Due o tre cose che so di Johnson e Johnson
di db. A seguire due (o venti … o tremila) cose che NON so di J & J più una ricerca e una “quasi” conclusione
Arrivano. Arrivanoooooo. E tutti strepitano. Ma arrivano chi? Gli extraterrestri? I libri del cantastorie Angelo Maddalena? I “ristori” del governo di Mario Draghi (che sia santo subito)? Oppure stanno arrivando i rinforzi che ci faranno vincere lo scudetto? Arrivano i giovani virgulti, ovviamente sex balance, che tra-tra-trascineranno le sinistre italiane a risorgere «più belle e più legggiadre che pria»?
Ma cosa pensate? Arrivano i vaccini Johnson & Johnson che porteranno l’Italia fuori dalla pandemia. Avete già sentito questa storia? Può darsi: ma vaccino nuovo e (presunto) buono caccia vaccino vecchio e (presunto) cattivo… o certamente in poche dosi.
Però c’è una domanda che mi urge e pizzica. Possiamo fidarci di J&J? Intendo per serietà nelle forniture e ancor più per efficacia dei farmaci. Sembra ieri che il coro mediatico giurava: Pfizer è il meglio. Tanto da “dimenticarsi” – curioso, vero? – alcuni passaggi storici non rassicuranti nella storia e/o nell’etica della “big” ditta. E a suo tempo codesta piccola “bottega” ricordò qualche fatto e il suo contesto (*) … Di recente il nome Pfizer sta perdendo l’aureola di santità ma ora la luce divina risplende su J&J.
Così ho deciso di rinfrescarmi la memoria cercando qualche notizia su big J&J. Senza faticare troppo chè… sono un vecchietto e mi stanco subito. Così in prima battuta ho chiesto a Vito Totire – chi frequenta codesta “bottega” lo conosce – di dare una occhiatina ai farmalibri sul suo comodino cercando le “glorie” di J&&; in seconda battuta ho sbirciato la rete e “copiato” qualcosina da Wikipedia (più “neutrale” di così neanche la repubblica di Soccosa). Poi in terza battuta leggerete…. quel che non so e vorrei sapere: e che dunque resta da fare. Magari insieme.
Vito Totire nel libro «Farmakiller» – di Marcello Baraghini e Stefano Apuzzo (2009, Stampa alternativa) – ha trovato a pagina 75 che il farmaco Presulsid nel settembre 2001 viene ritirato dagli USA ma resta libero in Italia (nomi commerciali ALimix e Cipril): a base di CISAPRIDE viene proposto per disturbi gastrici. Fu imputato per 80 morti ma un avvocato della parti lese (Kip Petroff) ha sostenuto che le vittime per infarto sono state almeno 1.000.
Dalle pagine 40 e 41 di «Medicine letali e crimine organizzato» – ovvero «come le grandi aziende farmaceutiche hanno corrotto il sistema sanitario» – di Peter C. Gotzsche (Giovanni Fioriti Editore, 2016) Vito Totire mi segnala la vicenda dell’anti-psicotico Risperdal. La J-J ha ricevuto una sanzione di 1.1 miliardo di dollari nel 2012 dal tribunale dell’Arkansas per aver omesso la menzione di effetti avversi (morte improvvisa, ictus,convulsioni, diabete e aumento ponderale). L’azienda negò responsabilità ma fu sanzionato anche in South Carolina (8327 milioni di dollari) e Texas (158 milioni di dollari). In particolare fu contestato all’azienda di aver trascurato gli effetti collaterali per i bambini e per gli anziani con disturbi di tipo psicotico. Girarono anche accuse di corruzione (mazzette per facilitare a vendita del farmaco a strutture che assistono anziani per i quali gli effetti collaterali paiono maggiori e soprattutto appariva “forzata” l’indicazione clinica).
Ancora il libro di Gotzsche (pagina 45). Per J&J sanzione di 355 milioni di dollari da autorità inglesi e USA per chiudere un contenzioso penale su attività di corruzione in Grecia, Polonia, Romania e Iraq.
Nello stesso libro (pag 182) racconta la storia di Vanessa, adolescente con lievi problemi di bulimia, morta a causa del CISAPRIDE. Il farmaco fu ritirato 5 mesi dopo perchè poteva causare aritmie letali. Dopo il 1998 la FDA – ovvero Food and Drug Administration, ente governativo statunitense – costrinse la J&J a inserire alcune informazioni nel foglietto illustrativo (in linguaggio popolare “bugiardino”) ma questa prescrizione non ridusse il mercato. Gotzsche sostiene che «i profitti della J-J erano di un miliardo di dollari l’anno per un farmaco che non avrebbe dovuto essere autorizzato». Nel caso di Vanessa «né il medico né il farmacista avevano fatto cenno alla possibilità di rischi»; il padre di Vanessa è diventato un parlamentare in Canada e si è battuto per una legislazione che controlli le informazioni sui farmaci.
