E TU? MORIRESTI PER LA NATO?

articoli e video di Gianandrea Gaiani, Pino Arlacchi, Giuliano Marrucci, Raniero la Valle, Mike Whitney, Andrea Zhok, Fiammetta Cucurnia, Giordano Zordan, Elena Basile, Kit Klarenberg, Stefano Zecchinelli, Fabrizio Poggi

 

DA TRIESTE A LECCO NUOVE MOBILITAZIONI CONTRO LA GUERRA E CONTRO CHI CI GUADAGNA

Di Konrad Nobile per ComeDonChisciotte.org

Riceviamo e diffondiamo le locandine di due cortei che si terranno a breve.

Nell’ultimo articolo scritto per ComeDonChisciotte “LA GRANDE GUERRA IN ARRIVO: NON SE MA QUANDO”  concludevo auspicando e invitando alla mobilitazione contro l’attuale minaccioso clima di guerra e chi lo alimenta.

Ebbene fortunatamente qualcosa si muove e, in merito, segnaliamo che tra le varie iniziative si terranno due importanti cortei.

Sabato 11 maggio, a partire dalle ore 17:30, si svolgerà a Trieste una manifestazione per richiedere politiche di pace e la neutralità della città di Trieste (1), oltre che per solidarizzare con la Palestina e dimostrare la contrarietà alla NATO e alle sue guerre.

L’evento di Trieste viene organizzato, promosso e sostenuto da diverse realtà (i promotori ufficiali sono “Fronte della Primavera Triestina”, “Coordinamento No Green Pass e Oltre di Trieste”, “Alister”, “Insieme Liberi FVG” e “La Tavola per la Pace FVG”) e persone coordinatesi per l’occasione e che, percepita la drammaticità dell’attuale periodo, hanno sentito la necessità di mobilitarsi e chiamare la popolazione a far sentire la sua voce.

 

Sabato 18 maggio, si terrà invece a Lecco un corteo organizzato dalla locale “Assemblea Permanete Contro le Guerre”.  Il corteo avrà luogo nella città nella quale trova sede la nota azienda produttrice di munizioni Fiocchi Munizioni Spa, ditta partecipata dalla multinazionale del militare “Czechoslovak Group” che esporta proiettili in tutto il mondo.

Proprio per dare un concreto contributo contro la guerra e la militarizzazione ecco che da Lecco ci si muove per denunciare e contrastare l’operato di chi dalla guerra e dal traffico di armi ci guadagna.

Come scrivono gli organizzatori sul volantino del corteo, “in questi tempi di guerra, è necessario partire dal qui ed ora per inceppare gli ingranaggi del militarismo mondiale” e “Per non divenire complici delle carneficine che stiamo vivendo in tutto il mondo è necessario agire”.

Ebbene, confidando nella riuscita di questi cortei (e sperando che siano dei tasselli iniziali per una ampia e concreta opposizione alle nostrane politiche guerrafondaie), riceviamo e diffondiamo le locandine dei due eventi, riportando nel caso di Trieste anche il testo di chiamata al corteo.

 

CORTEO PER LA PACE E PER UNA TRIESTE NEUTRALE, 11 MAGGIO, TRIESTE

Testo di chiamata al corteo:

E TU? MORIRESTI PER LA NATO?”

La promessa infranta dall’occidente di non espandere la NATO “neanche un centimetro più ad est”, fatta in seguito al crollo dell’ Unione Sovietica, sta trascinando il mondo in una nuova guerra mondiale.

 L’imperialismo occidentale, scosso da una profonda crisi economica e dal riordinamento dell’assetto geopolitico, continua ad alimentare l’escalation militare in Ucraina per difendere la propria egemonia sul mondo.

Non da ultimo arrivano le allarmanti dichiarazioni del presidente francese Macron, che dice di non escludere l’invio di truppe francesi in Ucraina, il che ci lascia immaginare che il peggio debba ancora venire.

 Similmente il genocidio del popolo palestinese che, in pochi mesi, ha causato almeno 33 mila morti, dimostra come l’occidente ed i suoi vasalli siano pronti a tutto pur di mantere integro il proprio giogo oppressivo.

L’indiscriminato massacro a Gaza e l’indomita lotta della resistenza palestinese danno ulteriore testimonianza dell’aggravamento dello stato di crisi dell’egemonia occidentale e dei suoi piani.

 Su ogni fronte il macello continua e si intensifica, nonostante la sempre più marcata  contrarietà dell’opinione pubblica. Il clima di guerra viene sempre più apertamente alimentato e sostenuto dalle istituzioni politiche e statuali.

 Ma, mentre i nostri politici parlano di investire in truppe ed armamenti, ampi strati della popolazione vengono spremuti dall’aumentare dell’inflazione e da condizioni di vita e lavorative sempre più precarie.

 Questo anche nella nostra città che, data la sua posizione strategica e con il suo porto, rimane un polo cruciale nella scacchiera geopolitica usata dai padroni del mondo.

Il diritto internazionale però è chiaro: Trieste deve essere una città neutrale, demilitarizzata e dotata di un porto franco internazionale aperto a tutti gli Stati del mondo – inclusi quelli non allineati all’ ordine atlantista.  Lo Stato italiano e la NATO stanno però violando il Trattato di Pace di Parigi del 1947 che impone questo status, trascinando pure la città di Trieste e la sua popolazione nel delirio bellico. A riprova di ciò ci sono le recenti dichiarazioni del ministro Urso, che ha definito Trieste “il porto di Kiev“.

 Il nostro territorio, che per diritto dovrebbe essere libero e demilitarizzato, può ormai contare soltanto sulla volontà delle persone che lo vivono veramente. Quando le istituzioni sono vendute agli interessi bellici è compito nostro opporci a tali sfruttamenti e combattere per la demilitarizzazione e la pace.

Scendiamo assieme in piazza l’11 Maggio – data scelta simbolicamente anche per la vicinanza alla Giornata della Vittoria sul Nazismo, che si celebra il 9 Maggio e che dovrebbe appartenere a tutti i popoli del mondo.

Facciamo sentire la nostra voce contro la NATO, l’escalation militare e per una Trieste non soggiogata all’interesse dell’ imperialismo!

Che si senta ovunque la nostra voce, proveniente da una città aperta, una città che vuole pace, fratellanza, solidarietà e libertà!”

CORTEO “DISARMIAMO LA FIOCCHI”, 18 MAGGIO, LECCO

da qui

 

 

PINO ARLACCHI – “Effetto Kissinger”: come l’Europa è stata suicidata dagli USA

Nessun paese ha mai tratto profitto da una guerra prolungata
Sun Tzu, V secolo A.C.

