali che lo scrivono, che ci vogliono fare credere che i russi intendono fare esplodere il più grande reattore nucleare al mondo proprio vicino a casa loro.

La capacità di farsi due domande è completamente svanita. E il motivo è semplice: se ti fai una domanda significa che dai ragione e quelli che dicono “non ce lo dicono”. E ovviamente, chi è intelligente non dice così, non è un complottista. E così l’anticomplottista da cabaret che cosa fa per non essere complottista? Crede al Corriere della sera, perché un intellettuale serio legge quelle cose li. E diventa come quei cretini che credevano che lo sbarco in Normandia fosse fallito.

L’anticomplottista non si chiederà mai: ma perché i russi puntano su Chernobyl e sulle centrali nucleari? Non è che magari sanno che Zelensky e amici stanno combinando qualcosa di losco e vogliono impedire che facciano casini? Crederà che Putin sia pazzo e voglia far saltare il mondo e casa sua. Questa è un’interpretazione più intelligente per l’anticomplottista.

L’anticomplottista è questa mente geniale, che quando Zelensky chiede che la NATO dichiari lo spazio aereo no Fly zone non si chiede: ma questo è pazzo? Ma che cosa vuole Zelensky? Perché è chiaro che se chiede la no Fly zone vuole la catastrofe nucleare.

L’anticomplottista è questa figura innamorata della propria intelligenza, che non si vuole contaminare con i poracci, e quindi non si chiede: Ma chi è Zelensky?

Gia Zelensky, attore, comico, che diventa presidente sull’onda della popolarità raggiunta impersonando come attore la parte di un presidente puro e duro (sotto un’immagine del film con Zelensky in azione).

Baudrillard sarebbe rimasto impressionato, qui si tocca con mano la precessione dei modelli (l’anticomplottista di maniera non sa che cosa siala precessione dei modelli, e io non ho voglia di spiegarglielo, e lo lascio nella sua idea di essere colto): la realtà non precede la copia, ma è la copia della copia. Un presidente per finta diventa un presidente per davvero, ma la gente ama proprio l’immagine televisiva, elegge il personaggio del film. DI questa democrazia stiamo parlando.

Zelensky diventa presidente dopo una strage, fatta da gente che fa stragi e brucia vivi donne e vecchi. L’anticomplottista non si è accorto di questa cosa, il suo metro di giudizio è: ma putin ha attaccato l’Ucraina? Tolta questa espressione è il silenzio. La sua mente anticomplottista non reggerebbe la complessità. Lui ha bisogno di bianco e nero.

Zelensky fa diventare le unità naziste, e sono parecchie, parte dell’esercito regolare, e queste fanno stragi. Zelensky silenzio, l’Europa silenzio. Vengono chiusi i giornali di opposizione, è sostenuto dagli oligarchi (ma questi so buoni, e l’anticomplottista non crede che Zelensky sia stato sostenuto da questi oligarchi, e che era una maschera, nulla di più).

Zelensky è un attore, e per recitare questa parte, per fare commuovere durante qusta guerra, chi poteva farlo meglio di un attore? No, non si può dire? E perché? Di Maio è quello che è. Ma qualcuno crede che Zelensky sia competente? Anticomplottista, che dici?

Sappiamo che le armi che stiamo mandando non servono a niente, che produrranno solo morti inutili, che gli Ucraini moriranno e perderanno la guerra. Ma l’anticomplottista non si chiede: ma perché mandare armi che produrranno solo più morti e intensificheranno il conflitto se si sa che non serve a niente?

Perché Zelensky e gli usa vogliono questi morti? Perchè Zelensky sta mandando al macello i suoi cittadini? Qual è lo scopo se anche un moccioso sa che gli ucraini non possono vincere la guerra?

L’anticomplottista non si chiede mai: a che cosa mira l’Occidente? A che cosa mira Zelensky?

L’anticomplottista è l’abbandono della ragione. L’anticomplottismo è diventato il divieto di farsi domande.

A queste domande risponderà la realtà, e sarà troppo tardi.

da qui

 

Reduci contro la guerraGregorio Piccin (*)

«Per la pace, per il rispetto dei principi costituzionali, a garanzia della salute del personale militare italiano e in nome di tutte le vittime dell’uranio impoverito. Che nessun soldato italiano venga utilizzato per questa guerra a rischio della propria vita». Così si conclude il comunicato stampa diramato dagli ex militari vittime dell’uranio impoverito all’indomani dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin.

UN COMUNICATO IN CUI i veterani italiani delle guerre Nato e delle varie «coalizioni di volenterosi» hanno fatto preciso riferimento anche alle vittime civili. Non solo, Emanuele Lepore, in rappresentanza dell’Associazione vittime dell’uranio impoverito (Anvui), è intervenuto al presidio «No alla Guerra» a Ghedi la scorsa domenica con parole inequivocabili: «Come Associazione sosteniamo tutte le iniziative che intendono fare pressioni sul governo italiano e le altre istituzioni affinché l’Italia non si impegni in una ulteriore guerra, non impieghi i nostri militari, non impieghi armi e soldi che invece possono essere destinati a ben altri e più utili usi».

UNA VOCE IMPORTANTE in questo clima da «armiamoci e partite» e che ha visto governo e parlamento «sparare» un Decreto legge Ucraina, accompagnato da uno «stato d’emergenza», destinato a gettare benzina sul fuoco.

Se n’è accorto anche papa Francesco di questa voce non conforme e, come già fatto in precedenza con i portuali di Genova in prima fila nella lotta alla belligeranza del nostro Paese, ha deciso di ricevere gli ex militari in audizione privata.

Lo scorso 28 febbraio una delegazione dell’Anvui ha rappresentato al papa, a nome delle oltre 400 vittime e delle migliaia di ammalati militari e civili a causa dell’esposizione all’uranio impoverito, tutta la sofferenza e il dolore per i lutti e lo sconcerto per l’atteggiamento da parte dello Stato che continua a negare suquesto verità e giustizia. La delegazione é stata accompagnata in udienza dal consulente legale dell’Associazione, l’avvocato Angelo Tartaglia, che ha riassunto al pontefice i lunghi anni di battaglie per avere giustizia insieme alla volontà di perseguirla anche per le migliaia di vittime civili nei territori colpiti dai bombardamenti con munizioni contenenti uranio impoverito durante i conflitti che hanno insanguinato il mondo negli ultimi anni – e probabilmente presente anche nella guerra ucraina. Nella delegazione anche Jacopo Fo, socio onorario dell’associazione, che ha ricordato al pontefice di come il governo italiano fosse al corrente dell’uso di tali letali armamenti già durante la Prima guerra del Golfo e l’impegno profuso da Franca Rame nel denunciare il criminale impiego di queste armi.

«IL PAPA HA BEN COMPRESO il livello della nostra battaglia” ha dichiarato l’avvocato Tartaglia, che ha vinto oltre 270 cause contro il Ministero della difesa sulla questione uranio impoverito e che sta mettendo a disposizione questa giurisprudenza per l’avvio di procedimenti legali anche in Serbia. «Quando gli ho fatto presente che è mia intenzione andare anche in Kosovo per avviare un percorso di verità e giustizia – continua l’avvocato – si è complimentato per il coraggio di mettere a rischio la vita per i più deboli. Ha detto che ci sosterrà in questa battaglia».

Secondo Vincenzo Riccio, presidente dell’Associazione delle vittime dell’uranio impoverito «non era scontato in un momento come questo che il pontefice potesse accoglierci in udienza mentre lo Stato italiano continua ad ignorarci a prescindere. Gli siamo estremamente grati per questo. Di lui ci ha colpiti la volontà di saperne di più sulla vicenda e l’aver definito la nostra testimonianza come l’ennesima dimostrazione che la follia della guerra semina solo il male».

L’IMPEGNO CHE papa Francesco si è preso di fronte a questa delegazione ed ai racconti diretti delle vittime è una buona notizia in questo frangente storico di isteria belligerante. La «pandemia da uranio impoverito» sta unendo in un’unica battaglia per la pace le vittime militari e civili, mettendo il nostro Ministero della difesa alle strette rispetto ad una delle più colossali contraddizioni della narrazione ufficiale: ossia pretendere di difendere diritti umani e pace con invii di armi, bombardamenti indiscriminati ed interventi unilaterali.

Se in tutta Europa si affermasse un movimento di reduci contro la guerra come quello che prende forma in Italia sarebbe un vero contributo alle istanze di distensione e disarmo che tentano di farsi strada nel bel mezzo della guerra mondiale, finora «a pezzi» secondo la denuncia di Francesco, che stiamo vivendo.

(*) Responsabile Pace, area Esteri PRC-S.E.-  da Il Manifesto, 09/03/2022

da qui

 

 

parole al vento (di guerra) – Enrico Euli

Non farci coinvolgere!

Osservo con soddisfazione che, dopo più di dieci giorni dai primi missili, il sito di Repubblica abbia corretto il titolo ‘Il conflitto Russia-Ucraina’ in ‘La guerra Russia-Ucraina’.