Nel libro J-J viene spesso citata con la consociata Jansen.
Guardando la scheda Johnson & Johnson su Wikipedia ecco qualche “notiziola” (ho omesso le note sulle fonti ma chi vuole le può facilmente recuperare, incrociandole magari con altri articoli).
«Talco per bambini. Nel febbraio 2016 a J&J è stato ordinato di pagare $ 72 milioni di danni alla famiglia di Jacqueline Fox, una donna di 62 anni che è morta di cancro alle ovaie nel 2015: la società ha dichiarato che avrebbe fatto appello.
A marzo 2017, oltre 1.000 donne statunitensi avevano fatto causa a J&J per aver coperto il possibile rischio di cancro dal suo prodotto in polvere per bambini; la società afferma che il 70% della sua polvere per bambini viene utilizzata dagli adulti.
Nell’agosto 2017 una giuria della California ha ordinato a Johnson & Johnson di pagare 417 milioni di dollari a una donna che ha affermato di aver sviluppato un tumore alle ovaie dopo aver utilizzato i prodotti a base di talco dell’azienda come Johnson’s Baby Powder per l’igiene femminile. Il verdetto includeva $ 70 milioni in danni compensativi e $ 347 milioni in danni punitivi. J&J ha dichiarato che farà appello al verdetto.
[…] Nel luglio 2018 una giuria di St. Louis ha assegnato danni per quasi 4,7 miliardi di dollari a 22 donne e alle loro famiglie dopo che hanno dichiarato che l’amianto nella polvere di talco Johnson & Johnson ha causato il loro cancro alle ovaie.
Nell’agosto 2018 Johnson & Johnson ha dichiarato di aver rimosso diversi prodotti chimici dai prodotti in polvere per bambini e li ha riprogettati per rendere i consumatori più sicuri che i prodotti fossero per bambini.
Nel dicembre 2018, visto che 11.700 persone hanno fatto causa a Johnson & Johnson per tumori presumibilmente causati da polvere di talco per bambini, la società è stata costretta a rilasciare documenti interni. I documenti hanno mostrato che la società era a conoscenza della contaminazione da amianto almeno dal 1971 e aveva trascorso decenni a trovare modi per nascondere le prove al pubblico. Il 19 dicembre la società perse la sua richiesta di invertire un verdetto della giuria che si pronunciò a favore degli accusatori, che impose alla società di pagare $ 4,14 miliardi di danni punitivi e $ 550 milioni di danni compensativi».
Ed ecco altri passaggi dalla voce Johnson & Johnson su Wikipedia.
«Epidemia di oppioidi. … Entro il 2018 la società era rimasta coinvolta nell’epidemia di oppioidi negli Stati Uniti ed era diventata bersaglio di azioni legali. A partire da maggio 2018 sono stati presentati oltre 500 casi relativi agli oppioidi contro Johnson & Johnson e i suoi concorrenti. Nell’Idaho, Johnson & Johnson è parte di una causa che accusa la società di essere parzialmente responsabile di decessi per overdose da oppioidi. Il primo grande processo è iniziato in Oklahoma a maggio 2019. Il 26 agosto 2019 il giudice dell’Oklahoma ha ordinato a Johnson e Johnson di pagare $ 572 milioni per la loro parte nella crisi degli oppiacei».
Due (o tremila) cose che NON so Johnson & Johnson. Con un breve racconto sugli inganni della memoria – privata e collettiva – più un tentativo di QUASI concludere.
Queste poche notizie fanno venire voglia di sapere molto di più su J&J, anche tornando indietro nel tempo. Qui sopra avete letto «i documenti hanno mostrato che la società era a conoscenza della contaminazione da amianto almeno dal 1971 e aveva trascorso decenni a trovare modi per nascondere le prove al pubblico». Qui mi è scattato un ricordo che sto cercando di verificare (ogni aiuto sarà gradito). Negli anni ’70 collaborai con il «Collettivo Controinformazione Scienza» a varie edizioni dell’opuscolo (e poi libro con Savelli) «La scienza contro i proletari», alla rivista «Rosso Vivo» e in misura minore ad altre pubblicazioni. E sul filone della controinchiesta nel 1978 uscì (sempre con Stampa Alternativa) «Belle da morire» sull’uso criminoso dell’industria dei cosmetici. La mia memoria – ormai a gruviera, cioè ogni tanto ci sono … buchi – mi sussurrava che in una di queste pubblicazioni si parlava dei morti per il talco J&J e dei depistaggi. Ho faticato a controllare perchè nei vari traslochi ho perso (o regalato) libri e riviste ma alla fine sembra che il mio ricordo sia errato: chi possiede «Belle da morire» mi garantisce che J&J non è citata mentre in «Scienza contro i proletari» un talco che uccide c’è ma… si tratta del talco Baumol che in Francia nel 1952 “colpisce” 290 bambini, ammazzandone 70.