Diceva Henry Kissinger che essere nemici degli Stati Uniti può essere pericoloso, ma esserne amici è fatale. E nel caso dell’Europa odierna la fatalità, il “fattore Kissinger”, consiste nel suicidio economico impostole dagli Stati Uniti e culminato con la guerra in Ucraina, ma preparato e istigato da lungo tempo. La vocazione autodistruttiva del nostro continente è stata preconizzata da Nietzsche due secoli fa con il concetto di “nichilismo europeo”. La sua prova generale sono state le due guerre mondiali del Novecento, e il percorso verso la soluzione finale è iniziato con il vassallaggio verso gli Usa instaurato dopo il 1945. La sudditanza dell’Europa non è stata lineare. Si è dipanata in fasi alterne, con sussulti di indipendenza durante i quali il Vecchio continente ha reclamato la sua sovranità.

Il più importante sobbalzo ha prodotto la nascita dell’Unione europea e di una valuta, l’euro, potenzialmente alternativa al dollaro. Ma si è poi caduti sempre più in basso, fino alla corrente fase terminale.

La rottura con la Russia del 2022, con la guerra in Ucraina, capovolge il cammino verso Est dell’Unione europea e vanifica la formula del suo capitalismo. Questa rottura comporta tre conseguenze letali, destinate ad aggravarsi nei prossimi anni salvo reazioni dettate dall’istinto di sopravvivenza. Il primo effetto è la prosecuzione della stagnazione di lungo periodo del capitalismo europeo iniziata negli anni 70. Le previsioni del Fondo monetario parlano chiaro: il Pil dell’Unione resterà vicino allo zero per almeno tre anni, in controtendenza rispetto a quello degli Usa, della Russia e del resto del mondo.

Lo stop è dovuto in massima parte alle sanzioni contro il petrolio e il gas che l’Europa acquistava a basso prezzo dalla Russia prima del 2022. Petrolio e gas che dopo lo scoppio della guerra vengono acquistati dagli Usa a prezzi fino a 4-5 volte superiori.

Nessuno parla dei veri termini della questione dei rifornimenti di energia. Troverete centinaia di articoli su quanto siamo stati bravi a ridurre nel giro di un anno le importazioni di gas dalla Russia, senza che quasi alcuno di essi parli dei folli prezzi della bolletta energetica pagata ora agli Stati Uniti. Gli Usa hanno spinto gli alleati europei verso sanzioni estreme contro Mosca. Dopo poche settimane dall’inizio delle ostilità hanno pressato l’Ucraina a combattere invece di concludere un accordo già quasi negoziato. E hanno completato l’opera distruggendo il gasdotto Nord Stream nel settembre 2022: tutto alla luce del sole, dopo che Biden aveva avvertito gli alleati che quel gasdotto era condannato. Un atto di guerra contro la Germania ingoiato dalla sua élite come se nulla fosse. È con questi metodi che gli Stati Uniti si sono assicurati il primo posto tra gli esportatori di gas liquefatto verso l’Europa e verso il mondo.

L’Europa è divenuta, inoltre, la prima destinazione del loro petrolio: 1,8 milioni di barili al giorno contro 1,7 verso l’Asia e l’Oceania. Un colpo “alla Kissinger” contro gli alleati d’oltreatlantico che il centro Bruegel ha valutato costare quasi un punto e mezzo del Pil dell’Unione europea. Un colpo che è il costo più grande della guerra Nato contro la Russia.

Sommato alle spese in armamenti e agli altri oneri della belligeranza, siamo intorno – sempre secondo Bruegel – a 316 miliardi di euro, pari al 2% del Pil dell’Unione nel 2022. Cifra aumentata nel 2023 e che corrisponde, guarda caso, alla differenza tra il +2,4 del Pil Usa e il +0,4 dell’Unione. Il tutto tramite contratti-capestro firmati con gli Usa dalla Von der Leyen e da vari governi europei che proteggono lo Zio Sam da eventuali rinsavimenti della controparte tramite scadenze pluriquinquennali. L’aumento dei prezzi dell’energia, inoltre, è responsabile del 40% dell’aumento dell’inflazione in Europa. E un altro 40% è dovuto ai superprofitti degli importatori europei di gas. Non ci si deve meravigliare, allora, se Politico.eu raccoglie gli sfoghi di alti dirigenti di Bruxelles “furiosi con l’Amministrazione Biden che sta accumulando una fortuna con la guerra a spese dei Paesi europei. Gli Stati Uniti sono il Paese che sta approfittando di più dalla guerra perché vendono più gas a prezzi più alti, e perché vendono più armi” (24.11.2022).

Ma la storia del nichilismo europeo non si ferma qui. Il secondo elemento letale è la secca perdita di competitività delle industrie europee rispetto a quelle americane causata dall’impennata dei prezzi dell’energia. Non c’è industria manifatturiera nostrana che possa reggere un costo dell’energia 4 volte maggiore di quello sostenuto dalla concorrenza. Non troverete cenno al “fattore Kissinger” nei rapporti angosciati e codardi di Draghi e di Letta sul futuro del sistema Europa. Il Paese più bastonato (o meglio, auto-bastonato) è stato la Germania, che sta assistendo alla distruzione della sua base industriale e alla fuga di centinaia delle sue imprese verso gli Stati Uniti. Attratte, queste ultime, anche dagli incentivi dell’Inflation Reduction Act. Un mix di misure di favore equivalenti ai famigerati “aiuti di Stato” di Bruxelles che Biden sta distribuendo a piene mani agli “amici” d’oltreatlantico per far trasferire negli Usa pezzi interi del loro apparato produttivo.

La mitica Germania è diventata un Paese in via di de-industrializzazione nonché la nazione con la peggiore performance tra tutte le economie avanzate: Pil a -0,3% nel 2023-24. La terza pozione letale che deve trangugiare l’Europa è la fine del suo modello di crescita degli ultimi trenta anni, basato sulla Russia e sulla Cina. È stato proprio Josep Borrell a dichiarare candidamente agli ambasciatori Ue, nell’ottobre 2022, che “la nostra prosperità si è basata sulla Cina e sulla Russia: energia e mercato. Energia a basso costo dalla Russia e accesso al mercato cinese per importazioni, esportazioni, investimenti e beni di consumo a basso prezzo… Quel mondo non c’è più”. Il tramonto di quella formula di crescita ha spinto ciò che resta del capitalismo europeo in un vicolo cieco. La Russia ha reagito allo scontro con l’Europa accelerando la sua integrazione in uno spazio economico asiatico sempre più vincente. In soli due anni il commercio della Russia con l’Asia è passato dal 26 al 71%. In questo spazio Cina e India diventano ancora più competitive rispetto a Europa e Stati Uniti grazie allo sconto sui prezzi degli idrocarburi importati adesso dalla Russia. Uno spazio divenuto, inoltre, più sicuro perché le transazioni tra le potenze maggiori dell’Asia avvengono ora tramite le loro valute nazionali invece che con i dollari.