Il conflitto esiste da molti decenni e attraversa diverse dimensioni e livelli: culturali, territoriali, politici, economici.

Quel che si è avviata ora è una guerra, che non è altro che uno dei modi (violenti) di gestire quei conflitti. Confondere guerra e conflitto è un dogma irrinunciabile per chi vuole difendere l’idea che l’unica risposta sia quella militare.

Non possiamo esimerci dall’essere coinvolti in un conflitto come questo, perché ci coinvolge alla radice. Un’altra cosa sarebbe/è farci coinvolgere dalla guerra.

Ma anche su questo livello il mantra del ‘non farci coinvolgere’ (per quanto resistiamo ad entrare direttamente in campo) mostra evidentemente la corda: siamo già nella lista russa dei paesi ‘ostili’ e stiamo giocando col fuoco.

Quando l’Ucraina sarà invasa e Kiev occupata, la tentazione ed i richiami ad entrare apertamente in guerra per l’Occidente si faranno pressanti.

Credo che -come ho già scritto- lì tradiremo definitivamente gli ucraini.

L’alternativa sarebbe ancora più tragica e sanguinosa, e si chiamerebbe Terza Guerra Mondiale (nucleare). Non vedo dove sarebbe il guadagno in termini di distruzione e morte per l’Europa e la Russia intere. Per evitare, forse, 100.000 morti ucraini e russi metteremmo a rischio la vita di milioni di persone nel mondo intero.

Credo che, se la follia si porrà dei limiti, l’unica vittima sacrificale è, sarà e resterà l’Ucraina.

Ma, purtroppo per tutti noi, non è detto che questi limiti non possano essere scavalcati, come spesso è accaduto nella stupefacente e terribile storia degli umani.

Non generare escalation!

In ogni prima fase di guerra questo è l’altro mantra d’obbligo per chi dice di volere la pace.

Lo dicevano tutti, prima che iniziasse, e sappiamo com’è andata.

Continuano a dirlo tutti, ora che ci siamo dentro fino al collo, e sapremo come andrà.

La guerra è, per sua essenza, causa ed effetto d’escalation.

Dentro una guerra non può non esserci escalation.

A meno che almeno una delle due parti non disarmi unilateralmente e vada a trattative.

O a meno che non si erga una potenza mediatrice che abbia la forza, il prestigio e la fiducia delle parti per ‘costringerle’ a trattare e a far cessare il fuoco.

Non mi pare che queste due condizioni si stiano realizzando.

E quindi escalation è e sarà, ancora per un bel po’: con buona pace di tutti, la guerra continuerà sino a quando Putin vorrà.

La fase 2, ad occupazione avvenuta, è ancora tutta da vedere.

Rappresaglie reciproche (politiche, energetiche, militari, nucleari?) sono però certe sin d’ora.

Il nuovo dis-ordine mondiale è -comunque- alle porte.

We stand with Ucraine!

Il terzo mantra è ‘c’è un aggressore e un aggredito, noi stiamo con questi contro quelli’.

Ogni volta che un bullo aggredisce una vittima sono molte le domande –  sistemiche – che dovremmo porci. E comprendere (o almeno ascoltare) le motivazioni del bullo non significa giustificarne le azioni o non cercare di interromperne la violenza in atto.

Se si vuole mediare è necessario non parteggiare.

A meno che non si sia diventati razzisti verso un popolo (compresi i russi anti-Putin ed anti-guerra), e non più contro un governo o uno Stato.

Mi pare ovvio -anche ai nostri occhi oltre che inevitabilmente a quelli dei russi- che non possiamo porci come mediatori se -nel frattempo- diamo armi ed aiuti ad una parte sola.

E se è impossibile essere neutrali, possiamo però sempre provare ad essere equidistanti e multiparziali.

E se non possiamo esserlo noi, è importante trovare qualcuno che ci possa riuscire.

Magari un africano?

Se fossi un africano sarei incazzato nero con noi: dopo un decennio di respingimenti razzisti, ora stiamo per ospitare milioni di bianchi ucraini, a braccia aperte, come se all’improvviso fossero spuntati cuori, abitazioni, lavoro e risorse.

Per farci amare da qualche milione di ucraini, stiamo scegliendo di rafforzare l’odio ed il risentimento nei nostri confronti da parte di miliardi di neri ed asiatici.

Ce li meritiamo di brutto.

Tutto questo ‘amore’ è ipocrita, anticristiano, buonista ma discriminatorio e razzista nel profondo.

Come sempre, ‘we stand with ourselves’, e basta.

La democrazia vincerà!

L’ultimo ritornello è ‘il crimine non paga, il diritto e la democrazia vinceranno’.

Nel 2019 Putin già dichiarava ad un giornalista che ‘la democrazia aveva fatto il suo tempo’.

Come dargli torto?

Tutti i tentativi di ‘democratizzare la democrazia’ – perlomeno dagli anni 80 ad ogg i- sono stati respinti, marginalizzati, ridicolizzati, repressi.

Il ritorno al dispotismo e al (neo)feudalesimo era già nelle cose da tempo: la post-democrazia non l’ha inventata Putin né questa guerra.

La stiamo realizzando ovunque, attraverso le nostre scelte, i nostri mercati, i nostri muri e le nostre guerre.

Che il crimine paga l’abbiamo già dimostrato noi ampiamente.

Che il diritto e la democrazia non vincono contro la violenza e la prepotenza, anche.

In Afghanistan, in Libia, in Siria, in Birmania, a Guantanamo, in Palestina, in Algeria, in Egitto.

Così come in Russia, Bielorussia, Kazakistan o in Turkmenistan, Cina, India e Pakistan.

La democrazia che volevamo esportare con la guerra ora ci si ritorce contro: noi l’abbiamo persa, loro l’hanno rifiutata. In entrambi i casi, per un solo amore: quello per il dominio ed il denaro.

Questa guerra, e quelle che verranno, sono soltanto il consequenziale epilogo della storia nel capitalismo (occidentale).

Una storia che aveva intenzionalmente confuso globalizzazione con cultura planetaria, e sostituito impunemente l’ecologia con il greenwashing, la nonviolenza con il pacifismo, il socialismo con il solidarismo filantropico.

E che continua a farlo, con insistenza spocchiosa, arroganza senza fine e totale assenza di lungimiranza.

Putin guarda all’indietro, propala modelli e orientamenti terribili, ma ha una visione del futuro.

Noi no.

da qui

 

 

Nessun paesaggio dopo la battaglia – Commissione Sexta EZLN

COMMISSIONE SEXTA ZAPATISTA, MESSICO

NON CI SARÀ PAESAGGIO DOPO LA BATTAGLIA
(Sull’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo)

Ai firmatari della Declaración por la Vida
Alla Sexta nazionale e internazionale
Compañer@s y herman@s:

Esprimiamo il nostro pensiero e parole su quanto sta accadendo attualmente nella geografia che chiamano Europa:

PRIMO. C’è un aggressore, l’esercito russo. Ci sono interessi dei grandi capitali in gioco, da entrambe le parti. Coloro che ora patiscono i deliri di alcuni ed i subdoli calcoli economici di altri, sono i popoli di Russia e Ucraina (e, forse presto, quelli di altre geografie vicine o lontane). Da zapatisti quali siamo, non sosteniamo l’uno o l’altro Stato, ma piuttosto coloro che lottano per la vita contro il sistema.

Durante l’invasione multinazionale dell’Iraq (quasi diciannove anni fa) guidata dall’esercito statunitense, ci furono mobilitazioni in tutto il mondo contro quella guerra. Nessuno sano di mente allora pensava che opporsi all’invasione fosse mettersi dalla parte di Saddam Hussein. Ora è una situazione simile, anche se non la stessa. Né Zelensky né Putin. Fermate la guerra.

SECONDO. Diversi governi si sono allineati da una parte o dall’altra, facendolo su calcoli economici. Non vi è alcun valore umanistico in loro. Per questi governi e i loro “ideologi” ci sono interventi-invasioni-distruzioni buone e ce ne sono di cattive. Le buone sono quelle portate avanti dai loro affini, e le cattive sono quelle perpetrate dai loro opposti. Il plauso all’argomento criminale di Putin per giustificare l’invasione militare dell’Ucraina, si trasformerà in lamento quando, con le stesse parole, si giustificherà l’invasione di altri popoli i cui processi non sono di gradimento al grande capitale.

Invaderanno altre geografie per salvarli dalla “tirannia neonazista” o per porre fine ai “narco-stati” vicini. Ripeteranno quindi le stesse parole di Putin: “dobbiamo denazificare” (o il suo equivalente) ed abbonderanno di “ragionamenti” di “pericoli per i propri paesi”. E poi, come ci dicono le nostre compagne in Russia: “Le bombe russe, i razzi, le pallottole volano verso gli ucraini senza chiedere le loro opinioni politiche e la lingua che parlano”, ma cambierà la “nazionalità” delle une e delle altre.

