E se Merate fosse il centro del mondo?
Qualche sera fa ho scoperto che Merate (fra Milano e Lecco all’incirca) è un posto strapieno di persone meravigliose. Sono così emozionato che
ho deciso: la racconto in blog, prendendola alla larga, tipo “caro diario”. Con tanto di propostine serie nel finale.
Giovedì mattina da Imola parto in treno verso Parma (per un corso di formazione) e proseguire poi al volo su Milano e Merate per presentare – in duo con Raffaele Mantegazza, evento rarissimo – «Quando c’era il futuro». L’inizio del viaggio avviene sotto auspici pessoli, cioè pessimi ma piccoli: nel breve percorso che separa casa mia dalla stazione (una volta l’ho misurato per gioco: sono 714 passi) si rompe il laccio di una scarpa e salta il bottone-chiave dei pantaloni. Così viaggio vestito da zombie; fra le persone che mi frequentano da anni ve ne sono di così maligne da sostenere che in realtà vesto quasi sempre come uno scampato al cataclisma di Tunguska o alla eruzione di Krakatoa ma non divaghiamo.
L’arrivo (treno in lieve ritardo) a Merate avviene sotto auspici ambivalenti: da un lato mi viene a prendere una libraria stra-simpatica e dall’altra scopro che io e Raffaele non ci siamo intesi. Avevo capito che dovevamo dialogare sul 2114: raccontandone io gli aspetti positivi e lui quelli negativi (sarà un caso se la fantascienza più amata da Raffaele è quella catastrofista?). Mi ero preparato per benino, tirando fuori il “secchione” che ogni tanto ospito nei ripostigli dell’anima (o quel che l’è) ma appena entrato – in incognito come si conviene a chi viene dal 2114 – nella libreria La Cicala mi rendo conto che “il mio socio” è rimasto 100 anni indietro, insomma al 2014. Così questa idea si “smaterializza”… Ma io ho ormai ci ho fatto “la bocca” e dunque più prima che poi la riprenderò, in blog o altrove.
La serata comunque va bene. C’è un bel po’ di gente ma soprattutto, appena la discussione si accende, è un piacere ascoltare il pubblico che si prende la scena, neanche fossero «26 personaggi in cerca d’autore». C’è chi ama (o “mastica”) fantascienza e chi tutto ne ignora ma a me colpisce soprattutto il bell’argomentare, la passione per il futuro e soprattutto per un oggi da cambiare, la voglia di costruire una formazione (reciproca) e un dialogo che resistano agli assalti dell’ignoranza indotta e dell’autismo incoraggiato. Non sono d’accordo su tutto-tutto-tutto quel che si dice ma è un contesto nel quale persino litigare sarebbe piacevole. A volte mi ritrovo in sintonia con persone che… sono in disaccordo fra loro: non per una mia ruffianeria (o pensiero debole) ma è che mi sembra di trovare nelle opposte posizioni “pezzi” di verità che aspettano solo di capirsi… o forse una nuova sintesi. Mi spiace di non aver preso appunti – heeeeeì lassù, per caso c’è qualche cicala o formica che ha registrato? – ma nel “contendere” c’erano spesso le tecnologie nuove e/o presunte tali, a scuola e non solo. Azzarderò di più: secondo me c’era sottinteso un antico “scontro” che, negli anni ’50 e ’60, veniva definito quello fra «le due culture» (l’umanistica e la scientifica) non più dialoganti. Da allora moltissimo è mutato ma i reciproci sospetti e il “non parlarsi” sono ancora lì. Ad aggravare da allora la situazione il frantumarsi degli specialismi e l’arroccarsi in linguaggi esoterici: fu Marcello Cini, mi pare a inizio degli anni ’80, a denunciare che non soltanto umanisti e scienziati si ignoravano sempre più ma che persino all’interno dei due “campi” (ancor più in quello della scienza) si parlavano lingue a tal punto diverse e chiuse da non intendersi neppure sui punti di partenza. Certo la complessità è un problema reale, certo gli specialismi sono necessari, certo occorre studiare e conoscere paradigmi e codici… ma è preoccupante – persino pericoloso – non fare sforzi per comunicare all’esterno quel che si sta facendo/pensando e per intendere cosa accade nell’universo circostante.
La bellissima discussione di Merate (aspra in alcuni momenti ma a mio avviso proprio perché i”100 linguaggi” non sono più abituati a parlarsi) mi ha fatto venir voglia di tornare lì ma soprattutto di proporre – a chi? – la creazione di luoghi e/o occasioni dove rimettere a confronto le due culture, dove formarsi a vicenda. Ho una proposta per il sottotitolo di questi incontri, anzi lo rubo a una mia amica che lo ha rubato a Wislawa Szymborska (sempre sia lodata): «Le persone istupidiscono all’ingrosso e rinsaviscono al dettaglio». Oppure la rubiamo a Dashiell Hammett (da una poetessa premio Nobel a un geniale ubriacone che scriveva gialli, questo sì che è vagabondare fra i mondi): «Per dirla in poche parole: a questo mondo esistono due maniere di pensare. Quella che ti porta ad avere ragione nelle discussioni e quella che ti porta a capire le cose». Ove si riesca a metterla su… il nome poi si vedrà: l’università del dettaglio? i giovedì per rinsavire? Parlarsi come se si volesse bene a noi stessi e al pianeta?
Se c’è qualcuna/o in ascolto batta un colpo.
PS: Preciso che non solo Merate è piena di gente meravigliosa. Avendo la fortuna di girare incontro spesso situazioni e storie… da ascoltare e da raccontare. Una volta scrissi sulla rivista «Carta» che a Vecchiano circolavano più idee che a Roma e Milano messe insieme e che avevo sentito parlare malissimo di Cremona ma io lì ho incontrato persone italiane e straniere che erano una gioia per chi9 crede nel futuro; mi spiace che «Carta» non esca più perché di queste scoperte ne faccio spesso e mi piacerebbe socializzarle.
Anzitutto copio, poi batto il colpo…
Assolto il sacrosanto dovere di copiare passo alla meno seria necessità di commentare.
In primis, latinorum, devo avere un fratello gemello della cui esistenza i genitori mi hanno tenuto accuratamente all’oscuro: vesto (anche io) quasi sempre come uno scampato al cataclisma di Tunguska o alla eruzione di Krakatoa.
Po’, calabrese, il che non costituisce un appello al fiume ma vuol solo significare “poi”, sull’incomunicabilità tra cultura umanistica e scientifica: che cosa è la Fantascienza se non un serio tentativo (l’unico che conosca, per altro) di saltare a pié pari il problema dell’incomunicabilità mostrando nei fatti che le scienze costituiscono in partenza una ottima materia narrativa?
In altre parole: la fantascienza più che “comunicare” con la scienza mostra che essa è immersa in quell’umanesimo che 1) considera come qualcosa di estraneo alla sua propria natura e che rifiuta di prendere in considerazione o se lo prende in considerazione lo fa con sufficienza; 2) nutre nel proprio seno (attraverso le “metafisiche influenti” alle quali, per poter esistere, si appoggia); 3) operando una piccola torsione possono essere fatti appararire, tant’è che perssino assiomi e teoremi (non solo la sopradetta “metafisica influente”) può diventare oggetto di speculazione letteraria.
Per altro il tema toccato è enorme, non sarebbe male proporlo ai frequentatori del blog affinché ognuno porti un proprio punto di vista.
Sì, non sarebbe male specializzare il giovedì al dibattito sul tema.
grazie Mau, concordo. Per i giovedì non pensavo al blog (però è una buona idea) ma a un luogo fisico in qualche parte dell’universo, in qualche tempo, Chissà…
Il blog è un luogo fisico in qualche parte dell’universo, in un tempo che è illusorio definire “adesso”… tempo ideale, tempo delle possibilità, tempo in perpetua condensazione.
Perchè si scambia un franco, sereno e democratico ancorché aspro conflitto per incomunicabilità? Mi sembra che in-comunicabilità significhi non-comunicare, ma io e la persona in oggetto abbiamo comunicato eccome. Forse siamo così addormentati e disabituati al conflitto che pensiamo che comunicare significhi solo cercare a tutti i costi di essere d’accordo su tutto, insomma una versione aggiornata del volemose bene? Da un conflitto occorre per forza che esca un vincitore e un vinto? O forse non si potrebbe andare a casa ciascuno con un piccolo dubbio e il gusto di una bella serata di discussione?
…e tra l’altro su chi ha dimenticato cosa a proposito dell’inizio teatrale della serata avrei molto da dire…ah questi giornalisti e le loro versioni addomesticate della realtà!
Raf, ovviamente scherzavo (un poco) sul 2114, come su altro: piccoli espedienti di alleggerimento letterario più che di cagnara giornalistica. A me è parso che il “franco, sereno e democratico ancorché aspro conflitto” fosse un filino aspro anche per la disabitudine a confrontarsi e per la questione che – forzando un tantino? – io ho rimandato alle “due culture”. Se poi si è parlato (e a un eccellente livello, che io mica mi innamoro dei primi quattro poliponi che passano) vuol dire che stiamo mettendo in fuga l’incomunicabilità o almeno ci proviamo. Insomma concordo con te: infatti sono andato a dormire con dubbi fecondi, entusiasmi e la voglia di fare presto altre belle serate di discussione. Considera la mia una seria proposta di platonico (o forse plutonico) fidanzamento. … Però ora c’è un orologio che mi morde i polpacci, urlando “fai tardi, devi uscire” e dunque si riprenderà in una proxima.
Eh! voi due, che avete in corpo? litigate anche quando dite la stessa cosa? o esprimete la medesima esigenza?
O forse è tutta una finta per attirare l’attenzione?
(Ammetto che il presente commento è tutta una finta per attirare l’attenzione…)
Ammetto anche che parlo per invidia: invidia di una esperienza che ha lasciato evidenti tracce. Il blog ne è una prova.
Quel che trovo straordinario nei blog è che non puoi mai sapere di quel che scrivi cosa produrrà dibattito e cosa passerà sotto silenzio.
Il blog ospita più misteri in sé che stelle il cielo…
L’equilibrio è molto desiderato, lo desidero anch’io, da moltissimo tempo, ma è forse anche un po’ noioso e pericoloso ? Il disequilibrio è vita. I problemi sono tensione e conflitto. Sopravvivere significa risolvere problemi. Per risolvere problemi, quelli difficili, molto spesso occorre provare molti viottoli, anzi costruirli, e quindi ben venuta la diversità e la molteplicità dei viottoli e dei cantieri. Bisogna ri – distribuire gli attrezzi ! C’è anche chi bara, ma chi bara è meno libero o libera, è prigioniero o prigioniera dell’inganno, si ritrova con meno risorse, è più debole, e barare può diventare una droga, una dipendenza, una prigione.
È dal disaccordo, anche dalla tensione, costruttiva, che, a volte, forse spesso, o forse molto spesso, nascono soluzioni, attraverso la sperimentazione pratica e l’assunzione consapevole di rischi.
Ma il problema dell’assunzione consapevole di rischi è legato alla questione del coraggio, a quella della tutela del rischio, alla questione dei diritti, costituzionalmente riconosciuti e riconosciuti nel quotidiano quindi non diritti di carta, alla questione delle motivazioni e di un qualche senso del dovere, alla questione della paura e al problema del potere. Poi io forse semplifico un po´ troppo ma i miei mezzi sono limitati. Faccio il manovale e aspiro a diventare un insegnante di scienze e matematica. Ma sono idoneo, non vincitore, quindi il prossimo concorso mi spazza via. Oggi ho dipinto la parete di un magazzino e respirando la vernice mi è venuto un fastidioso mal di testa. Mentre stasera guardo ‘Nuvole in Viaggio,’ quel bel film di Kaurismäki. Ma sono felice di essere vivo su questo ancora splendido pianeta, anche perché è l’unico per almeno 4 anni luce, non abbiamo dove andare, c’è il problema della radiazione, l’unica soluzione sarebbe abitare sottoterra. Su Marte, sottoterra. Sulla Luna, sottoterra. Su un asteroide, sottoterra. Sottoterra ! Noi abbiamo il nostro bel campo magnetico, pressoché gratis, il vento, l’acqua, la pioggia, le piante, posso respirare, ci sono i fiori, gli arcobaleni, e dovrei lamentarmi ? Sì, lo faccio ma sono un animale molto esigente. Bene, basta divagare !