C’è qualcuno in grado di affermare, allora, che esista un modello di crescita del capitalismo europeo alternativo a quello appena distrutto dal “fattore Kissinger”? Potranno mai i balbettii neoliberali su “più mercato” e “più Europa” sostituire una credibile nuova narrativa sul posto dell’Europa nell’ordine mondiale post-americano e multipolare emerso ormai nitidamente?

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Foreign Affairs è “putiniana” e i russi continuano a bombardarsi da soli – Gianandrea Gaiani

Nei giorni scorsi ha fatto scalpore, ma forse in Italia non abbastanza, l’articolo di Foreign Affairs in cui Samuel Charap e Sergey Radchenko hanno ricordato i punti salienti della trattativa tra Russia e Ucraina che grazie alla mediazione turca erano giunte a fine marzo del 2022 a un accordo per interrompere le ostilità dopo poco più di un mese di guerra.

Come ricorda Roberto Vivaldelli su InsideOver, il magazine americano ha dedicato, con tanto di documenti e testimonianze inedite, un lungo articolo ai negoziati. “Alcuni osservatori e funzionari (tra cui, soprattutto, il presidente russo Vladimir Putin) hanno affermato che sul tavolo c’era un accordo che avrebbe posto fine alla guerra, ma che gli ucraini se ne sono allontanati a causa di una combinazione di pressioni da parte dei loro protettori occidentali e delle supposizioni di Kiev sulla debolezza militare russa” nota Foreign Affairs ammettendo che “i partner occidentali di Kiev erano riluttanti a lasciarsi coinvolgere in un negoziato con la Russia”, in particolare “in un negoziato che avrebbe creato nuovi impegni per garantire la sicurezza dell’Ucraina”.

La bozza di accordo visionato da Foreign Affairs prevedeva un’Ucraina “neutrale e priva di armi nucleari”, che avrebbe rinunciato a “qualsiasi intenzione di aderire ad alleanze militari o di permettere la presenza di basi militari o truppe straniere sul proprio territorio”.

I possibili garanti della sicurezza ucraina sarebbero stati i 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (inclusa quindi la Russia) insieme a Canada, Germania, Israele, Italia, Polonia e Turchia.

La bozza dell’accordo diceva anche che se l’Ucraina fosse stata attaccata e avesse richiesto assistenza, tutti gli Stati garanti sarebbero stati obbligati a fornire assistenza a Kiev a cui sarebbe stata concessa l’adesione all’Unione europea.

Nonostante le notizie sulla strage di Bucha che emersero all’inizio di aprile, i colloqui proseguirono fino alla bozza del 15 aprile, che faceva presagire il raggiungimento di un accordo entro due settimane, per poi sfumare. Secondo Vladimir Putin, su pressione dell’occidente, e in particolare di Boris Johnson, allora primo ministro britannico, il Regno Unito avrebbe imposto agli ucraini di continuare a combattere.

Foreign Affairs non condivide le valutazioni di Putin ma ammette che “la risposta occidentale  a questi negoziati è stata certamente tiepida. Washington e i suoi alleati erano profondamente scettici riguardo alle prospettive del percorso diplomatico che emergeva da Istanbul”.

Tuttavia, come ha raccontato il consigliere presidenziale ucraino Davyd Arakhamiia, “dopo il nostro ritorno da Istanbul, Boris Johnson visitò Kiev e ci disse che non avremmo dovuto firmare nulla con i russi e continuare a combattere” poiché “Putin è un criminale di guerra, va messo sotto pressione”. Tre giorni dopo Putin dichiarò che i colloqui con l’Ucraina erano improvvisamente finiti “in un vicolo cieco”. Qualcosa era evidentemente accaduto, come peraltro confermato anche da fonti governative a Kiev.

Abbiamo forse dimenticato che in quei giorni prese corpo lo slogan anglo-americano che la guerra doveva continuare perché avrebbe logorato la Russia?

Come rivelato dal Washington Post, anche il Dipartimento di Stato americano si oppose all’accordo dell’aprile 2022 con Mosca mentre in un’intervista alla televisione israeliana l’ex primo ministro Naftali Bennett ha confermato che gli Stati Uniti e il Regno Unito bloccarono l’accordo, tesi supportata anche dalla testimonianza dell’ambasciatore Oleksandr Chalyi, diplomatico ucraino presente ai negoziati in Turchia.

Chalyi, durante un evento pubblico a Ginevra, ha ricordato quanto Kiev e Mosca fossero “vicini” a porre fine “alla nostra guerra con una soluzione pacifica”. Putin, ha sottolineato, “ha cercato di fare tutto il possibile per concludere un accordo con l’Ucraina” e “voleva davvero raggiungere una soluzione pacifica”. E a Istanbul le due parti “sono riuscite a trovare un vero compromesso”…

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WASHINGTON PASSA AL PIANO B – Mike Whitney

Ecco ciò che tutti devono capire sull’Ucraina:

Gli Stati Uniti sono già passati al piano B. No, l’amministrazione Biden non ha rilasciato una dichiarazione ufficiale in merito, ma il cambiamento è già iniziato. Il gruppo dei cervelloni di Washington ha abbandonato ogni speranza di vincere la guerra in modo definitivo (Piano A) e ha quindi adottato una strategia completamente diversa. (Piano B)

Il Piano B è una combinazione di due elementi principali:

A – Strategia di negazione, “un approccio difensivo progettato per impedire ad un avversario” di raggiungere i suoi obiettivi. In questo caso, l’obiettivo è prolungare il più possibile il conflitto per impedire ai russi di ottenere una chiara vittoria. Questa è la priorità assoluta.

B- Continuare ad aumentare e intensificare gli attacchi asimmetrici alle infrastrutture vitali e alle aree civili della Russia vera e propria, al fine di infliggere al Paese il maggior numero di danni possibile.