TERZO. I grandi capitali e i loro governi “occidentali” sono rimasti in poltrona a contemplare – e persino incoraggiare – la situazione che si stava deteriorando. Poi, una volta iniziata l’invasione, hanno aspettato di vedere se l’Ucraina avrebbe resistito, calcolando ciò che si poteva trarre da un risultato o dall’altro. Poiché l’Ucraina resiste, si cominciano ad emettere fatture per “aiuti” che verranno riscosse in seguito. Putin non è l’unico ad essere sorpreso dalla resistenza ucraina.

I vincitori di questa guerra sono le grandi industrie degli armamenti e i grandi capitali che vedono l’opportunità di conquistare, distruggere/ricostruire territori, ovvero, creare nuovi mercati di merci e di consumatori, di persone.

QUARTO. Invece di rivolgerci a quello che diffondono i media e i social network delle rispettive parti – che entrambe presentano come “notizie” – o alle “analisi” nell’improvvisa proliferazione di esperti di geopolitica e nostalgici del Patto di Varsavia e della Nato, abbiamo cercato e chiesto a coloro che, come noi, sono impegnati nella lotta per la vita in Ucraina e in Russia.

Dopo diversi tentativi la Commissione Sexta Zapatista è riuscita a mettersi in contatto con i nostri parenti di resistenza e ribellione nelle geografie che chiamano Russia e Ucraina.

QUINTO. In breve, questi nostri parenti, che oltretutto sventolano la bandiera della @libertaria, sono decisi: in resistenza quelli che sono nel Donbass, in Ucraina; e in ribellione coloro che percorrono e lavorano per le strade e i campi della Russia. In Russia ci sono arrestati e pestati per aver protestato contro la guerra. In Ucraina ci sono assassinati dall’esercito russoLi unisce tra loro, e loro con noi, non solo il No alla guerra, ma anche il rifiuto di “allinearsi” con i governi che opprimono la loro gente.

In mezzo alla confusione e al caos da entrambe le parti, le loro convinzioni restano salde: la loro lotta per la libertà, il loro ripudio dei confini e dei loro Stati Nazione e le rispettive oppressioni che cambiano solo bandiera.

Il nostro dovere è sostenerli al meglio delle nostre possibilità. Una parola, un’immagine, una melodia, una danza, un pugno alzato, un abbraccio – anche da geografie lontane – sono un sostegno che animerà i loro cuori. Resistere è persistere ed è prevalere. Sosteniamo questi parenti nella loro resistenza, cioè nella loro lotta per la vita. Lo dobbiamo a loro e lo dobbiamo a noi stessi.

SESTO. Per quanto sopra, invitiamo la Sexta nazionale e internazionale che non l’ha ancora fatto, secondo i propri calendari, geografie e modi, a manifestare contro la guerra e a sostegno di ucraine e ucraini e di russe e russi che lottano nelle loro geografie per un mondo con libertà. Nello stesso tempo, invitiamo ad appoggiare economicamente la resistenza in Ucraina attraverso i numeri di conto corrente che ci indicheranno a suo tempo. Da parte sua, la Commissione Sexta dell’EZLN sta inviando un piccolo aiuto a quanti, in Russia e Ucraina, combattono la guerra. Sono stati inoltre avviati contatti con i nostri parenti in SLUMIL K´AJXEMK´OP per creare un fondo economico comune per sostenere coloro che resistono in Ucraina.

Senza doppiezze, gridiamo e invitiamo a gridare ed esigere: Fuori l’Esercito Russo dall’Ucraina.

-*-

Se continua e, come prevedibile, cresce, forse poi non ci sarà nessuno a rendere conto del paesaggio che resterà dopo la battaglia.

Dalle montagne del Sudest Messicano.

Subcomandante Insurgente Moisés SupGaleano

Commissione Sexta dell’EZLN. Marzo 2022

Testo originale / Traduzione “Maribel” – Bergamo

da qui

 

https://www.youtube.com/watch?v=8LSs6OYc1Iw&ab_channel=VascoBrondi

https://www.youtube.com/watch?v=4tg-Sx4JXjU&ab_channel=plikketella

 

 

 

LA NATO ARMA E ADDESTRA NAZISTI IN UCRAINA – Maurizio Acerbo

Nexta è un media filo-occidentale anti Putin. Ha svolto un ruolo fondamentale nelle proteste in Bielorussia contro Lukashenko. Con un tweet ieri sera ha comunicato che gli istruttori NATO sono arrivati a Kharkiv e che i primi a essere addestrati all’uso dei lanciagranate sono i nazisti del reggimento Azov. A essere precisi si tratta di missili anticarro portatili.

Ribadisco: questa non è una fonte putiniana; è un media “democratico” che opera da paesi Nato confinanti.

Ricordo che Ucraina e Stati Uniti tempo fa votarono contro una risoluzione antinazista all’Onu.

Dopo aver raccontato che gli islamisti reazionari erano “combattenti per la libertà”, ora è il turno di neonazisti presentati come resistenza partigiana. Queste formazioni di estrema destra sono state finanziate e armate prima per Maidan nel 2014 e poi per condizionare la politica ucraina tenendo alta la tensione con i russi. Sono state protagoniste della guerra nel Donbass contro le repubbliche di Donetsk e Lugansk.

Per trasformare l’Ucraina in un nuovo Afghanistan per la Russia – obiettivo esplicitamente dichiarato da Hillary Clinton – c’è bisogno di combattenti come questi.

La cosa più inquietante è che Nexta comunica esplicitamente che i militari della NATO stanno operando nel teatro di guerra in questo momento.

Ribadiamo il nostro no alla guerra. Siamo contro Putin e contro la Nato che è corresponsabile del conflitto.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

 

Quale tutela per quali profughi – Stefano Galieni

La direttiva europea 55/2001 approvata il 20 luglio di quell’anno, è definita in gergo una “dormiente”. Nata per far fronte a due anni di esodo di massa delle popolazioni kosovare successivo ai bombardamenti NATO su Belgrado, era servita per affrontare, anche togliendo impacci burocratici, a quelle che potevano essere emergenze future. Stabiliva una “protezione temporanea” nel caso di arrivo massiccio nell’UE di stranieri che non possono rientrare nel loro paese, in particolare a causa di una guerra, violenze o violazioni dei diritti umani. La normativa stabilisce una tutela immediata e transitoria di tali persone sfollate e assicura un equilibrio degli sforzi realizzati tra gli Stati membri che ricevono tali persone e subiscono le conseguenze di tale accoglienza. Si trattava di una di quelle leggi che poteva contribuire a “fare l’Europa”. Superando infatti egoismi nazionali, la tutela – secondo la direttiva – quando il Consiglio adotta, su proposta della Commissione, una decisione che specifica i gruppi di persone a cui si applica la protezione, questa vale per tutti gli Stati membri. Una protezione di un anno, prorogabile per altri due ma che può interrompersi laddove secondo il Consiglio, sempre su iniziativa della Commissione, avrà accertato che la situazione nel paese di origine consente un rimpatrio sicuro e stabile agli sfollati. Secondo il testo approvato “Possono essere escluse dal beneficio della protezione temporanea le persone sospettate di crimine contro la pace, crimine di guerra, crimine contro l’umanità, reato grave di natura non politica, azioni contrarie alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite e le persone che rappresentano un pericolo per la sicurezza dello Stato membro ospitante”.

Da 21 anni di crisi umanitarie che hanno investito l’Europa ce ne sono state così tante che è impossibile ricostruirle tutte. Ma vuoi che non accadevano in un territorio ritenuto, al di là delle convenzioni, Europa, vuoi che non sempre se ne è raccontata la portata, la direttiva 55 è stata rimossa dalla cassetta degli attrezzi cui poter ricorrere. A dir la verità ci ha provato l’Italia quando, dopo la caduta di Ben Alì in Tunisia e nell’esplodere delle Primavere Arabe, decine di migliaia di persone si riversarono su Lampedusa con lo scopo di raggiungere altri Paesi europei. Si chiese di attivare la direttiva ma la risposta fu negativa. Tante le ragioni, anche termini come “arrivo massiccio” e “promozione dell’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri” permettevano di rendere discrezionali le interpretazioni, col risultato che la direttiva non venne applicata. Lo fece l’Italia del ministro dell’Interno Roberto Maroni che la applicò unilateralmente, scatenando poi polemiche con le autorità transalpine perché migliaia di giovani cercarono di uscire dall’Italia. Il nostro stesso paese fece una scelta umanitaria ma gestita in maniera, come al solito emergenziale. Fu in quella stagione che si svilupparono infatti i maggiori guadagni illeciti sull’accoglienza e che si realizzò l’operazione criminosa nota come Mafia capitale. Nella riunione del 4 marzo 2022, i ministri dell’Interno dei 27 Paesi hanno comunemente deciso, in ragione della guerra in Ucraina, di risvegliare la direttiva. Del resto i numeri di coloro che premevano ai paesi confinanti era già elevato e aveva superato il milione e mezzo di persone, in maggioranza donne, anziani e bambini. Una decisione da apprezzare – su cui poi però tornare, ma che, per pressione degli Stati del gruppo Visegrad e dell’Austria, ha subito subito una particolare torsione. In Ucraina su 44 milioni di abitanti, ci sono 5 milioni di cittadini immigrati, molti anche da paesi africani e che regolarmente lavoravano fino allo scoppio della guerra. La direttiva si applicherà soltanto a chi ha la cittadinanza ucraina e può dimostrarlo, chi è solo residente, non importa da quanto, dovrà affidarsi alla benevolenza della legislazione dei singoli stati in cui, se riusciranno a uscire, finiranno. Come se su di loro non si abbattessero i bombardamenti.