Eppure continuo ad avere questo “vago” ricordo: forse per averne letto in un libro, in una rivista straniera (allora tenevamo d’occhio la statunitense «Science for the People» con le francesi «Labo Contestation» e «La guele ouverte») o magari sul mensile «Sapere» … preziosissimo soprattutto nel periodo in cui lo diresse Giulio A. Maccacaro. Io continuerò a cercare – magari quando le biblioteche saranno di nuovo agibili – ma ovviamente chi può darmi un aiuto faccia un bel fiiiiischio.
Vorrei tentare una QUASI conclusione. Oggi come 40-50 anni fa quando si scopre di che lacrime gronda il potere della scienza e della medicina (e quanto giornalismo infame è pagato per tacere o per paelare d’altro) un effetto possibile è fare d’ogni erba un fascio. “Sono tutti venduti” è la frase tipica oppure “se non mi posso fidare del dottore allora vado da nonna Agata che mi dà qualche erba buona”. Senza nulla togliere alla rabbia – e neppure ai saperi di certe nonne – consiglierei un altro approccio: il metodo scientifico e la “tigna” servono per capire di chi non fidarsi e dove invece si possono trovare informazioni attendibili. Si può indagare: da sole/i ma ancor meglio in collettivo. Finchè viviamo in una democrazia (per limitata che sia e sempre più oscillante fra tiranni e pessimi pagliacci) abbiamo il diritto di esigere controlli sull’informazione come su chi produce farmaci. Magari di chiedere la nazionalizzazione delle industrie farmaceutiche… come ricordava qualche giorno un articolo di Vito Totire che intrecciava l’assassinio di Francesco Lorusso (nel 1977) con la dittatura di Big Pharma oggi sulle nostre vite. Studiare e indagare per decidere. L’opposto – così psare a me – di quell’atteggiamento assunto da molti no vax e complottisti che ci invitano a trasferirci in qualche Limbo senza scienza o medicine. Per quel che conta il mio parere invito a fare l’opposto: costruire quella organizzazione e quei contropoteri che ci permetteranno di usare le scienze a favore di tutte/i e non contro il 99 per cento dell’umanità. Chi si vuole curare da solo finisce con il dare una mano ai governi – in Italia tutti da qualche decennio – che continuano a smantellare la sanità pubblica e che favoriscono (coi nostri soldi) quella privata affidando informazione e formazione (dei medici) a Big Pharma. Secondo me chi si astiene dalla lotta – o chi vive in qualche Limbo argentato – finisce con il dare una mano a chi già vive del nostro sangue… pur se ogni tanto si traveste da filantropo, da Welfare State o da speranza, decidete voi se con la minuscola o la maiuscola.
(*) cfr Pfizer: in che mani siamo ma per il contesto vale recuperare anche Il più grande mercato dei farmaci è la gente sana – Silvestro Montanaro, La salute globale ai tempi del Covid19 , «Ricchi e buoni? Le trame oscure del filantro-capitalismo» (sul libro di Nicoletta Dentico) e i nostri dossier sul Covid.
Caro dibbi’
quando tempo fa ero coinvolto in quella cosa radiofonica che tu sai che io so e che gente a caso ascoltava, mi scontrai con tanti, ma tanti, giornalisti e comunicatori scientifici perché io sostenevo fosse più importante parlare di metodo che di merito. La trasmissione durava mezzora, e io prima di toccare la notizia (che sembra una cosa zozza ma non lo è) mi addentravo nel come e nel cosa. E poi alla fine dell’intervista, chiedevo sempre al ricercatore/trice cosa gli/le avesse lasciato il processo che lo/la (diobo’!) aveva portato/a dall’intuizione a pubblicare un paper scientifico. Ho sempre pensato che il problema non sia nel sapere le cose ma nel preparare il cervello a capire come si sia arrivati ad una determinata scoperta. Stessa cosa per il giornalismo di inchiesta.
Che dire, io leggo ed invidio la complessità delle tue idee, e mi sento un po’ meno solo.