Questo, in sostanza, è il piano B. Qualsiasi preoccupazione per il popolo ucraino o per la futura vitalità dello Stato ucraino non è stata presa in considerazione nel cinico calcolo di Washington. Ciò che conta è impedire una vittoria russa e infliggere alla Russia il maggior dolore possibile. Questi sono gli obiettivi principali. In termini pratici, ciò significa che altri soldati ucraini saranno mandati al massacro per continuare ad usare l’Ucraina come rampa di lancio per gli attacchi alla Russia. In realtà, i signori della guerra del Regno Unito hanno già confermato quanto stiamo dicendo. Guardate questo estratto da un articolo di Zero Hedge:

… Il capo della difesa britannica, l’ammiraglio Sir Tony Radakin, ha dichiarato al Financial Times che la nuova infusione di aiuti militari da parte dell’Occidente aiuterà l’Ucraina ad aumentare i suoi attacchi a lungo raggio sul territorio russo:

L’Ucraina è destinata ad aumentare gli attacchi a lungo raggio all’interno della Russia, mentre l’afflusso di aiuti militari occidentali mira ad aiutare Kyiv a plasmare la guerra “in modi molto più forti”, ha dichiarato il capo dell’esercito britannico….

L’ammiraglio Radakin ha continuato: “Man mano che l’Ucraina acquisirà maggiori capacità per il combattimento a lungo raggio… la sua capacità di continuare le operazioni in profondità diventerà [sempre più] una caratteristica della guerra”…… Le ulteriori dichiarazioni di Radakin fanno pensare ad un’escalation (e non a negoziati)…  UK Defense Chief Says Ukraine To Increase Long-Range Strikes In Russia, Zero Hedge

Capite cosa intendo? Questo è il piano B, nero su bianco. Non c’è più alcuna aspettativa che l’Ucraina vinca la guerra. Nessuna. Il Paese sarà semplicemente usato come piattaforma per tormentare, molestare e terrorizzare il popolo russo. Questo è il Piano B in poche parole…

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Andrea Zhok – Il momento esatto in cui si è deciso il suicidio di Ucraina e Europa

Tre giorni fa, il 16 aprile, l’autorevolissima rivista di provata fede atlantista “Foreign Affairs” ha pubblicato un articolo che mette la parola fine a tutte le chiacchiere intorno alle intenzioni di Putin di invadere l’Europa, di arrivare a Lisbona, di abbeverare i cavalli nelle acquasantiere di San Pietro, e con ciò anche alla relativa reazione bellicista da parte europea.

L’articolo è a firma di un docente dell’Henry A. Kissinger Center for Global Affairs della Johns Hopkins School of Advanced International Studies, e di un associato del think tank RAND, ex Senior Fellow per la Russia e l’Eurasia all’International Institute for Strategic Studies. Praticamente la crema dei falchi atlantisti.

Nell’articolo si ricostruisce, con documentazione, lo sviluppo di una trattativa tra Putin e Zelensky (tra le rispettive delegazioni) dal 28 febbraio 2022 (neanche una settimana dopo l’invasione russa!) fino alla fine di aprile. La trattativa ha avuto luogo in parte in Bielorussia e in parte in Turchia.

DI questa trattativa era già stata fatta menzione più volte, tra l’altro anche dallo stesso Putin che ne aveva mostrata una bozza ai leader delle nazioni africane e dall’ex primo ministro israeliano Bennett.

Ovviamente le prodi difese antidisinformazione del giornalismo nostrano non avevano mancato, con la loro aria saputella da mantenuti, di ridicolizzare queste notizie come “fake news”.

Tra il 29 marzo e il 15 aprile si era pervenuti ad un accordo di massima, che prevedeva per l’Ucraina di rimanere uno Stato permanentemente neutrale e non nucleare, di rinunciare all’adesione alla Nato e in generale ad alleanze militari, di non consentire l’insediamento di basi militari o truppe straniere sul proprio territorio.

La questione della Crimea era menzionata proponendo una risoluzione pacifica del contenzioso nei successivi 15 anni.

La Russia accettava l’adesione dell’Ucraina all’UE.

Per il Donbass si ristabiliva la validità degli accordi di Minsk (II), con il riconoscimento di un’ampia autonomia alle regioni russofone, all’interno dello stato ucraino.

Gli accordi naufragano bruscamente nella seconda metà di aprile, quando la firma della bozza sembrava dietro l’angolo. L’accoglienza americana ai negoziati era stata scettica dall’inizio, ma la svolta avviene dopo la visita di Boris Johnson, allora premier britannico in carica, che si fa latore del messaggio di “Combattere la Russia fino all’ottenimento della vittoria”. Le trattative si interrompono subito dopo. Che a questa svolta abbiano contribuito il cosiddetto “massacro di Bucha” o il ritiro delle truppe russe dalla direttrice di Kiev, preso come un segno di debolezza, è oggetto di congetture.

E’ a questo punto che in Occidente si preme unilateralmente sull’acceleratore della fornitura di armamenti, respingendo ogni ipotesi di accordo. Ed è evidente a tutti che senza la piena copertura occidentale Zelensky non avrebbe mai rinunciato alle trattative.

Eventi che segnano una svolta senza ritorno, come la distruzione del North Stream 2, erano ancora di là da venire (26 settembre 2022).

Quando le trattative prendono l’avvio i morti sul campo di battaglia erano ancora un numero estremamente esiguo, non c’erano state ancora mattanze come quella di Mariupol (maggio 2022).

CIò che questo resoconto sancisce in maniera definitiva è la catena delle responsabilità di una catastrofe annunciata.

L’Ucraina è oggi un cumulo di macerie, con una popolazione ridotta del 40% dall’indipendenza nel 1991.

L’Europa è in piena fase di deindustrializzazione, con la “locomotiva” tedesca ferma, le industrie che si trasferiscono negli USA per rimanere competitive con i costi dell’energia, e l’intero apparato produttivo europeo vincolato alle forniture americane.

I pochi denari rimasti in circolazione in Europa stanno per essere cooptati in una nuova corsa agli armamenti che brucerà le ultime risorse nello sterile falò di una guerra (attuale o potenziale).

E tutto questo è stato deciso da Washington e le sue succursali, con il collaborazionismo della peggiore classe dirigente della storia europea, e con il supporto entusiastico dei nostri media a gettone, che dal primo giorno hanno tifato senza pudore per la guerra, e continuano a farlo.

Se c’è un inferno, chi lo presiede dovrà promuovere presto un piano di edilizia straordinaria.