Ma torniamo alla direttiva e consideriamola alla luce degli ultimi avvenimenti. Gli Stati membri dovranno rilasciare alle persone ammesse alla protezione temporanea un titolo di soggiorno valido per tutta la durata della protezione. All’occorrenza, gli sfollati devono disporre di qualsiasi agevolazione per ottenere i visti prescritti, con formalità e costi ridotti al minimo. Alle persone ammesse alla protezione temporanea saranno accordati: il diritto di esercitare un’attività di lavoro subordinato o autonomo;  di partecipare ad attività nell’ambito dell’istruzione per adulti; della formazione professionale e delle esperienze pratiche sul posto di lavoro; ad ottenere un’abitazione adeguata; a ricevere l’aiuto necessario in termini di assistenza sociale, contributi al sostentamento, qualora non dispongano delle risorse necessarie, e di cure mediche; per i minori, accedere al sistema educativo al pari dei cittadini dello Stato membro.

I componenti di una stessa famiglia che sono stati separati e che sono stati ammessi alla protezione temporanea in Stati membri differenti o di cui alcuni componenti non sono ancora sul territorio dell’UE devono beneficiare del ricongiungimento familiare in un unico Stato membro. Oltre alla necessaria attenzione da riservare ai minori non accompagnati, la direttiva segnala un grande passo avanti rispetto alle normative sull’asilo. In pratica chi fugge potrà o presentare domanda per avere lo status oppure gli Stati – e questo accadrà – potranno decidere che il beneficio della protezione temporanea non sia cumulabile con lo status di richiedente asilo. Questo permette allo Stato di alleggerire l’onere sul sistema asilo di competenza non considerando le domande presentate. Questo significa che chi ottiene la protezione deve restare nello Stato assegnatogli, se va in un altro Stato membro si applicano su di lui i criteri del Regolamento Dublino, si è illegali nello Stato in cui ci si è recati e si viene rimandati nel Paese in cui si è stati inseriti. Non è prevista dalla direttiva una stabilizzazione in UE dei profughi, ma le esperienze passate mostrano come le guerre possano esplodere in pochi i giorni ma poi trascinare mefitici effetti per decenni, quindi anche tutti gli articoli riguardanti il rimpatrio volontario o forzato quando il Paese da cui si è fuggiti non è considerato più a rischio, difficilmente funzionano e vengono espediti. Tra l’altro è giustamente previsto che se minori iniziano in un Paese UE un ciclo scolastico possano portarlo a termine, difficile poi se non impossibile interrompere rapporti di lavoro e di convivenza che spesso si vengono a creare. La direttiva è poi finanziata mediante il Fondo europeo per i rifugiati, se questo è insufficiente perché in un Paese il numero di persone giunte non può essere supportato, il Consiglio deve intervenire raccomandando un ulteriore sostegno allo Stato membro interessato. Il numero dei profughi dall’Ucraina intanto continua ad aumentare in maniera incessante. Secondo Filippo Grandi, Alto Commissario Onu per i Rifugiati il 7 marzo erano già oltre 1,7 milioni, 500 mila in più rispetto alla rilevazione del 4 marzo. C’è già chi la definisce come la più veloce ondata di profughi della storia e per gran parte si tratta di donne e minori, questi ultimi sovente non accompagnati. Almeno un milione sono entrati in Polonia, altri nei paesi confinanti, Ungheria, Moldavia, Romania e Slovacchia. Da lì sono già in molti coloro che stanno cercando di raggiungere altri Paesi UE dove, insieme ai 5 giorni di quarantena obbligatoria e alla profilassi covid (sparita dalle notizie quotidiane), sperano anche di ricongiungersi con parenti e amici già emigrati. L’Italia è il Paese UE con la più grande comunità ucraina, quasi 240 mila persone, quindi non a caso sono 21.095 i cittadini ucraini entrati in Italia, alla sera dell’8 marzo di cui: 10.553 donne, 1.989 uomini e 8.553 minori…

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L’orso russo vuole giustizia – Batko Milacic 

Nonostante le possibili sanzioni e le loro pesanti conseguenze economiche, l’orso russo braccato è uscito dalla tana e sta inseguendo i cacciatori. Fino a poco tempo, Russi, Ucraini ed Europei credevano che non ci sarebbe stata la guerra. Quello che vediamo ora, tuttavia, è un intervento russo su vasta scala e anche abbastanza riuscito. Dove stanno andando le truppe russe e, soprattutto, perché? E dove si fermeranno?

Rafforzata dalla disgregazione dell’Unione Sovietica, la Russia era abbastanza soddisfatta del suo nuovo status di potenza regionale di primo piano e ricordava solo verbalmente il suo glorioso passato imperiale. Durante i primi anni 2000, la Russia ha persino riflettuto sulla possibilità di integrarsi nella NATO e nell’UE, solo per vedere i suoi interessi naturali e legittimi ripetutamente e spudoratamente ignorati. Milioni di russofoni che vivevano nelle repubbliche post-sovietiche furono privati del diritto di usare la loro lingua madre, mentre i paesi baltici e l’Ucraina trassero profitto dal transito di gas, petrolio e materie prime. C’è stata persino una nuova “politica dei gasdotti”, quando la Russia è stata costretta a fare concessioni in cambio del permesso di costruire un gasdotto o semplicemente di pretendere il pagamento del gas del suo gasdotto.

 

In effetti, una Russia in ripresa è stata gradualmente presentata come un “potenziale nemico” per ribadire il ruolo della NATO come difensore dell’immaginata minaccia russa. Tutto ciò ha portato agli eventi del 2013 in Ucraina, quando i nazionalisti sono saliti al potere non senza l’aiuto esterno, rifiutandosi categoricamente di tutelare gli interessi della popolazione di lingua russa del paese, principalmente nell’Ucraina orientale. Di fronte al rischio di perdere la sua base navale a Sebastopoli (che esiste dal 18 °secolo) e volendo proteggere le persone di lingua russa che vivono in Ucraina, la Russia, con il pieno appoggio della popolazione locale, ha riassorbito la Crimea e ha sostenuto i separatisti del Donbass. A tali iniziative sono seguite il divieto di Kiev dell’uso della lingua russa nel Paese (non del tutto riuscito, tuttavia, poiché era la principale lingua parlata dell’Ucraina) e la persecuzione poliziesca dei fautori del dialogo con Mosca. Nel suo sforzo di sostenere l’Ucraina, l’Occidente ha varato una serie di sanzioni anti-russe, che hanno gravemente danneggiato l’economia russa. Tuttavia, negli ultimi otto anni, la Russia è stata pronta al dialogo. In cambio dell’autonomia per i russofoni e delle garanzie di non dispiegamento di un’infrastruttura della NATO nell’Ucraina orientale, Mosca era pronta a ritirare il suo sostegno ai separatisti e anche, eventualmente, indire un nuovo referendum in Crimea sulla sua riunificazione con la Russia.

Tuttavia, in tutti questi otto anni, si sono continuate a registrare perdite umane lungo la linea di disimpegno nel Donbass, dove si fronteggiano le forze armate di Kiev e i separatisti (al ritmo di oltre 100 all’anno). Nel frattempo, la Russia è stata ufficialmente bollata da Kiev come un “aggressore” e quelli al potere in Ucraina hanno iniziato a prepararsi alacremente per una grande guerra, chiedendo assistenza militare e finanziaria all’UE ed a Washington. E mentre il predecessore del presidente Zelensky, il milionario Petro Poroshenko, era ancora riuscito a mantenere aperto un dialogo con Mosca con l’aiuto degli oligarchi, l’attuale presidente, che è salito al potere con la promessa di cercare la pace e la riconciliazione, ha tentato di entrare nella NATO e ha minacciato la Russia con missili schierati vicino a Chernigov (750 km da Mosca). Quanto al Cremlino, si è impegnato negli ultimi sei mesi nel tentativo di negoziare con Bruxelles, Washington e lo stesso Zelensky. Tutto ciò che Putin chiedeva erano garanzie di sicurezza per la Russia. In effetti, Mosca non ha mai realmente minacciato l’Ucraina, ma è stata comunque spinta sistematicamente verso una soluzione militare.

Va notato che, prima dell’intervento, Putin ha spiegato in modo molto dettagliato ai suoi compatrioti cosa stava succedendo, ricordando come erano stati tagliati i confini delle repubbliche sovietiche e come i territori di lingua russa erano stati consegnati all’Ucraina. Ha anche chiarito che non si può parlare di violazione del diritto internazionale dopo l’invasione dell’Iraq, il bombardamento della Serbia, il riconoscimento del Kosovo e lo spostamento della Nato ai confini della Russia.

