Due spettacoli di Alessandro Sciarroni…
… con bizzarri sottotitoli in inglese: FOLK-S – will you still love me tomorrow?
di Susanna Sinigaglia
Folk-s-®-Andrea-Macchia
Avevo già letto nella presentazione della performance che si trattava di una prova di resistenza rivolta al pubblico, ma anche di una sfida per gli stessi danzatori. Infatti, si diceva che lo spettacolo sarebbe durato finché un solo performer fosse rimasto sul palco e uno spettatore in teatro. E puntualmente la regola è stata esposta prima che iniziasse la “maratona” mentre veniva presentato il tipo di ballo di riferimento, lo Schuhplattler, tipico della regione bavarese e tirolese.
Sono in sei, due ragazze e quattro ragazzi: cinque di loro hanno i pantaloni corti dei montanari, una semplice maglietta e scarpe da trekking. Uno invece – sembra il leader – indossa il costume tradizionale del Tirolo, pantaloni corti con la pettorina su camicia a scacchi e cappello da alpino. Il ballo inizia; consiste nel saltare alternativamente su una gamba e sull’altra battendosi le mani sulle gambe e sui tacchi. Fra i danzatori ce n’è uno, biondino, che attira in modo particolare la mia attenzione. È un po’ più minuto degli altri, anche delle ragazze, e si muove con un’agilità e una sicurezza sorprendenti. Dopo circa una quindicina di minuti, qualche spettatore si alza e se ne va; sembra che stiano seguendo le indicazioni iniziali alla lettera. Ma perché? Qualche performer ogni tanto si ferma per riprendere fiato e poi viene di nuovo incorporato – risucchiato – nel cerchio della danza. Passata una quarantina di minuti, ecco la prima defezione, quella del danzatore che parrebbe più anziano seguito poco dopo da una delle ragazze. Gli altri rinserrano le file; nel frattempo, qualche altro spettatore ha lasciato il teatro, ma ora chi resta viene completamente coinvolto nella gara di resistenza, trattiene il fiato e si chiede chi sarà il prossimo ad arrendersi: è l’altra ragazza. Restano in tre; scommetto fra me e me che sarà il biondino l’ultimo a cedere. E infatti, surclassa anche il leader e resta solo in scena, continuando a saltare e battere. Poi esce anche lui…
http://www.triennale.org/teatro/alessandro-sciarronifolk-s-will-you-still-love-me-tomorrow/
CHROMA_don’t be frightened of turning the page
Avevo visto la danza dei dervisci rotanti al Castello Sforzesco, nel Cortile della Rocchetta, molti anni fa: uno spettacolo indimenticabile. Perciò sapendo che Sciarroni si sarebbe cimentato in una danza rotatoria ispirata a quella dei dervisci, arrivo alla Triennale accompagnata da un misto di curiosità e diffidenza pensando che, per quanto bravo e preparato, il performer non avrebbe potuto essere all’altezza di danzatori sostenuti da un’arte che affonda le sue radici in secoli di tradizione.
Questa volta lo spazio previsto per il pubblico si trova sul palco del Teatro dove ai lati, su pedane, sono state sistemate file di sedie.
Il performer si presenta in pantaloncini corti al ginocchio a scacchetti marrone-nocciola-giallino, gilet verde marcio che sembra dello stesso tessuto delle giacche a vento e, a completare il tutto, calzini grigio chiaro bordati di una riga rosa fuxia tenue e una riga celeste: un vero orrore.
Sciarroni comincia la performance misurando coi passi lo spazio in diagonale, passando dal centro del palco contrassegnato da scotch nero. Poi piano piano riduce la distanza percorsa fino a raggiungere il centro intorno al quale inizia un movimento rotatorio. Prima lentamente, poi sempre più in fretta con le braccia ad angolo retto lo vediamo volteggiare e infine… decollare.
La prima immagine che mi appare è quella di un treno in corsa attraverso una grande prateria, forse è la steppa che ho visto di recente in Orient Express; lo vedo dall’alto sfrecciare veloce e inarrestabile. Sciarroni continua a ruotare creando spazi e immagini secondo l’altezza cui tiene un unico braccio piegato davanti a sé. Così dopo il treno, appare la carlinga luccicante di un aereo, auto in sequenza lungo un rettilineo, un serpente che punta il muso in avanti, minaccioso: figure disegnate non solo dall’altezza del braccio ma anche dalla forma che il performer impercettibilmente gli imprime. Ha un sorriso estatico e un po’ misterioso, mi chiedo che cosa veda lui dentro e davanti a sé. A un certo punto parte anche un brano di musica, poi si spegne il riflettore puntato su Sciarroni e vediamo stagliarsi nel buio un’ombra scura che si libra nell’aria, sembra una visione.
Infine molto gradualmente, il moto rotatorio rallenta fino ad acquietarsi. Dopo qualche istante di silenzio raccolto ed emozionato, il pubblico si lascia andare a uno scroscio ripetuto di applausi.
La ricerca di Alessandro Sciarroni sembra voler coniugare la ripetizione-ripetitività del gesto, uno dei temi portanti del minimalismo, con la ripetizione-ripetitività dei passi propria dei balli della tradizione popolare; e forse anche mostrare come anche un costume di scena di gusto pessimo possa scomparire davanti all’eleganza, alla grazia e all’armonia del gesto di un artista. Non mi è molto chiaro dove questa ricerca potrà condurre, ma credo che valga la pena andare in questo dove.
http://www.triennale.org/teatro/alessandro-sciarroni-chroma_dont-be-frightened-of-turning-the-page/