*Post Facebook del 19 aprile 2024

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Piove! Putin ladro – Giordano Zordan

Penso che quasi tutti, prima o poi, si siano posti la doverosa domanda: perché questo o quello sono sempre sbagliati, negativi, respinti, mentre altri, al contrario, sono sempre ben accetti, portati ad esempio, scusati?
L’esempio immediato è Putin, ridotto a macchietta emblematica di tutto il male possibile, sempre accusato di fatti e misfatti mai suffragati da prove concrete (Bucha, invasione non provocata, ecc.)
Si tratta di una visione della realtà in cui il mondo anglosassone (in primis, Usa e Uk) detiene un indiscutibile primato: occorre demonizzare una persona, un fatto, un’idea che non si allinea alle proprie.
In questo modo, qualsiasi posizione che derivi dal demonio, può essere respinta a priori, anche senza prove, approfondimenti, discussioni.
Putin può dire e fare tutto e il contrario di tutto, sarà sempre il demonio, quindi respinto. Un giochetto applicato in qualsiasi circostanza, rafforzato dall’industria mediatica del pensiero unico.
Un altro giochetto ben oliato è descrivere una situazione ribaltandone l’essenza reale. Ecco allora Putin che “si fa minaccioso perché ammassa truppe lungo il confine finlandese”, dopo che la Finlandia, con atto unilaterale, straccia il trattato russo-finlandese di neutralità, ed entra nella Nato. Ma chi dei due si doveva sentire minacciato?

Se un redivivo Patto di Varsavia avesse posto i suoi missili in Messico e/o in Canada, come avrebbero reagito gli Usa?
L’abbiamo già visto con la crisi dei missili a Cuba, fatta passare come ennesima prova di aggressività russa, quando in realtà era la risposta ai missili Nato piazzati precedentemente in Turchia. Allora come oggi, scattò il ribaltamento della realtà.
Ancora, il primo atto compiuto dalla Von der Leyen, dopo l’entrata delle truppe russe in Ucraina, è stato l’eliminazione dei media russi dall’etere europeo, in particolare Rt e Sputnick, anima, a suo dire, della propaganda russa. Così, per sfuggire ad una propaganda, se ne instaura un’altra, quella occidentale. Il ribaltamento della realtà. Mi scuseranno i lettori se porto sempre la Russia come esempio, ma mi sembra il più facile, tuttavia indigeribile ai più, dato il grado di lavaggio del cervello che sono costretti a subire.

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I miliardi Usa non salvano Kiev, ma aumentano i morti – Elena Basile

Dopo mesi di braccio di ferro tra Democratici e Repubblicani, sono stati sbloccati dal Congresso Usa 61 miliardi per continuare l’eccidio di giovani ucraini e sostenere una politica neo conservatrice di guerra alla Russia, il perdente della Guerra fredda che si è ribellato alla Pax Americana e non ha rinunciato alla propria sovranità. Gli accademici americani che possiamo ascoltare su YouTube affermano che non importa quanti finanziamenti giungeranno a Kiev, la situazione sul campo militare non sarà invertita. L’Occidente non ha le munizioni e le armi di cui Kiev necessita. L’Ucraina, senza truppe Nato sul suo suolo e uno scontro diretto tra Nato e Russia (neanche le nostre classi dirigenti sono così irresponsabili da volerlo), non potrà vincere la guerra. Potrà solo continuare a uccidere i ragazzi ucraini.

Purtroppo la Russia, dopo le perdite subite in due anni di conflitto, non potrà accettare l’ingresso di Kiev nella Nato né potrà ritirarsi dai territori occupati. Questa è una guerra esistenziale per Mosca. Il ritiro delle truppe russe sarebbe possibile nell’ambito di una nuova architettura di sicurezza europea che sconfigga i piani deliranti dei neo-conservatori sulla base di una convivenza con Mosca nell’ambito di un’Osce rinnovata. Al momento un disegno utopico.

Gli editorialisti del Corriere e della Stampa ci spiegano che i miliardi Usa, gli ultimi a cui ricorrono gli americani e che dovranno essere sostituti da quelli europei, permetteranno al popolo aggredito di non arrendersi. Credono che di fronte a una lunga guerra di erosione il regime di Putin cadrà, unica condizione che permetterebbe la rinuncia alle conquiste effettuate. Un obiettivo delirante, che gli stessi avevano dato per scontato dopo pochi mesi di guerra, è ora posticipato negli anni. Una strategia già dimostratasi perdente, ma sostenuta a dispetto della morte e della disperazione che arreca.

Teniamo a freno l’indignazione che come al solito ci indurrebbe a gridare ai signori della guerra di correre essi stessi al fronte o di inviarci i loro figli. Restiamo invece razionali per poter illustrare le vere ragioni dello sblocco dei fondi. La principale è di natura strategica: la guerra alla Russia persegue interessi statunitensi. Rende l’Europa debole economicamente e vassalla degli Usa politicamente. La relazione russo-tedesca che tanto impensieriva Washington ai tempi della Merkel e dei gasdotti è interrotta. Il gas americano da fracking, più costoso e inquinante, ha sostituito il gas russo. Non è la pace giusta oppure la resa di Mosca (entrambe impossibili) che si perseguono, ma concreti vantaggi per le oligarchie energetiche e delle armi. Lo sblocco dei fondi, diversamente da quanto illustrato sul Corriere, è stato possibile grazie a Trump che ha fatto marcia indietro e ha strizzato l’occhio all’industria degli armamenti statunitensi. Cosa che non potrà non avvantaggiarlo in vista della campagna presidenziale. Diversamente da quanto illustrato sul Corriere, Trump, dopo lo sblocco dei fondi, è più forte, non più debole. Dei 61 miliardi, 10 sono crediti, gli altri andranno alle imprese delle armi Usa. Come dice la Zakharova (una verità smette di esserlo se pronunciata dal nemico), il sostegno all’Ucraina è sostegno al terrorismo internazionale. L’esercito ucraino, come affermano i suoi generali, non è in grado di attuare una controffensiva né di arrestare l’avanzata russa. Le rappresaglie non si verificheranno sul campo militare ma in territorio russo con atti terroristici e sabotaggi diversi. In due anni di guerra le vittime civili ucraine sono state limitate, i bombardamenti russi hanno avuto danni collaterali, ma non hanno certo fatto stragi come quelle di Netanyahu a Gaza. Erano colpite all’inizio solo infrastrutture militari e progressivamente, man mano che l’impegno Nato aumentava, anche quelle civili. Il mandato d’arresto della Corte penale internazionale contro Putin, criminale di guerra (mentre Netanyahu non subisce sanzioni) e la definizione da parte del Parlamento europeo della Russia quale “Stato terrorista” sono la riprova più indecente dei doppi standard di un Occidente che ha perso ogni autorevolezza.