Siamo onesti: un orso che dorme pacificamente nella sua tana è stato cacciato da lì con un bastone, e ora ci si chiede perché stia inseguendo chi lo ha disturbato. Mosca è stata messa all’angolo e ora sta dimostrando la sua forza e difendendo i suoi interessi. Adesso, nel migliore dei casi, Putin si accontenterà di un cambio di guardia a Kiev e, nel peggiore dei casi, l’Ucraina scomparirà come Stato dalla mappa dell’Europa. È possibile giustificare un’aggressione provocata da molto tempo? Si tratta di una questione complessa. Una cosa è chiara: 20 anni fa, la Russia poteva e voleva entrare a far parte della NATO e dell’Europa unita. Ma entrambi hanno scelto di fare della Russia un nemico..

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Marcello Foa parla nel 2015

 

dice Romano Prodi

…Con un esempio del passato Prodi spiega perché dell’attuale crisi al confine ucraino. “Noi nel 2008 votammo per non annettere la Georgia e l’Ucraina alla Nato, non ce l’hanno imposto i russi era una volontà di tutta l’Europa per lasciare un paese cuscinetto – ricorda Prodi-. Quando io parlavo con Putin dell’ingresso dei Paesi baltici nell’UE lui era d’accordo. C’è una profonda differenza tra UE e NATO, sto dicendo che bisogna far valere questo aspetto. La sicurezza all’UE è garantita dalla NATO e noi dobbiamo essere fedeli nella NATO ma i confini della NATO dobbiamo gestirli noi europei”…

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Jalta 2.0 – Roberto Musacchio

Era in corso ancora la  seconda guerra mondiale quando Roosevelt, Churchill e Stalin si incontrarono in Crimea per discutere degli assetti del mondo dopo il conflitto. A dire che per chiudere una guerra occorre preparare la pace. Di Jalta naturalmente si può discutere. Si possono sottolineare gli aspetti “spartitori” e riflettere su come non impedì che ci fosse poi la guerra fredda. Ma pose le basi per un lungo periodo che consentì uno straordinario sviluppo dopo le devastazioni delle due guerre mondiali. Ebbe a decidere punti importanti. Il primo, la nascita dell’ONU che infatti vide la luce subito dopo. Il secondo, la rinascita dell’Europa. Certo divisa tra i due blocchi, ma per la prima volta non in guerre armate. L”89 ha posto fine all’ordine di Jalta. I “vincitori” pensarono che ormai il nuovo ordine si sarebbe costruito da sé. Al traino della globalizzazione capitalistica e delle sue “istituzioni”. I vari WTO, FMI, G7/8/20. Che non sia stato così ormai dovrebbe essere evidente. Siamo passati di guerra in guerra, di crisi in crisi. Fino all’attuale binomio pandemia/rischio di nuova guerra mondiale. Oltre ai fatti sono degenerate le “identità” tra nazionalismi e liberal bellicismo, accompagnati tutti da suprematismi. Il tutto alimentato da revisionismi storici e revanscismo. Ciò accade mentre dovrebbe essere evidente che assetti unipolari non hanno nessuna corrispondenza rispetto ad una realtà sempre più complessa e che non può essere governata col riduzionismo mercatorio. Dello spostamento dell’asse della Storia da Ovest ad Est parlano tutti. Come delle contraddizioni esplosive dei Sud.…

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Russia-Ucraina: i media occidentali fanno il tifo per la guerra – Jonathan Cook

I giornalisti fanno il tifo per l’armamento delle milizie e dei civili che producono esplosivi improvvisati, atti che di solito trattano come terrorismo.

È semplicemente sorprendente come molti giornalisti occidentali, compresi i giornalisti normalmente cauti della BBC, stiano adulando spudoratamente le giovani donne che costruiscono bottiglie molotov per le strade di città ucraine come Kiev.

Improvvisamente è accattivante creare esplosivi improvvisati, almeno, se i media ti considerano bianco, europeo e “civilizzato”.

Ciò potrebbe sorprendere altri movimenti di resistenza più consolidati, specialmente in Medio Oriente. Invariabilmente si sono trovati ad essere presi di mira come terroristi per aver fatto più o meno lo stesso.

La difficoltà dei giornalisti occidentali a contenere la loro identificazione e sostegno alla “resistenza” civile ucraina deve essere esasperante per i palestinesi della piccola Gaza, ad esempio, che sono stati rinchiusi in una prigione a cielo aperto da un occupante militare israeliano per decenni.

I palestinesi a Gaza preparano le proprie bombe molotov. Ma poiché non possono avvicinarsi all’esercito israeliano, devono appenderle a palloncini che volano oltre la barriera d’acciaio che circonda Gaza verso Israele, a volte dando fuoco ai campi.

Nessuno della BBC ha celebrato questi “palloncini incendiari” come un piccolo atto di resistenza. Di riflesso vengono attribuiti al gruppo di governo di Gaza Hamas, la cui ala politica è stata recentemente designata organizzazione terroristica dal governo britannico.

Doppi standard

I palestinesi di Gaza stanno anche subendo un blocco commerciale da parte di Israele che dura da 15 anni, progettato per ridurli alla fame. I manifestanti, tra cui donne, bambini e persone su sedia a rotelle, si sono regolarmente presentati a lanciare una pietra in direzione di cecchini israeliani lontani, nascosti dietro le fortificazioni, come un modo simbolico per rivendicare la loro libertà. Questi manifestanti sono stati spesso uccisi dall’esercito israeliano in risposta.

I media occidentali esprimono occasionalmente dispiacere per le vite perse o per le gambe amputate di quelli presi di mira dai cecchini. Ma nessuno di loro fa il tifo per questa “resistenza” palestinese come fa con quella ucraina. Più comunemente, i manifestanti sono trattati come mistificatori o provocatori di Hamas.

Gaza, a differenza dell’Ucraina, non ha un esercito e i suoi combattenti, a differenza dell’Ucraina, non sono armati dall’Occidente.

Il quotidiano The Guardian ha persino censurato il suo fumettista Steve Bell quando ha cercato di ritrarre una delle vittime dei cecchini israeliani, un’infermiera, Razan al-Najjar, che aveva cercato di aiutare i feriti. Il giornale implicava che la vignetta, dell’allora Primo Ministro britannico Theresa May, che accoglieva la sua controparte israeliana, Benjamin Netanyahu, a Londra, con al-Najjar una vittima sacrificale dietro di loro nel camino, era antisemita.

Supponendo che i media in passato siano stati riluttanti a incoraggiare persone qualunque a confrontarsi con soldati ben armati, in modo da evitare vittime civili, allora perché questa politica è stata improvvisamente abbandonata in Ucraina?

I doppi standard sono evidenti e ovunque. È impossibile affermare che i giornalisti che fanno questo ignorano le convenzioni di cronaca altrove. Sono per lo più veterani delle zone di guerra del Medio Oriente, abituati a coprire Gaza, Baghdad, Nablus, Aleppo e Tripoli…

(Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.o)

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GRANO – Gian Luigi Deiana

non di solo gasolio vive l’uomo

allora stai sul filo del tramonto –

con l’incertezza del presente umano –

col sole che declina piano piano – e con la guerra che sale col suo

conto —

 

ed ora ti sovviene quando il grano – ti consolava eppure eri un bambino –

come un fratello portandolo al mulino – ti si stringeva e ti scorreva

in mano —

 

ed era bello quell’odore di panino – andando a scuola all’inizio di

mattina –

il giorno prima era un grumo di farina –

e ancora prima poco grano in un cestino —

 

e prima ancora era erba in file indiane – seminate in solchi di

preghiera – e tuo padre le guardava sera a sera –

perchè tanto si trattava del tuo pane —

 

così gira come sempre questa sfera – portando muta il dolore di chi

geme – così s’innalza la spiga di quel seme ‐ al  vento incerto della

nuova primavera

(un augurio a tutti quelli che seminano, e a chi ogni notte fa il pane)

 

DOBBIAMO METTERCI CONTRO SEMPRE – Ferruccio Brugnaro

Contro la guerra
noi dobbiamo metterci sempre
contro la guerra
noi dobbiamo essere
contro la guerra
sempre
mille volte al giorno, un milione di volte
un miliardo
e ancora
Molti dicono che la guerra
è brutta per tutti
che ammazza tutti.
La guerra travolge tutti
sì, è vero
ma è brutta per noi
soprattutto
perché massacra noi
operai
massacra noi popolo, noi che abbiamo
costruito arterie
tra un capo e l’altro
della terra
noi che abbiamo sempre fatto
camminare il mondo
con la grande speranza
delle nostre fatiche
delle nostre attese
dei nostri lunghi silenzi.
La guerra è terribile, sì
per tutti
ma colpisce noi
soprattutto
è contro di noi sfruttati
donne
gente semplice.
La guerra colpisce noi
soprattutto
colpisce noi
è la festa dei dominatori
è la strage
del nostro sangue
si schiaccia
tutto il nostro sangue
si profana tutta
la nostra vita
senza pietà.

