«Economia in 3D»
recensione di Alberto Melandri (*) al saggio di Gunter Pauli
Giorgio Nebbia, una delle più lucide e precoci voci dell’ecologia politica in Italia, quando scriveva nel 1991 il suo saggio «Lo sviluppo sostenibile» attribuiva a questa espressione un significato potenzialmente positivo, accompagnato però da alcune considerazioni piuttosto scettiche sulla possibilità che il sistema economico dominante potesse adottare misure REALMENTE SOSTENIBILI: «Per il capitalismo lo SVILUPPO si basa sulla CRESCITA; per ottenere lo SVILUPPO SOSTENIBILE dovrebbe CAMBIARE LE SUE REGOLE, mettendo in discussione i princìpi stessi della proprietà privata, recuperando il carattere pubblico di beni come aria e acqua» (1). E aggiungeva, qualche riga più sotto: «Ci si può chiedere se le società democratiche capitaliste, ai cui vertici siedono persone di corta vista, più attenti agli interessi dei mercati che a quelli degli esseri umani, siano correggibili» (2).
Gunter Pauli, imprenditore ed economista olandese – fondatore di ZERI (Zero Emission Research Initiative) una rete internazionale che si propone di progettare e realizzare nuovi modi di produzione e consumo – sembra proprio essere una luminosa eccezione, possedendo una “lunga vista” e utilizzandola per cambiare il mondo. Nel suo libro – «Economia in 3D»: Edizioni ambiente, 2017 – racconta di 200 progetti in tutto il mondo (hanno trovato attuazione fra il 2002 e il 2017) che così definisce:«Le regole del gioco stanno cambiando. Tecnologie dirompenti, modelli di business innovativi e una chiara consapevolezza delle esigenze delle persone e delle comunità, stanno trasformando l’attuale sistema di produzione e consumo in un’economia che supporta “il tessuto della vita”» (pag 15).
Il titolo del saggio vuole stimolare un modo di osservare l’ambiente che ci circonda in modo più creativo: «Stiamo arrivando a trasformare l’agricoltura su terra e mare da 2 a 3 dimensioni e ciò porterà a un aumento della produttività fino a un fattore 30». E poi: «In ogni caso una foresta o il mare – la natura – operano sempre in tre dimensioni con molteplici strati. Ci sono alberi che arrivano a 30 metri o più. Proteggono il suolo e lo rendono fertile. Sotto la loro ombra possono crescere alberi da frutti o piante di caffè. (…) In una serra tradizionale coltiviamo i pomodori su filare di tre metri. Adesso immaginate di far crescere queste piante fino al doppio dell’altezza e di utilizzare il metro più basso per coltivare cetrioli, zucchine e zucche» (pagg 32 e 33).
Uno dei tanti esempi di progetti in 3D è quello realizzato dal Politecnico dell’Università di Giakarta in Indonesia: hanno acquisito un terreno incolto lungo la costa dell’isola di Giava, piantando alberi di mangrovie e cominciando ad allevare gamberetti. Le mangrovie rendono l’acqua più pulita e attirano le microalghe. In questo ambiente con mangrovie alte 3 metri e profondo 5 metri sono stati allevati anche granchi e cefaloni, coltivando alghe clorelle e spirulina, che servono per fabbricare agar-agar, ingrediente per cibo e cosmetici. Inoltre le mangrovie producono frutti utilizzabili per dolci e le capre che vivono intorno agli stagni mangiano le foglie degli alberi.
Pauli racconta anche tante altre storie splendide e sorprendenti, come quella di Chido Govera, una bambina orfana di undici anni dello Zimbabwe che ha imparato a far crescere i funghi sugli scarti del caffè e della canna da zucchero, o quella di Ayumi Matsuzaka che a Berlino distribuisce gratuitamente per i bambini pannolini, fatti in plastica biodegradabile, polvere di bamboo e un pizzico di fondi di caffè. Ogni sabato i genitori per avere quelli nuovi portano quelli usati , aggiungendo anche gli scarti alimentari di una settimana: l’organico viene mescolato con il carbone vegetale e trasformato in terra nera usata per coltivare alberi da frutta.
I progetti di Pauli e di chi condivide la sua visione si basano su un’analisi attenta del sistema economico dominante basato su crescenti disuguaglianze: «Il sistema economico è strutturato in modo da far sempre ricadere tutti i rischi su chi sta in fondo» (pag 127). «La resilienza si genera difendendo la diversità, sia biologica che culturale, costruendo comunità che rispecchino l’ecosistema e le infrastrutture sociali e garantendo che siano soddisfatti tutti i bisogni primari (..). Niente di tutto questo è mai citato nelle dichiarazioni di intenti delle grandi aziende» (pag 129).
Pauli è quindi molto critico con gli attuali imprenditori dominanti in tutto il mondo e identifica in una nuova classe di industriali, quelli che lui chiama “i capitani del futuro” che «usano le loro energie creative per migliorare il mondo, lavorano in armonia con la natura e cercano di fare sempre meglio» (pag 164). Non vogliono abbattere il sistema capitalistico. Lavorando «guadagnano del denaro e anche i loro figli e i loro nipoti possono diventare ricchi… Tuttavia la loro priorità è sempre quella di soddisfare i bisogni della società, alleviando la povertà, creando lavoro, rigenerando la natura» (ancora pag 164).
Un sogno impossibile o solo una delle poche vie d’uscita dalla epocale crisi mondiale?
(*) Alberto Melandri è di Pontegradella in transizione