Grazie per questa discussione. E la prossima volta provo a teletrasportarmi !
P.s.: mi piacerebbe che questo spazio, ovvero il blog, offrisse anche un angolo per leggere narrazioni di soluzioni, o tentativi di soluzione, perché anche questi sono viottoli verso il futuro, un futuro con più, e migliori, soluzioni. Quindi un futuro migliore. Almeno sognarlo e poi provarci, no ?
Ago
grazie Ago
cercando soluzioni sì, per questo mi piaceva l’idea di una mappa del 2114 mettendo su due colonne rischi e opportunità…
Un gioco, non solo un gioco.
L’assunzione consapevole dei rischi, la coscienza del limite, i diritti, i disaccordi oltrechè la ricerca di una soluzione nonviolenta nei conflitti (piccoli, grandi e grandissimi) sono le questioni principali, hai ragione; ma prima ancora forse cerchiamo di parlare una lingua comune. Come è possibile che le “due culture” non comunichino più? Fermiamoci a costruire ponti, alfabeti, luoghi di incontro, viottoli…
Tu scrivi: sognarlo e poi provarci. Ehi, mi sa che è grosso modo la frase che apre il blog «Per costruire un futuro bisogna prima sognarlo».
Vamos.
Purtroppo non posso allegare l’immagine qui, ma una settimana fa ho svolto, come volontario, in quanto ‘alieno’ non ho neppure il codice fiscale e quindi non posso ricevere alcun compenso, un intervento in una scuola primaria di stato, pubblica quindi, in una classe equivalente alla nostra seconda media, sul tema ‘astrobiologia,’ ispirato da uno splendido libretto che SPERO venga tradotto in italiano, oppure lo si può trovare in inglese: ‘Astrobiology: A Very Short Introduction,’ di David C. Catling, 2013 OUP.
Nell’immagine a cui mi riferisco ho realizzato un collage con delle foto di alcuni astronauti, tra cui il ‘terrone nello spazio’ ovvero Luca Parmitano … Ah, gli stereotipi …
Samantha Cristoforetti ‘donne al volante pericolo costante’ … Ah, gli stereotipi …
Christa Mcauliffe
… John Glenn … ‘i vecchi rimbambiti’ … Ah, gli stereotipi … A 77 anni sullo Space Shuttle … riscrivo … 77 anni
s e t t a n t a s e t t e
e …
… ho aggiunto un altro astronauta,
… il suo nome è
/John Coltrane/
E avrei voluto aggiungere Ellen MacArthur
Dal mio troppo spesso ipersemplificante o irritato o irritabile punto di vista, le due culture, che poi in realtà sono molteplici, dovrebbero l’una valorizzare l’altra.
La cultura scientifica potrebbe, e lo fa anche, valorizzare il semplice fatto che esista una cultura ‘umanistica’ e che esiste ‘l’arte’ o le arti, il linguaggio e così via,
perché … e sono FATTI …
1: siamo gli unici animali, a quanto pare, a disporre di culture, su questo pianeta.
2: queste culture, di cui pur essendo animali disponiamo, su questo pianeta, sono gli unici esempi noti di culture ALMENO entro i 4 anni luce che ci separano da Proxima Centauri.
Esercizio: quanti miliardi di chilometri sono 4 /anni/ luce ?
Le sonde Voyager, che sono tanto vecchie quanto me, c’hanno messo 36 anni, quasi 37, per coprire circa 20 /ore/ luce. /Ore/ luce, non /anni/ luce.
Allora, non abbiamo proprio dove andare. Non vale allora la pena di valorizzare la Terra ?
E questo è il ruolo della cultura scientifica, ovvero … nel cercare risposte, valorizzare il fatto che ciò sia possibile e accada, che ci sia, che noi animali abbiamo la capacità di cercare risposte. Non è affatto scontato. È straordinario, o no ?
A parte il mio modo strambo di comunicare, questi due sono fatti, che potrebbero farci riflettere e predisporci meglio verso la collaborazione per la ricerca di soluzioni e quindi la sopravvivenza. Ovviamente non soltanto di sopravvivenza fisica e fisiologica si tratta, ma di sopravvivenza delle culture, delle arti, di alcuni sentimenti come il volersi bene, la curiosità, il desiderio di conoscere, di porsi domande e di cercare risposte.