Non chiamateci più
a questa festa
Non verremo Più
non ci saremo più.
Ci metteremo contro
duramente.
Sputeremo sui vostri
gagliardetti
sulle vostre sfilate
sui vostri discorsi
non vi perderemo di vista
voi
voi
voi che siete
la guerra da millenni
la guerra di oggi
la guerra di domani
voi
voi
che siete la guerra
interminabile
da tutti i tempi
la guerra da sempre
non vi perderemo di vista più
non vi perderemo di mira più
con tutto il nostro odio
con tutta la forza
della nostra gioia.

(Ferruccio Brugnaro, Le stelle chiare di queste notti, Campanotto editore, Udine 1993)

 

Cosa cambia durante la guerra in Ucraina? – Gianni Gatti

…Mentre Letta mette l’elmetto da marine per mandare armi e mezzi in Ucraina, trascurando che la Sanità per dire è allo sbando per mancanza di risorse impegnate, il ministro degli esteri va in Qatar con il CEO dell’ENI a far scambio armi- contro gas e petrolio come ottimo piazzista della finanza che applaude…tanto il PIL si alza e per le sostenibili… non sono in agenda!

Utile chiarire perché Putin e NATO sono due facce della stessa medaglia e vivono di questa cultura sviluppata da incroci vari nel tempo di comportamenti, idee, provvedimenti nazionali, pressioni dei gruppi finanziari, dove le grandi aziende Multinazionali saltano a piè pari ogni regola(anche fiscale) nazionale per usare la globalizzazione in corso a loro esclusivo favore.

La cultura è terreno di parole, ma la devastazione di merito e di forma dall’istruzione ai media che ormai fanno “sistema”, sono l’humus di crescita di un nuovo modello sociale imperiale.

Sistema in cui chi ha per obiettivo produrre merci, creare ricchezza anche se attraverso privatizzazioni, opere inutili, uso di energie clima-alteranti, spreco, corruzione o semplicemente fregandosene della fiscalità vigente, dell’uso sistematico di banche in stati canaglia per mettere profitti al sicuro, è additato come meritevole, invidiato.

Questa situazione internazionale non ha più distinzioni fra area orientale e occidentale, hanno lo stesso metodo, la stessa visione sociale.

I partiti nazionali si sono adeguati a questa filosofia, tutti, basta vedere cosa approvano in parlamento e come fanno passare provvedimenti, con un attacco senza precedenti anche all’autonomia dei comuni che sono le istituzioni più vicine alla democrazia territoriale (almeno in parte).

Quindi oggi vediamo Letta e Conte nella versione simile ma opposta, della violenza dura di Putin,

vediamo il M5S, alla faccia della transizione ecologica, disperatamente lanciato a reperire gas in Libia, nell’Arabia Saudita, in Egitto(altro che Reggeni!)

Cadono le maschere, si unificano i metodi, le procedure di ingaggio politico.

Per gli orfani della sinistra si apre non una fase triste di sconfitta, ma finalmente l’opportunità di togliere lenti deformanti ideologiche, approfondire analisi e soprattutto tornare a parlare con la gente senza temere critiche di populismo, dato che da anni la politica ha abbandonato territori e obiettivi sociali di lotta.

La sinistra che ha attraversato il sindacalismo lo ha deprivato anche di una determinazione forte, adeguando di volta in volta obiettivi di lavoro, indipendentemente da condizioni, ambiente e reddito, ma per fortuna ci sono ancora forti sacche di resistenza proletaria che fanno da traino ad un cambiamento anche formale. Una per tutte la lotta degli operai della GKN di Firenze !!!!

Alla fine serve una forte riflessione politica su quale modello deve tornare ad essere il modello sociale a cui ispirarsi e su questo ricalibrare ogni lotta nei territori, sui vari temi portanti dato che non sono più “quelli di una volta”, mentre nel presente non sono affatto chiari come prospettiva.

da qui

 

https://www.youtube.com/watch?v=zIMLxXSeuFY

 

Meno odio più iodio – Gianluca Cicinelli

C’è questo piccolo particolare, in caso di attacco nucleare o fuga di radiazioni da una centrale colpita da bombardamenti, che chi non muore subito muore dopo e morire è ancora un’opzione umana, i sopravvissuti patiranno conseguenze terribili e devastanti. Noi però siamo furbi e abbiamo le pillole di iodio.
Il giornalismo mortifero italiano, dopo lo scoop della corsa ai bunker anti atomici, rilancia la sceneggiatura de I Sopravvissuti in cui vivono le redazioni (rediazioni, potremmo dire in questo caso) italiane e si butta sull’ultima frontiera del ridicolo: in caso di attacco nucleare ti prendi la pasticchetta alla iodio. Sorridendo se possibile, che, come si sa, gente allegra il ciel l’aiuta.

Premessa: dopo il disastro di Chernobyl nel 1986 l’Istituto Ramazzini effettuò una ricerca sugli effetti cancerogeni a lungo tempo delle radiazioni ionizzanti. Il risultato, utilizzando come sempre i topi, fu semplice e terribile: vennero evidenziati effetti cancerogeni anche alle dosi più basse assimilate dai topi, inferiori a quelle assorbite da esseri umani rimasti nelle zone contaminate. Non è questione quindi di essere catastrofisti ma realisti e scientifici nel deridere il tentativo di normalizzare la fine del mondo con le pasticchette di iodio.
Non solo: l’Oms ha di recente valutato che tra i 5 milioni di persone che vivono tra Ucraina, Bielorussia e Russia nelle zone colpite dalla fuga radioattiva di Chernobyl 36 anni fa sono previsti 40 mila casi di tumore entro il 2065 ancora a causa dell’incidente. Forse lì non hanno la pasticchetta di iodio, chissà.

Dopo un disastro nucleare vengono rilasciati nell’atmosfera vari agenti tra cui lo iodio-131, un isotopo radioattivo che, se inalato o ingerito, viene facilmente assorbito dalla ghiandola tiroidea, con conseguente cancro alla tiroide.
Ma se tu sei furbetto e leggi i giornali ecco che ti sarai procurato la pasticchetta di iodio, che, attenzione perchè lo specificano proprio, somministrato prima o all’inizio dell’esposizione allo iodio radioattivo riduce efficacemente le conseguenze dell’esposizione.

Prima o all’inizio, mi raccomando. Quindi dovete fare così. Chiamate Mosca 3131 (questa è per over 50), vi fate passare Putin che anche se al momento occupato vi richiamerà essendo persona educata. Appena in linea gli chiedete: “A Vladimì, niente niente oggi volessi sparà un missile su una centrale nucleare? Sai, ho gente a pranzo e non so se mettere il sale iodato sull’insalata”. Appena avuta certezza dell’ora dell’attacco andate, tomi tomi cacchi cacchi, in farmacia a comprare le pasticche di iodio, e un paio di minuti prima dell’ora che vi ha detto Putin ingerite la pasticca ed evitate il cancro. Semplice no?

Con un poco di zucchero la pillola va giù,
La pillola va giù, pillola va giù.
Basta un poco di zucchero e la pillola va giù.
Tutto brillerà di più.

 

segnaliamo alcuni interessanti articoli:

https://libertariam.blogspot.com/2022/03/forte-e-chiaro-ogni-volta-che-parlate.html

https://libertariam.blogspot.com/2022/03/uscire-dalla-logica-di-morte-di-angelo.html

https://libertariam.blogspot.com/2022/03/ucraina_10.html

https://libertariam.blogspot.com/2022/03/erano-stati-avvertiti-l-eggete-cosa.html

https://libertariam.blogspot.com/2022/03/senzaconfine-ripudia-la-guerra-roma.html

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https://libertariam.blogspot.com/2022/03/fermare-lorrore-di-carloparis.html

https://libertariam.blogspot.com/2022/03/bambini-e-guerra-giuseppe-de-vincenti.html

https://libertariam.blogspot.com/2022/03/pace-diromano-rinaldi-bari.html

 

UNA NOTA DELLA “BOTTEGA” SUI NOSTRI DOSSIER

Vedi il 9 marzo Grande è la guerra sotto il cielo. La situazione è pessima con testi, link e video di Lorenzo Guadagnucci, Marco Maurizi, Loris Campetti, Francesco Borgonovo, Gianni Tognoni, Gigi Proietti, Associazione Centro Documentazione Polesano, Fabrizio de Andrè, Jonathan Ng Truthout, Pepe Escobar, Domenico Gallo, Tiziano Cardosi, Wu Ming e Giuseppe Bruzzone.

Martedì 8 marzo  Un altro giorno è andato articoli, link e video di Pino Arlacchi, Francesca Borri, Pasquale Pugliese, Tonio Dell’Olio, Danilo Tosarelli, Marinella Mondaini, Linea d’Ombra, Roberto Vivaldelli, Enrico Euli, Alessandro Orsini, Gianni D’Elia, Matteo Saudino, Carlo Bellisai, Mauro Presini, Geraldina Colotti, Franco Battiato, Lucio Caracciolo, Alberto Sordi. E la petizione “Basta discriminare gli africani che scappano dall’Ucraina“. 