La Russia non ha sogni imperialistici sull’Ucraina né certamente sull’Europa. Recuperato lo sbocco al mare con l’annessione senza spargimento di sangue della Crimea dopo il colpo militare della Nuland in piazza Maidan, non ha alcun interesse a occupare territori. Conosce il nazionalismo ucraino dell’ovest e la guerriglia che deriverebbe da un’occupazione. Mosca vuole soltanto non avere basi Nato in Ucraina trasformata in un’anti-Russia. Questo è imperialismo? Ai sostenitori della pace giusta chiediamo di conoscere una proposta di mediazione occidentale degna di questo nome. Non se ne è vista una. Il ritiro russo dal Donbass quale condizione della pace è la prova della volontà della Nato di continuare le attività belliche.

da qui

 

The Grayzone – Ecco Centuria, l’esercito neonazista ucraino addestrato dall’Occidente – Kit Klarenberg

Centuria, una fazione neonazista ucraina ultraviolenta, si è radicata in sei città della Germania e sta cercando di espandere la sua presenza locale. Secondo Junge Welt, un quotidiano marxista con sede a Berlino, la crescita dell’organizzazione nazista è stata “non ostacolata dai servizi di sicurezza locali”.

Junge Welt fa risalire le origini di Centuria a un vertice neonazista dell’agosto 2020 “ai margini di una foresta vicino a Kiev”. Lì, un ultranazionalista di nome Igor “Tcherkas” Mikhailenko ha chiesto alle “centinaia di combattenti per lo più mascherati presenti”, che erano membri della fascista Milizia Nazionale di Kiev, “di fare sacrifici per l’idea della ‘Grande Ucraina’”. Come ex capo della divisione neonazista Patriot of Ukraine di Kharkiv e comandante del battaglione Azov, sponsorizzato dallo Stato, dal 2014 al 2015, Mikhailenko ha professato il desiderio di “distruggere tutto ciò che è anti-ucraino”.

Junge Welt riporta che dal 2017 la Milizia Nazionale “ha praticato una brutale giustizia vigilante” in tutta l’Ucraina, compresa la “tirannizzazione della scena LGBTQ”. Centuria è stata poi incolpata di un terrificante attacco del novembre 2021 a un nightclub gay di Kiev, in cui i suoi agenti hanno aggredito i frequentatori con manganelli e spray al peperoncino.

Ora la stessa setta neonazista “ha una propaggine in Germania”, ha rivelato Junge Welt. Il 24 agosto 2023, 32° anniversario dell’indipendenza dell’Ucraina, Centuria ha organizzato un “raduno nazionalista” nella città centrale di Magdeburgo, “non disturbato da Antifa e da critiche dei media”.

I partecipanti hanno posato con orgoglio con la bandiera dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN) fondata dal collaboratore nazista della Seconda Guerra Mondiale Stepan Bandera. Centuria si è vantata all’epoca su Telegram: “Anche se i giovani ucraini non sono nella loro patria, stanno iniziando a unirsi”. Nel frattempo, minacciavano i “nemici” del loro Paese di “tempesta infernale”, promettendo che “gli emigranti ucraini” non avrebbero “dimenticato la loro identità nazionale per poche centinaia di euro”.

Junge Welt riferisce che Centuria “sta attualmente raccogliendo fondi per l’unità di combattimento della sua organizzazione madre”, che è comandata da Andriy Biletsky – il fondatore del Battaglione Azov che nel 2014 ha tristemente dichiarato che la missione della nazione ucraina era quella di “guidare le razze bianche del mondo in una crociata finale… contro gli Untermenschen guidati dai Semiti”. In patria, i membri di Centuria esprimono atteggiamenti simili nei confronti di musulmani, africani e gay, a cui si riferiscono rispettivamente come “Califfato tedesco”, “stupratori neri” e “pedofili”.

Ora i membri del gruppo stanno lavorando alacremente per trasmettere la loro visione ideologica ai futuri razzisti di tutto il continente. “Stiamo creando una nuova generazione di eroi!”. Afferma con enfasi il canale Telegram di Centuria. Di conseguenza, il gruppo neonazista ha organizzato escursioni sui monti Harz in Germania con un’associazione scout nazionalista ucraina chiamata Plast. Questa associazione ha aperto capitoli in tutto il mondo occidentale a partire dagli anni ’50, in risposta alla caccia dell’Unione Sovietica a fascisti e nazionalisti. Oltre a ricevere un indottrinamento ideologico, i giovani membri di Plast possono avere l’opportunità di migliorare la propria forma fisica e di ricevere un addestramento militare. Come dichiara minacciosamente Centuria su Telegram, “le persone libere hanno armi”.

Mentre Washington si allontana gradualmente dalla sponsorizzazione della guerra dell’Ucraina con la Russia, ha iniziato a cedere la responsabilità della gestione della campagna militare – e del probabile fallimento – a Berlino. Se le spedizioni di armi statunitensi continueranno a diminuire, la Germania diventerà il principale fornitore di armi di Kiev. E i tedeschi potrebbero scoprire che dire “no” all’Ucraina potrebbe riservare brutte sorprese.

A differenza degli Stati Uniti, la Germania non gode di un cuscinetto oceanico tra sé e i combattenti fascisti che sponsorizza in Ucraina. Dopo che la tanto pubblicizzata controffensiva dell’Ucraina è falita alla fine del 2023, il suo presidente, Volodymyr Zelenskyj, ha borbottato una velata minaccia durante un’intervista all’Economist: “Non c’è modo di prevedere come i milioni di rifugiati ucraini nei paesi europei reagirebbero all’abbandono della loro nazione”.

Sebbene gli ucraini si siano generalmente “comportati bene” e siano “molto grati” a coloro che li hanno accolti, non sarebbe una “bella storia” per l’Europa se dovesse “mettere queste persone in un angolo”, ha osservato Zelenskyj al quotidiano.

