«Due euro l’ora»: e poi morire di lavoro nero
un film di Andrea D’Ambrosio visto da Monica Macchi (*)
«DUE EURO L’ORA» di Andrea D’Ambrosio prende spunto dall’incendio del materassificio Bimaltex di Montesano sulla Marcellana (Salerno) il 5 luglio 2006 in cui sono morte Annamaria Mercadante di 49 anni e Giovanna Curcio di 15 anni. Nonostante il titolare della “fabbrica” sia stato condannato in via definitiva a otto anni di reclusione per “grave noncuranza per la vita delle proprie dipendenti” le famiglie delle due operaie sono rimaste sole e il regista non è riuscito neppure a girare lì il film. Anzi (molti) rappresentanti istituzionali e dirigenti pubblici hanno scaricato la responsabilità sui singoli cittadini e in primis sulle operaie che avrebbero dovuto denunciare quella fabbrica abusiva.
Nel film, in un piccolo paesino del Sud Italia in un seminterrato che fa da sartoria abusiva, Rosa e Gladys confezionano tute sportive schiavizzate da Enzo Blasi (uno strepitoso Peppe Servillo) un avido menefreghista che sfrutta le paure, l’insicurezza e l’omertà di chi finge di non vedere… ma anche la connivenza dei carabinieri, come ben esemplificato dalla scena in cui padrone e carabinieri si bevono insieme una tazzina di caffè ridacchiando e ammiccando. Rosa è una ragazzina di 17 anni che di nascosto decide di abbandonare gli studi per racimolare i soldi e raggiungere il fidanzato emigrato in Svizzera mentre Gladys è un’immigrata di ritorno dal Venezuela (interpretata da Chiara Baffi, vincitrice del premio come miglior attrice protagonista al Bari International Film Festival) che prova a ribellarsi ma la crisi economica e delusioni personali la risospingono nel laboratorio, troppo debole e sola per sindacalizzare il suo grido di protesta.
Un film di denuncia non solo del lavoro nero ma anche dell’omertà e del bisogno economico che obbliga i soggetti ad accettare qualsiasi condizione perché “o così o niente”, ma anche un film d’amore e di amicizia: dopo il rogo Rosa e Gladys vengono trovate abbracciate… e solo una delle due sopravviverà.
(*) ripreso da «Per I Diritti Umani»