Lunedì 7 marzo in Le persone, gli eserciti, le sanzioni, i gasdotti e… (e quel che potremmo fare) articoli di Sergio Bellucci, Moreno Biagioni, Tonio Dell’Olio, Doriana Goracci e Bruno Vitale. Con una poesia di Marco Cinque e (in coda) alcuni link.

Domenica 6 marzo in Biden scrive a Putin, una guerra tira l’altra e… abbiamo ripreso articoli di Alessandro Ghebreigziabiher, Jonathan Cook, Lea Melandri, Sarah Babiker, Francesco Masala, Lorenzo Guadagnucci, Norma Bertullacelli, Fulvio Vassallo Paleologo e Mauro Armanino con un

Sabato 5 marzo testi di Franco Astengo, Giorgio Beretta con Tommaso Coluzzi, Tonio Dell’Olio, Enrico Semprini; una riflessione di Mario Agostinelli, Alfiero Grandi, Jacopo Ricci e Alex Sorokin; con un link a un testo – in inglese – di Noam Chomsky) in Ucraina-Russia: Chi lavora per la pace e… .

Venerdì 4 marzo sono apparsi in  CESSATE IL FUOCO! articoli di retepacedisarmo, Donne in Nero Reggio Emilia, Antonio Perillo, Roberto Buffagni, Ennio Remondino, Paolo Desogus, Gianni Lixi, Samed Ismail, Marinella Mondaini, Vincenzo Costa, Umberto Franchi, Michael Roberts, Thomas Mackinson, Matteo Saudino, Sara Reginella, Jeremy Corbyn, Ascanio Celestini, Ernesto Sferrazza, Marco Arturi con video e un film.

Giovedì 3 marzo Ucraina: un pezzo della guerra mondiale con interventi di Patrick Boylan, Giorgio Riolo, Gianluca Cicinelli, Olivier Turquet, Michael Brenner, Vincenzo Costa. Vale segnalare anche Censura e rete: TOR nella guerra Russia-Ucraina di Jolek78 ma anche  Nucleare e guerra: il terrore corre sui media di Giorgio Ferrari.

Domani probabilmente faremo un altro dossier.

Grazie a chi ci manda testi e link ma ovviamente sono troppi per essere pubblicati tutti in un piccolo blog come questo; perciò la redazione sceglierà solo quelli che ci sembrano più completi, articolati e “propositivi”; cercando di non ripetere cose già scritte e aggiungendo qualche link per chi vuole ulteriormente approfondire. Lo spazio dei commenti è a disposizione anche per annunciare incontri e iniziative concrete. Molto avevamo scritto intorno al drammatico nodo dell’Ucraina. Per esempio qui: La sinistra (se c’è) e la guerra permanente (che c’è) con interventi di Giorgio Ferrari ed Elio Pagani , Ucraina: quale via verso la pace? (di Umberto Franchi e di Daniele Barbieri), Catastrofe Ucraina: fra Nato e Russia (di Enrico Semprini, Gianluca Cicinelli e Umberto Franchi), Ucraina: la Storia aiuta a capire (di Giorgio Riolo), Crisi Ucraina-Nato: il ruolo dei pacifisti (di Alessandro Marescotti), Armi, la droga pesante dei terrestri… (di Francesco Masala), Fabbricanti di guerre sempre all’opera. E noi? (John Scales Avery, Tommaso Di Francesco, Antonio Mazzeo, Gregorio Piccin ) e Morire per Kiev? O per la Nato? (con articoli di Pasquale Pugliese, Elisabetta Grande, Oleksiy Bondarenko, Federico Petroni, Marinella Mondaini, Giulio Chinappi) ma vale recuperare alcuni testi meno recenti: come Ucraina: quei nazisti così coccolati (dalle democrazie) di Moss Robeson nel 2021, Per non dimenticare Odessa, 2 maggio 2014-2018 di Enrico Vigna con una ricostruzione fotografica impressionante della strage, Kiev, capitale del neonazismo europeo del 2019 (sempre di Enrico Vigna) e molti altri fra cui l’analisi storica di Rossana Rossanda nel 2014 Ucraina, genesi di un conflitto. Inoltre la “bottega” da quando esiste pubblica – in modo ossessivo? – notizie e analisi sulle spese militari crescenti, sui tragici conflitti dimenticati (o per meglio dire nascosti dalla gran parte dei media e dalla politica dei Palazzi) e sul quotidiano lavorio di chi “fabbrica” guerre nel silenzio dei “grandi” media. Lo abbiamo fatto e continueremo perchè le catastrofi non cesseranno (anzi aumenteranno inevitabilmente) se non bloccheremo un’economia e un modo di vivere che a livello mondiale si basano sulle armi e sulla sopraffazione.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Un commento

  • Francesco Masala

    scrive Edgar Morin:

    Sul baratro, ovvero come fare guerra alla guerra. La lettera aperta di Edgar Morin
    Originale qui: https://www.ouest-france.fr/monde/guerre-en-ukraine/guerre-en-ukraine-comment-faire-la-guerre-a-la-guerre-la-lettre-ouverte-d-edgar-morin-bf8aa2ae-a053-11ec-b494-7a5e63fed517

    Il filosofo e sociologo Edgar Morin ha inviato a Ouest-France una lettera aperta in cui analizza la posta in gioco della guerra in Ucraina, la radicalizzazione di Vladimir Putin e le opzioni incerte per una via d’uscita dalla crisi che potrebbe portare a una soluzione pacifica sostenibile. .
    “Mentre scrivo questo testo, ricordo l’angoscia che mi attanagliava durante la crisi dei razzi russi impiantati a Cuba nel 1962. Ero ricoverato in ospedale a New York e il mio amico Stanley Plastrick mi annunciava quotidianamente che New York correva il pericolo di essere distrutto da una bomba atomica. Poi il compromesso è arrivato in extremis e Khroutchev ha ritirato i suoi razzi. Oggi in un altro modo, ci vedo sull’orlo di un abisso, e nell’assoluta incertezza del domani”.

    Il semplice e il complesso
    Proviamo a vedere chiaramente ciò che è semplice e insieme complesso. La semplicità sta nel fatto che c’è un aggressore e un aggressore, che l’aggressore è una grande potenza e l’aggressore una nazione pacifica. La complessità è che il problema ucraino non è solo tragico e straziante, ma ha molteplici implicazioni intrecciate e molteplici incognite. Proviamo allora a vedere quale potrebbe essere una soluzione di pace che non sia la pace del cimitero per l’Ucraina.
    Ricordiamo che l’Ucraina fu divisa alla fine del 18° secolo dalla Polonia, (che sarà essa stessa divisa) dall’Impero Russo e dall’Impero Austriaco. Divenne indipendente durante le guerre successive alla rivoluzione del 1917, ma fu sconfitta nel 1920 e integrata nell’Unione Sovietica. I suoi contadini soffrirono più crudelmente della colkozificazione e della grande carestia del 1931.
    Alcuni ucraini ebbero per un momento l’illusione di essere liberati dalla Wehrmacht. Nel 1941 il separatista Bandera, divenuto collaboratore, proclamò una pseudo-repubblica indipendente sotto l’occupazione tedesca. Ma gli ucraini hanno partecipato attivamente alla resistenza al nazismo.

    L’Ucraina non è solo una grande preda geopolitica per la Russia e l’America, è una grandissima preda economica.
    Fu durante la decomposizione dell’URSS che l’Ucraina e la Bielorussia ottennero l’indipendenza in accordo con la Russia allora guidata da Eltsin. La situazione in Ucraina è peggiorata in concomitanza con l’aggravarsi delle relazioni tra Russia e Stati Uniti. L’Ucraina non è solo una grande preda geopolitica per la Russia e l’America, è una grandissima preda economica. È la prima riserva europea di uranio, la seconda di titanio, manganese, ferro, mercurio. Ha la più vasta area di seminativo d’Europa, il 25% di suolo nero del pianeta, produce ed esporta orzo, mais e altri prodotti agricoli
    Dopo una rivoluzione democratica, l’Ucraina ha subito crescenti pressioni dalla Russia e nel 2014 aspirava ad entrare nell’Unione Europea. Putin ha quindi annesso la Crimea e mantenuto la rivolta e poi l’autonomia della regione di lingua russa del Donbass. Bisogna riconoscere che la Crimea è una provincia tartara russificata, ma non ucraina. E che mantenere il Donbass in Ucraina richiederebbe una soluzione federale.