La collaborazione nella diversità, ne sono convinto, facilita la costruzione di soluzioni e quindi la sopravvivenza di chi, persone, comunità o culture, collabora.
Poi si tratta di discutere e stabilire quale sia la priorità, vincere, sopravvivere, costruire risposte o soluzioni, raggiungere il 51% e spazzare via il 49%, i così detti ‘schizzi di merda,’ e questa è una citazione, sfogarsi, spaccare tutto, cercare di capire, comandare, reclutare, condurre, coinvolgere e valorizzare ciò che noi animali sappiamo fare o possiamo imparare, sperimentando insieme.
Penso anche che la ‘lingua comune’ si costruisce strada facendo, non può essere un presupposto. Del resto, qualunque lingua, non la si costruisce strada facendo ? Questa volta si spera che non ci sia nessun esercito a facilitare o difendere questa nuova lingua, ma piuttosto il desiderio di sopravvivere, oppure forse sarà il rischio di NON sopravvivere che ci convincerà ad adottare delle ottiche più aperte verso la collaborazione e la sperimentazione.
Proviamoci !
P.s.: se qualcuno si domanda … ‘Ah, ma perché quell’intervento non lo hai fatto in una Scuola Pubblica della Repubblica Italiana ?’ Eh … tu qualcuno o qualcuna vai a guardare le griglie di valutazione per i progetti PON e per i concorsi … questo a proposito di ottiche aperte e di tutela del rischio e di diritti di carta … mi fermo qui.
Rispondendo agli ultimi due interventi di Ago.
Chiarisco che Agostino è – se non proprio clandestino certo un po’ alieno – immerso ora in un Paese scandinavo, fra lavori manuali e progetti intellettuali (una laurea in astrofisica e una successiva di pedagogia interculturale, dunque di “due culture” mi pare si inntenda non per sentito dire).
Mi riconosco nel suo impianto di pensiero – anche se un paio di cose che lui sa io le ignoro – tranne nella frase un po’ ambigua “spazzare via il 49 per cento” (forse perchè non riconosco la citazione).
E’ giovane Ago ma molto saggio (un ago nel pagliaio? scusate ma dovevo dirla) e in fondo anche io sono un pupotto, avendo 12 anni meno di John Glenn.
Sì, proviamoci.
Daniele, hai 12 anni per prepararti e immagino che i tuoi polmoni siano messi meglio dei miei. I sogni sono importanti, ce lo ricordi tu, e sono completamente d’accordo.
Chiarimento: il 49%, e gli ‘schizzi’ sono riferimenti ad ottiche, dichiarazioni, nel caso degli ‘schizzi’ ho proprio citato, e pratiche di un movimento politico, M5S, però non è il punto qui, insomma scappano anche a me, c’è sempre da imparare e io devo imparare a comunicare meglio. Poi a volte fraintendo, magari non capisco, insomma sono un animale, non una macchina.
Oggi ho avuto il giorno libero e l’ho trascorso in biblioteca comunale.
Mi ha fatto piacere avere la possibilità di partecipare e commentare, seppure da lontano, e spero ci siano altre occasioni. Mi piace discutere, mi aiuta a capire e a chiarirmi le idee. Quindi, grazie.
care e cari che eravate a Merate credo di aver commesso un errore parlando (anzi «cicalecciando», visto che la libreria era… La Cicala) l’altra sera di bel un film sulla scuola che mi veniva in mente ascoltando alcuni interventi. Credo infatti di avervi detto che si intitolava «Monsieur Ibrahim» e invece intendevo dire «Monsieur Lazhar». Mi è venuto in mente (il possibile errore) perché mi hanno appena detto che il 19 maggio – alle 21,10 – lo trasmettono sulla tv Laeffe cioè la tv della Feltrinelli (oh come sono ignorante, pensavo fosse solo una casa editrice). Ve lo consiglio assai-assai. Conosciutissimo all’estero, in Italia ha circolato poco; se non sapete di che si tratta qui in blog potete leggere «Lazhar, Azzurro e altro».