Per capire come gli elementi più radicali di una forza per procura esaurita potrebbero puntare le armi contro i governi occidentali che li hanno armati, basta guardare agli eventi dell’11 settembre 2001…

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Gli USA coordinano nazisti e wahabiti contro la Federazione Russa – Stefano Zecchinelli

L’orrenda strage di Mosca, per mano di Daesh e pianificata dagli apparati d’intelligence ucraino-nazisti, è la risposta atlantista alla vittoria elettorale di Vladimir Putin. Non ci stancheremo mai di spiegare che Putin non è un sostenitore del ripristino dell’Urss e dell’economia pianificata, ma, rilanciando l’attualità del pensiero politico e militare del generale Charles De Gaulle, ritiene la transizione ad un mondo multipolare l’inizio d’una grande missione civilizzatrice guidata dalla Federazione Russa. Non è ‘’Che’’ Guevara, quindi non ha dichiarato guerra al capitalismo USA (con cui ha dichiarato, più volte, di voler convivere), ma agli straussiani; gli allievi dell’ideologo ebreo-fascista Leo Strauss il quale, per impedire una nuova Shoah, teorizzò l’instaurazione di una dittatura liberal-globalista mondiale basata sui nuovi dispositivi di sorveglianza. A Davos, Harari ed il sionismo-revisionista in nome di questa concezione delle relazioni geopolitiche che considera l’Uomo antiquato, hanno ricucito i legami con gli eredi di Hitler e Stephan Bandera.

Neonazismo e wahabismo dietro la Strage di Mosca

Il presidente Putin, consapevole del legame di Kiev col‘’terrorismo totale’’ dell’ISIS, aveva dichiarato:

“Chiedo al Servizio di Sicurezza Federale, insieme ad altri servizi speciali e alle forze dell’ordine, di intensificare i loro sforzi antiterrorismo in tutte le aree in modo significativo, con il Comitato Nazionale Antiterrorismo che svolge il suo ruolo di coordinamento.

Dobbiamo capire che abbiamo a che fare con un avversario formidabile e pericoloso che ha una vasta gamma di strumenti informativi, tecnici e finanziari nella manica.

Non fraintendetemi, sappiamo di cosa sono capaci in tutti questi settori, anche in termini di raccolta di informazioni, e siamo consapevoli anche dei metodi terroristici che usano. Basti citare il bombardamento dei gasdotti Nord Stream nel Mar Baltico. Ricorrerebbero a qualsiasi cosa”

Lo statista russo è consapevole della volontà degli ucraino-nazisti di estendere la ‘’guerra irregolare’’ nel cuore della Russia capitalista, colpendo civili inermi e rilanciando la Gladio nera. L’analista russo-statunitense Andrew Korybko, collaboratore di Russia Today, ha spiegato che:

‘’Facendo quello che hanno fatto, volevano chiaramente provocare il panico e screditare i servizi di sicurezza russi, motivo per cui il presidente Putin li ha criticati nel suo incontro con l’FSB nei giorni precedenti a questo attacco. Se avesse davvero minimizzato le minacce dell’ISIS-K nel periodo precedente a quello che è successo, allora non avrebbe ordinato loro di intensificare i loro sforzi anti-terrorismo “in modo significativo” e avrebbe ricordato loro quanto pericolose tali minacce potessero essere se fossero collegate a Kiev e/o ai suoi protettori occidentali come ha lasciato intendere.’’ 1

Gli Stati Uniti, un Paese strutturalmente pericoloso, subito dopo il trionfo elettorale di Russia Unita hanno cercato, attraverso le fake news prodotte dalla CIA, d’intimidire e destabilizzare la società russa. Accusare Putin d’aver organizzato una operazione ‘’falsa bandiera’’ sul ‘’modello’’ statunitense equivale a rilanciare la ‘’guerra cognitiva’’ con un paese, la Federazione Russa, la quale dal 2011 combatte lo stragismo wahabita ed il terrorismo neonazista, preservando il rispetto della Carta delle Nazioni Unite. La ‘’teoria del complotto ‘’ rappresenta la pandemia delle fake news per occultare la reale pianificazione dei crimini dell’imperialismo USA/UE/Israele: es. la guerra ‘’di quinta generazione’’ contro Russia e Cina.

La collaborazione fra nazisti e wahabiti non è nuova, come ha spiegato il giornalista investigativo Thierry Meyssan:

‘’Essa trova la sua origine in tre divisioni musulmane delle Waffen SS. La 13ª divisione «Handschar» era formata da bosniaci, la 21ª «Skanderbeg» da kosovari e la 23ª «Kama» da croati. Tutti erano dunque musulmani che praticavano un Islam influenzato dalla Turchia. A dire il vero, la maggior parte di questi combattenti fece diserzione nel corso della guerra contro l’Armata Rossa.’’ 2

I rivoluzionari del Donbass rivendicano l’eredità di Ernesto ‘’Che’’ Guevara; il governo-dittatura di Kiev, alleato strategico di Israele, è una proiezione nel ventunesimo secolo dell’hitlerismo. Per Stati Uniti e Gran Bretagna il fascismo non dev’essere più distrutto, ma rafforzato in una prospettiva anti-russa, mentre la Francia, rinnegando l’eredità del generale De Gaulle, è diventata un laboratorio della politica culturale della CIA. L’Europa ha già perso sé stessa.

Gli assassini di Daesh hanno tentato di sterminare gli sciiti nel Vicino Oriente, mentre i sionisti-revisionisti perseverano nel genocidio dei palestinesi di Gaza, col ‘’silenzio assenso’’ convinto ed omertoso del giornalismo professionista europeo. Gli ucraino-nazisti non sono da meno: la borghesia ucraina è cerebralmente morta, ma i ‘’nazionalisti integralisti’’perseverano nel credere d’essere venuti al mondo per schiavizzare le popolazioni russe. Sionismo e fascismo sono un prodotto dell’imperialismo.

In risposta a questo delirio pan-imperialista, i resistenti europei/russi ed arabi dovranno stipulare una nuova alleanza.

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La “perfida Albione” ha creato il terrorismo ucraino-nazista – Stefano Zecchinelli

Gli stragisti che hanno consumato l’orrenda strage di Mosca, l’attacco terroristico al teatro Crocus, hanno rivendicato l’appartenenza all’ISIS, ciononostante l’operazione d’intelligence è stata preparata dagli anglosassoni, a due anni dall’inizio dell’Operazione Militare Speciale Z, con l’obiettivo di martirizzare i civili russi; a differenza degli stragisti wahabiti, i terroristi che hanno insanguinato il teatro Crocus non si sono immolati, ma hanno tentato una via di fuga. Poco importa della natura dell’operazione militare; neonazisti e wahabiti sono storicamente abituati a lavorare insieme.

