Dove sono i Rom cacciati dal River Village?
E dove si sono nascoste le istituzioni romane e nazionali? Dove sono finiti i diritti universali?
di Nino Lisi
Ho incontrato Adriana, una Rom indirizzatami da Dijana, con il marito e l’ultima figlia (ne hanno 4: «tutti/e scolarizzati/e» hanno tenuto a dire), una adolescente con sindrome di Down, nonché un loro compagno di sventura munito di auto. Quattro persone civilissime. Fanno parte delle 35-40 (fra le quali una quindicina di bambini) che, sloggiate dal River, si sono accampate a ridosso (a quel che ho capito) della stazione di Prima Porta. Chi ce l’ha dorme in macchina, gli altri a terra. Avevano provato tutti insieme a spostarsi in una specie di parco, lì vicino, nel quale ci sono panchine e una fontanella; i cartoni sui quali dormire potevano così poggiare sul prato invece che su un pavimento. Ma da un macchinone di passaggio è stata lanciata una bomba-carta. Sono perciò ritornate alla Stazione. «Abbiamo paura di camminare per strada» ha detto Adriana.
Le loro condizioni sono tali che Adriana ha consigliato alla figlia più grande che lavora come cameriera in un locale nella zona Termini di licenziarsi perché, non ipotendosi lavare, non è in condizione di presentarsi al lavoro in modo decente per cui temono che sia il datore di lavoro a cacciarla per questo motivo. Prevenendolo spera di non compromettere la buona reputazione che la figlia si è guadagnata e che potrebbe esserle utile in seguito.Dal canto suo Adriana lavorava a servizio presso una famiglia che però è andata in vacanza, mentre il marito faceva il volontario presso una struttura di accoglienza di anziani e disabili, che curava gratis la figlia minore.
Un altro gruppo, più fortunato, di 38 persone (credo tutte bosniache) è accampato, con tende fornite dalla Croce Rossa, nella zona di via Ramazzini. Ho parlato al telefono con uno di loro che avevo conosciuto al campo due giorni prima dello sgombero. Sopravvivono non so come. Ho parlato con un altro, un romeno: è in Romania dove ha accompagnato i bambini piccoli dai nonni ma sta tornando a Roma, a Prima Porta. Perché? per racimolare qualche soldo da mandare in Romania.
Di altri non so.
Provo a premere sulle stituzioni perché apprestino soluzioni, ma già arrivarci è un’impresa.
LE IMMAGINI – scelte dalla “bottega” – sono di Mauro Biani
Sempre peggio…
Commento?
No comment.
Sono quasi sei secoli che i gagi italiani mostrano incapacità totale di avere relazioni adeguate con rom e sinti; il problema non è solo di chi agisce contro di loro con sgomberi e violenze ; è soprattutto di chi ha dato consensi elettorali a chi agisce così;
però “noi” non siamo riusciti a costruire una rete di resistenza e di solidarietà commisurata alla gravità della situazione;
bisogna creare sinergie tra le persone e le associazioni solidali; qualcuno credibile a Roma apra un conto corrente e vediamo di far arrivare un po’ di soldi; la ragazza di cui si non deve perdere il lavoro , bisogna che , come gli altri , possa dormire bene e poter fare la doccia, al limite al lavoro a fine turno…se il datore di lavoro non è della linea Raggi-Salvini;
non dobbiamo lamentarci e basta o fare buoni articoli sul manifesto;
sto governo poi , quanto dura, dipende pure da noi.
Vito Totire