    Dal 2014 il processo infernale di feedback conflittuale Est-Ovest è peggiorato e il peggio è accaduto a marzo 2022
    Putin ha giustificato la sua azione proclamando il 18 marzo 2014: “Ci hanno mentito ripetutamente, hanno preso decisioni alle nostre spalle, ci hanno presentato un fatto compiuto. Ciò è accaduto con l’espansione dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico [NATO] a est, nonché con lo spiegamento di infrastrutture militari ai nostri confini. In effetti una guerra nel Donbass era poi iniziata nonostante gli accordi di Minsk e non si era fermata.
    In un articolo del quotidiano Le Monde pubblicato il 3 maggio 2014 avevo previsto il pericolo: «Purtroppo l’impotenza dell’Occidente non è solo, per quanto riguarda l’Europa, di natura militare, non è solo di volontà. È del pensiero politico, è semplicemente del pensiero. Sarebbe auspicabile che Hollande, Fabius e Manuel Valls prendessero coscienza dell’aumento spietato dei pericoli e proponessero l’unico piano di pace coerente, quello dell’Ucraina federale, un collegamento tra Occidente e Oriente. Non siamo più nel momento in cui dobbiamo cercare il meglio, siamo nel momento in cui dobbiamo evitare il peggio”.

    Il grosso ingranaggio
    Questo processo è stato spinto sia dalla crescente ambizione di Putin di integrare la parte slava dell’Impero russo nel suo territorio, sia dal concomitante allargamento della NATO intorno alla Russia. È più ampiamente determinato dall’escalation dei conflitti di interesse tra le due superpotenze dopo il periodo dell’accordo Bush-Putin del 2001.
    C’è stata la ricostituzione della Russia come superpotenza militare, stabilendo le sue zone di influenza in Siria e Africa, alla sanguinosa reintegrazione della Cecenia attraverso due guerre (1994-1996 e 1999-2001). L’intervento militare in Georgia (2008) poi la crescente pressione sull’Ucraina. Contemporaneamente, senza mandato dell’ONU, si è svolta la seconda guerra di invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti nel 2003, catastrofica per l’intero Medio Oriente, seguita da guerre interne almeno fino al 2009, l’invasione della Libia nel 2011. Infine gli Stati Uniti si sono impegnati in una guerra in Afghanistan dal 2001 al 2021.
    Mentre nel 1991 il presidente americano aveva promesso verbalmente a Gorbaciov che la NATO non sarebbe stata estesa alle ex democrazie popolari, la NATO ha integrato nel 1999 su loro richiesta Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, poi le repubbliche baltiche seguite da Romania, Slovenia (2004) poi Albania e Croazia nel 2004, creando un accerchiamento de facto della Russia (con due violazioni in Georgia e Ucraina). Questo accerchiamento “oggettivo” ha ricordato al Cremlino l’accerchiamento dell’URSS da parte dei paesi capitalisti nel periodo tra le due guerre e il contenimento della Guerra Fredda.
    Di qui, soggettivamente, lo sviluppo di una psicologia ossidiana in Putin e l’irrigidimento del suo regime autoritario.

    Gli Stati Uniti sono ora decisi a evitare qualsiasi guerra lontana
    Con la copertura della guerra contro l’Afghanistan, gli Stati Uniti hanno istituito basi militari nelle ex repubbliche sovietiche del sud, in Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan, continuando di fatto l’accerchiamento in Siberia. Non possiamo nascondere il ruolo della crescente opposizione tra due superpotenze per estendere o salvaguardare la loro area di influenza, né quello dell’accerchiamento da parte della NATO. L’evento significativo è che dopo il ritiro dall’Afghanistan, gli Stati Uniti sono ora decisi a evitare qualsiasi guerra lontana e che il governo ucraino aspira a essere protetto dall’Unione Europea e dalla NATO.
    Tuttavia, va ricordato che Vladimir Putin sente sempre più fortemente che ciò che è tollerato per gli Stati Uniti, in particolare l’interferenza militare nei paesi sovrani, è condannato per la Russia. Non tollererà che l’Ucraina vada a ovest. Sa che gli Stati Uniti non interverrebbero militarmente se invadesse l’Ucraina. Può pensare a una rapida invasione e ha già organizzato riserve in caso di sanzioni economiche di cui sottovaluta l’importanza a lungo termine, ma forse pensa che tutto si risolverà nel breve termine.
    Putin, inizialmente cauto e astuto, è diventato audace nel 2014 e ora è spinto da una rabbia terribile
    Senza voler entrare nella psicologia, posso immaginare l’evoluzione di questo spirito autoritario, per il quale le democrazie occidentali sono decadenti, che indurisce sempre più il suo regime militare-poliziesco in Russia, che ha creduto per un certo tempo nel 2001, in simpatia del reciproco accordo con Bush, che gli Stati Uniti trattassero con dignità il suo grande Paese. Tende a nascondere il fatto che le sue guerre in Cecenia, i suoi interventi in Georgia e infine in Ucraina nel 2014 hanno messo in allerta l’America e l’Europa. Putin, inizialmente cauto e astuto, è diventato audace nel 2014 e ora è spinto da una rabbia terribile.
    Va anche visto che mentre le truppe russe si stavano concentrando al confine con l’Ucraina, Biden ha pronunciato un discorso intransigente, a parole, il 1 marzo 2022, dove c’è una piccola frase maiuscola “non andremo in guerra” che, pur essendo legittimo, ha sbilanciato gli Stati Uniti negli equilibri di potere. E allo stesso modo nessun popolo, nessun governo in Europa ha pensato di entrare in guerra per l’Ucraina invasa, nonostante i continui appelli del presidente Zelensky e i molteplici tentativi di negoziato di Macron con Putin.

    La difficoltà di fare guerra alla guerra
    L’eroica resistenza del presidente Zelensky, del suo governo, del popolo ucraino ha senza dubbio sorpreso Putin perché ha suscitato la nostra ammirazione. Ha persino fatto abbandonare a Putin l’enorme menzogna della denazificazione, ora parla di nazionalisti ucraini. Ha indubbiamente contribuito a unificare l’Ucraina democratica e nazionale.
    Allo stesso modo, la guerra di Putin unifica l’Europa, nella sua disapprovazione e nella sua reazione, almeno per un certo tempo. L’Occidente sta cercando di fare di tutto tranne l’essenziale, la guerra stessa: questa sarebbe una catastrofe generale che farebbe precipitare Ucraina, Europa e America in una nuova, terrificante guerra mondiale.
    Da qui una risposta puramente economica di sanzioni multiple e generalizzate (personalmente ripugno profondamente le sanzioni che colpiscono la cultura, la musica, il teatro, le arti); poi la risposta è amplificata dagli aiuti economici, poi dall’equipaggiamento militare all’Ucraina, dall’organizzazione di un’accoglienza di profughi. Poi è la formazione di una legione di volontari per combattere in Ucraina. Un aspetto della tragedia è che non ci si può permettere né debolezza né forza e si è costretti a navigare tra i due in modi incerti.
    Detto questo, ricordiamo che le sanzioni colpiscono anche chi le attua. Così l’Europa rischierà una carenza di gas e altri prodotti.

    La guerra economica sarebbe stata efficace a lungo termine, ma a quel punto l’Ucraina sarebbe stata inghiottita
    La guerra economica sarebbe stata efficace a lungo termine, ma a quel punto l’Ucraina sarebbe stata inghiottita. Potrebbe avere effetti importanti in Russia, impoverire le popolazioni, suscitare una forte opposizione (la vera informazione arriva già attraverso mille canali privati nelle città russe), rafforzare o rovesciare il potere autoritario di Putin.
    Qual è, dov’è il confine tra la guerra economica, gli aiuti con le armi e l’intervento dei volontari e la guerra stessa? I bombardamenti, le rovine, le morti, gli esodi che hanno colpito la Siria, l’Iraq, la Libia, l’Afghanistan lontano da noi sono alle nostre porte.
    Arriva la più volte ripetuta minaccia di Putin di un’arma inarrestabile contro chi avrebbe attaccato la Russia: “sareste tutti vetrificati”. Sarebbe, in un eccesso di rabbia, in grado di agire? Comunque sia, lo slittamento verso una guerra che supererebbe in orrore le due guerre mondiali precedenti, non è impossibile.
    Come trovare la strada tra debolezza colpevole e intervento irresponsabile?
    Mentre scrivo Kiev non è caduta. Macron ha fatto un nuovo e valoroso sforzo con Putin, senza risultato. Tutto è incerto, tutto è pericoloso. La soluzione di compromesso accettabile per tutti sarebbe un’Ucraina neutrale e federale, data la sua diversità etnica e religiosa. Attualmente è inaccessibile.
    Una soluzione pacifica della guerra consentirebbe negoziati più generali tra Russia, Stati Uniti, Europa, non so se l’Unità acquisita durante la crisi dall’Unione Europea verrà mantenuta. Ci sarà un elemento nuovo: il riarmo tedesco, che darà alla Germania un’egemonia che non sarà più solo economica. In attesa di una soluzione ipotetica, il pericolo permanente resta. Come trovare la strada tra debolezza colpevole e intervento irresponsabile?
    In ogni caso, abbiamo visto molto spesso che le conseguenze degli interventi sono state contrarie alle intenzioni e alle decisioni, sia in Oriente che in Occidente».

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