Il New York Times, giornale storicamente vicino alla CIA, ha diffuso la versione ufficiale degli apparati d’intelligence USA, decisamente trascurata dallo stesso giornalismo lubrificato italiano “il rapporto conflittuale tra Washington e Mosca ha impedito ai funzionari statunitensi di condividere qualsiasi informazione sul complotto (dell’attacco terroristico Crocus) al di là di quanto necessario, per paura che le autorità russe potessero apprendere le loro fonti o metodi di intelligence”. La domanda è questa: la CIA ha ottenuto informazioni riservate sull’operazione d’intelligence che ha insanguinato Mosca, spiando Kiev? Un altro giornale d’intelligence, il Washington Post, rivelò come il deep state USA, dopo il golpe neofascista del 2014, ricostruì i servizi segreti ucraino-nazisti infiltrandoli con le proprie talpe. Sempre il New York Times riferì della strategia degli assassinii mirati perpetrata da Kiev:

“Questi includono gli omicidi di Darya Dugina e Vladlen Tatarsky, i raid terroristici transfrontalieri nella regione russa di Belgorod e l’attentato al Nord Stream II. A proposito di quest’ultimo punto, l’affermazione della complicità ucraina potrebbe benissimo essere una falsa pista pianificata per deviare dal coinvolgimento americano dopo che Seymour Hersh è servito da canale per i membri dissidenti della Comunità di Intelligence (IC) per informare il pubblico che il loro paese era quello che ha ordinato quell’attacco.’’ 1

Gli Stati Uniti hanno utilizzato i ‘’nazionalisti integralisti’’ come una pistola fumante: Kiev, a mano armata. Il giornalismo d’intelligence USA, il quale si differenzia dal giornalismo lubrificato italiano/europeo per la complessità delle analisi non adatte alla ‘’manipolazione di massa’’, ha implicitamente detto che Kiev è il mandante dalla Strage di Crocus. La CIA e l’MI6 hanno organizzato una strage russofoba, replicando la logica nazista. Attesi in Ucraina, i quattro terroristi sono stati arrestati mentre cercavano di attraversare il confine.

La natura della cooperazione fra nazismo e wahabismo parte da lontano. Terminata la Seconda Guerra Mondiale, la CIA recuperò l’alleanza fra l’Islam politico ed il fascismo; all’interno di questa logica fecero lavorare Gerhard von Mende, specialista nazista dell’esoterismo islamico, con Saïd Ramadan, genero del fondatore della Confraternita dei Fratelli Musulmani. Quest’ultimo coordinò la campagna mediatica anticomunista incontrando i fascisti Stephan Bandera e Iaroslav Stetsko. In tutto il mondo, i servizi segreti anglosassoni continuano a strumentalizzare il fascismo e l’Islam politico contro la Federazione Russa e lo “Stato proletario degenerato” (per quanto parzialmente rigenerato) cinese:

‘’Il Wall Street Journal afferma che, da un mese, un centinaio di commandos delle forze speciali ucraine si battono in Sudan a fianco del generale Abdel Fattah al-Burhan [10]. Quest’ultimo si è incontrato in Libia con l’ex mufti El Sadeq el-Gheryani, capo riconosciuto dei Fratelli Mussulmani, che anche lui ha mandato commandos a combattere per al-Burhan, quindi a fianco degli ucraini. Questi appoggi hanno permesso al generale al-Burhan di riprendere il 12 marzo 2024 Khartoum alle forze del rivale, il “generale” Mohamed Hamdan Dagalo (detto Hemetti).’’ 2

Colpendo, a Damasco, l’ambasciata iraniana ed uccidendo uno stratega militare amico di Qasem Soleimani, i sionisti-revisionisti dimostrano di far parte dello stesso Super clan dei ‘’banderisti’’; la globalizzazione del ‘’terrorismo totale’’ teorizzato dai razzialisti britannici e messo in atto dall’imperialismo USA, con l’estensione della dottrina della ‘’guerra eterna’’. A distanza di un secolo, la ‘’perfida Albione’’ rischia ancora di portare il mondo nell’incubo d’una nuova guerra mondiale.

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Ricompaiono in Germania i bambini ucraini “rapiti dai russi” – Fabrizio Poggi

I soldati di Mosca rapiscono e deportano in Russia i bambini ucraini; s’intende, per indottrinarli e trasformarli in “automi” agli ordini del Cremlino e, in generale, per “distruggere la nazione ucraina”. Le organizzazioni umanitarie russe che evacuano i bambini dalle zone di guerra sono in realtà agli ordini di Putin e del FSB. Quante volte si sono ripetute queste “verità”, a conferma della malvagità dei “vicini settentrionali” nei confronti dei “poveri ucraini” che, sin dalla più tenera età, soffrono per le “mire imperiali” di Mosca. Ladri di bambini!

Non che davvero molti bambini ucraini non siano venuti a trovarsi in Russia; si calcola che siano stati almeno 700.000: che i genitori li abbiano affidati alle cure delle organizzazioni umanitarie russe per il periodo della guerra, oppure che queste ultime li abbiano evacuati da orfanotrofi e asili all’approssimarsi del fronte, o ancora che siano venuti a trovarsi in Russia insieme alla mamma, dopo che il padre era stato mobilitato.

Poi, all’improvviso, un gruppo di quei bambini – 161 per l’esattezza – “rapiti e deportati” in Russia, viene scoperto in Germania. E Kiev, per bocca del capo della polizia Ivan Vygovskij, è costretta ad ammettere che ciò sia la dura verità.

C’è di più: la Commissione d’inchiesta della Duma russa sui crimini di Kiev nei confronti dei bambini, ad esempio, aveva accertato che lo scorso anno, nel territorio di Kupjansk (nella regione di Khar’kov controllata da Kiev), reparti ucraini si erano dati a «rapire bambini, sottraendoli forzatamente alle famiglie», seguendo una rotta che conduce all’organizzazione “Angeli bianchi” e, quindi, a “Save Ukraina”, che vende i bambini a famiglie dell’Europa occidentale.

Per la verità, il “deficit” di piccoli ucraini ha radici un po’ più lontane e diverse dai “rapimenti di guerra”.

Stando ai dati del Ministero della giustizia di Kiev, nota Viktorija Titova su Ukraina.ru, dal 2013 la natalità in Ucraina si è praticamente dimezzata e nel 2022 si è quasi ridotta di ¼ rispetto al 2021. Secondo l’economista ucraino Aleksej Kushch, la natalità annuale si è ridotta dai 660.000 bambini del 1991, ai 364.000 del 2017, fino ai 187.000 del 2023…

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redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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