Ecuador: cacciata la giornalista Alondra Santiago

Foglio di via per la podcaster di origine cubana, ma da 20 anni residente nel paese, per le sue pungenti critiche al governo del presidente Noboa, che ha deciso di revocarle il permesso di soggiorno. Da quando la destra neoliberista è tornata a Palacio de Carondelet sono molti i giornalisti costretti a lasciare il paese.

di David Lifodi

Accusata dal latifondo mediatico di “attentare alla sicurezza nazionale dell’Ecuador”, la giornalista Alondra Santiago è stata costretta ad abbandonare in tutta fretta il paese per evitare di essere arrestata dal governo di Daniel Noboa.

Trentatré anni, di origine cubana, ma da molti anni residente in Ecuador, la comunicadora è conosciuta per dar voce, tramite il suo lavoro, ai diritti dei poveri, delle donne e, più in generale, alle fasce sociali più deboli del paese.

I fatti risalgono alla fine di giugno, quando la donna ha ricevuto dal Ministero degli Esteri la notifica che non le sarà rinnovato il permesso di soggiorno. Alondra paga le critiche al governo e al presidente Noboa, ma soprattutto, poiché la sua è una voce libera, non si è mai fatta scrupoli nel denunciare chi si cela dietro all’ondata di violenza e al dilagare del narcotraffico che stanno mettendo in ginocchio il paese non solo in quest’ultimo periodo, ma anche durante gli esecutivi precedenti, quelli di Lenin Moreno e Guillermo Lasso.

Ad influire sulla decisione del governo ecuadoriano le inchieste e gli interventi della giornalista sul suo canale you tube, in particolare nell’ambito del programma “Gli Ingovernabili”, ma è da tempo che Palacio de Carondelet ha dichiarato guerra alla giornalista, soprattutto quando Alondra Santiago ha modificato alcune strofe dell’inno nazionale sostituendole con critiche al presidente Noboa. In generale, la donna ha sempre messo a nudo le istituzioni civili, politiche, culturali e religiose del paese e, per questo, ha dovuto fronteggiare attacchi machisti, razzisti e minacce di morte da gruppi neofascisti. Le manifestazioni di protesta contro le strofe dell’inno nazionale riscritte per denunciare le malefatte del governo Noboa, caratterizzate da toni aggressivi, sembravano fatte apposta per intimidirla.

A difesa della giornalista si sono levate le voci di Periodistas Sin Cadenas, Fundamedios e molte altre associazioni che concordano sull’illegalità della revoca del permesso di soggiorno, una misura definita come un tentativo di attentare contro la libertà di stampa senza peraltro avere nessuna prova concreta. Inoltre, Noboa è stato accusato di perseguitare i giornalisti, invece di attivarsi per la loro difesa. Anche sotto il suo predecessore, Guillermo Lasso, la vita degli operatori dell’informazione non è stata facile (ben nove hanno dovuto abbandonare il paese), ma, più in generale, non si può fare a meno di evidenziare la contraddizione delle destre ecuadoriane, sempre impegnate a sparare bordate contro il Venezuela bolivariano perché, secondo loro, a Caracas, non si rispetta la libertà di espressione, ma prontissime a dirsi favorevoli nel cacciare Alondra Santiago perché, di fronte alle intimidazioni di Noboa, non è mai rimasta in silenzio.

Dall’età di 13 anni residente in Ecuador, la giornalista ha ricevuto la cosiddetta revocatoria de visa dopo aver lavorato, tra gli altri, per i canali tv Ecuavisa, Teleamazonas e TC Televisión. “Este gobierno quiere silenciarme a toda costa, pero NO me quedaré en silencio. Esa nunca ha sido una opción”, ha dichiarato senza timore Alondra Santiago, che parla apertamente di un abuso di potere da parte del governo, ma al tempo stesso, dichiara la sua fiducia nella giustizia.

Definitasi sempre come donna di sinistra, Alondra ha ricevuto anche la solidarietà dall’ex presidente Rafael Correa (alla guida del paese dal 2007 al 2017), che ha definito il ritiro del visto alla giornalista come “un attacco alla libertà di stampa e alla libertà di espressione”.

La storia di Santiago Alondra, nota anche per essere una delle podcaster più pungenti del paese, denota non solo la volontà di Noboa di mettere a tacere le voci critiche nei suoi confronti, ma anche la fragilità della democrazia in un paese che cerca di silenziare opinioni divergenti senza delle argomentazioni valide.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *