Effetti collaterali climatici/2
Come la spesa militare accelera la crisi climatica.
di Mark Akkerman, Deborah Burton, Nick Buxton, Ho-Chih Lin, Muhammed Al-Kashef, Wendela de Vries
Segue da qui.
Emissioni militari
Come affermato in precedenza, le spese militari causano anche emissioni di gas a effetto serra, in quanto comprendono infrastrutture militari, attrezzature, trasporti e conflitti che dipendono fortemente dai combustibili fossili. Non vi è alcun obbligo per i paesi di segnalare le emissioni militari, a seguito di un’esenzione per il Pentagono durante i negoziati per il Protocollo di Kyoto del 1997.
Questa esenzione rimane ancor oggi, anche se l’accordo di Parigi del 2015 ha permesso a tutti i paesi di riferire sulle loro emissioni militari su base volontaria. La maggior parte dei paesi dell’Allegato II [i paesi sviluppati NdT] pubblica alcune informazioni ma, come conclude il sito web ‘Military Emissions Gap’ (un progetto del Conflict Environment Observatory (CEOBS) e Concrete Impacts), l’accesso ai dati rimane scarso e comporta una grave sotto-dichiarazione delle emissioni effettive.
Un rapporto 2020 di Tipping Point North South ha stimato l’impronta di carbonio delle industrie militari e degli armamenti globali al 5% nel 2017. Una analisi più recente, del novembre 2022, di Scientists for Global Responsibility ha stimato l’impronta di carbonio dei militari globali come il 5,5% delle emissioni globali totali di gas serra.(1)
In confronto, l’aviazione civile rappresenta solo il 2,5 per cento delle emissioni globali di gas a effetto serra.
In termini di consumo di carburante, se i militari del mondo fossero classificati insieme come un unico paese, sarebbero il trentesimo più grande consumatore di petrolio al mondo, poco prima del Belgio e del Sudafrica. La ricerca del CEOBS e di Scientists for Global Responsibility (SGR) conferma che i paesi dell’allegato II sono tra i maggiori emettitori, fra cui spiccano paesi con una grande spesa militare come gli Stati Uniti e il Regno Unito.
Le stime iniziali di SGR stimano l’impronta di carbonio militare annuale a 205 milioni di tonnellate di CO2 equivalente per gli Stati Uniti e 11 milioni di tonnellate per il Regno Unito, con la Francia che rappresenta circa un terzo degli Stati membri dell’UE stimato 24,8 milioni di tonnellate.
Secondo Neta C. Crawford, professore di Relazioni Internazionali all’Università di Oxford e co-direttore del progetto Costs of War, tra il 2001 e il 2018 i militari statunitensi hanno emesso circa 1.267 miliardi di tonnellate di GHG. Circa il 40% di queste emissioni sono attribuite alla “guerra al terrorismo” e ai grandi interventi militari in Afghanistan e Iraq.
A titolo di confronto, la ricerca SGR e CEOBS ha dimostrato che l’impronta di carbonio militare dei 27 Stati membri dell’UE è equivalente a quasi le emissioni di 14 milioni di auto, e che l’impronta di carbonio del Regno Unito equivale a sei milioni di auto del Regno Unito.
Non ci sono ancora stime delle emissioni di militari cinesi e russi. Russia e Cina hanno segnalato alcune emissioni alla UNFCC nel 2021 nella categoria 1A5 che include l’uso di carburante militare, affermando che sono stati responsabili rispettivamente di 108 e 27,9 milioni di tonnellate di CO2. Tuttavia, il CEOBS che ha studiato queste cifre ha affermato che sono scarse e insufficienti e non riflettono le emissioni effettive.
La guerra aumenta significativamente le emissioni. Secondo Perspectives Climate Group e Tipping Point North South, “le emissioni derivanti dalla distruzione di riserve naturali o artificiali di carbonio durante le guerre possono raggiungere centinaia di milioni di tonnellate di CO2, come è successo con la distruzione delle foreste in Vietnam e la combustione di pozzi petroliferi in Kuwait. Bruciando, una grande città può emettere fino a 10 milioni di t di CO2”.
Ci possono essere anche emissioni indirette, tra cui la ricostruzione di infrastrutture e città che può facilmente superare i 100 milioni di tonnellate di CO2, nonché modifiche dei sistemi energetici, delle forze di mercato o delle politiche nei paesi colpiti dai conflitti.
“Un grande conflitto come la guerra in Ucraina è probabile che diventi rilevante nel breve termine, poiché la transizione dai combustibili fossili disponibili a livello nazionale sarà rallentata. A medio termine, l’uso delle energie rinnovabili distribuite sarà probabilmente accelerato, ma un’ampia collaborazione internazionale per sviluppare fonti rinnovabili su larga scala in località remote può risentirne”.
La spesa militare dall’invasione russa dell’Ucraina
La spesa militare globale ha visto una costante tendenza al rialzo dalla fine degli anni ’90, con un’impennata più recente dal 2014, quando la Russia ha invaso l’Ucraina (vedi Figura 1). Nel 2021, per la prima volta ha superato $ 2 trilioni ($ 2.000 miliardi).
I livelli di spesa sono molto più alti rispetto al culmine della guerra fredda. Sulla scia dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia dal febbraio 2022, tutto indica un ulteriore forte aumento nei prossimi anni.
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L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e l’annessione di parti del suo territorio ha spinto molti paesi dell’Allegato II ad annunciare un forte aumento delle loro spese militari. Gli attuali membri della NATO, così come gli aspiranti membri Svezia e Finlandia [diventata membro della NATO il 4 aprile 2023. NdR], hanno rinnovato gli impegni per raggiungere l’obiettivo della NATO di spendere almeno il 2% del loro prodotto interno lordo (PIL).
La Commissione europea prevede un aumento della spesa da parte dei suoi 27 Stati membri di almeno 200 miliardi di euro, basato sulla combinazione di fondi aggiuntivi ad hoc e aumenti strutturali a più lungo termine.(2)
La Germania è responsabile di gran parte di questo aumento, con un investimento militare di 100 miliardi di euro, ma anche altri paesi dell’Allegato II come Belgio, Francia, Italia, Paesi Bassi e Spagna hanno annunciato miliardi di euro all’anno in spese militari aggiuntive, così come il Regno Unito.(3)
Gli Stati Uniti hanno raggiunto il più alto budget militare di sempre.
Nel luglio 2022 la Camera dei Rappresentanti ha approvato un disegno di legge di $ 840 miliardi per l’anno fiscale 2023, che al momento della scrittura è in attesa di dibattito al Senato.(4)
Nell’aprile 2022, il Canada ha annunciato l’equivalente di un aumento della spesa di 8 miliardi di dollari per i prossimi cinque anni.(5)
Il governo giapponese ha sottolineato l’invasione russa e le minacce percepite da Cina e Corea del Nord per sostenere un forte aumento della spesa militarevi, mentre anche il governo australiano ha deciso di aumentare la spesa militare, spingendola al di sopra del 2% del PIL per l’esercizio finanziario 2022-2023. (6)
Anche se il governo ha citato la guerra in Ucraina, questo aumento sembra essere più influenzato dalle preoccupazioni geopolitiche sulla Cina.(7)
Anche il bilancio militare della Russia è aumentato drasticamente nel contesto della guerra, da 65,9 miliardi di dollari nel 2021 a 83,5 miliardi di dollari previsti nel 2023.(9)
La Cina ha annunciato un aumento del 7,1% della spesa militare nel marzo 2022, ma questo era stato pianificato prima dell’invasione su larga scala dell’Ucraina.(10)
Tuttavia, mentre i leader cinesi discutono della necessità di aggiornare gli equipaggiamenti e della crescente tensione con gli Stati Uniti in Asia orientale, la spesa militare dovrebbe accelerare.(11)
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In molti casi enormi aumenti delle spese militari sono stati adottati con relativamente poco dibattito parlamentare o pubblico.
I governi in genere hanno fornito poche ragioni oltre a citare la Russia o la NATO come una minaccia e rivendicare anni di sottofinanziamento, sottolineando che l’accordo stipulato al vertice NATO del 2014 dai suoi Stati membri prevedeva di spendere almeno il 2% del PIL. Gli aumenti sono avvenuti anche in un contesto in cui molti governi stanno tagliando su altri settori, tra cui la spesa sociale, mentre si stanno riprendono da impegni di spesa elevati presi a causa della pandemia e a fronte della crescente crisi economica.
Anche prima dell’invasione russa dell’Ucraina, la spesa militare combinata dei 30 paesi membri della NATO era 17 volte superiore a quella della Russia (55,7%). La spesa degli Stati Uniti rappresenta il 38% della spesa globale, mentre i 27 paesi dell’UE complessivamente spendono quasi quattro volte tanto quanto la Russia, e il solo Regno Unito spende poco più della Russia.(12)
Militarmente la NATO è anche di gran lunga superiore alla Russia in termini di equipaggiamenti e infrastrutture.(13)
Anche se la Russia dovesse schierarsi militarmente con la Cina, la loro spesa militare combinata del 17% del totale mondiale sarebbe ancora pari a meno della metà di quella della NATO.(14)
Se la Russia decidesse di fare uno sforzo per aumentare la spesa militare ci vorrebbero decenni per eguagliare la potenza militare combinata dei 30 paesi della NATO o anche quella degli Stai Uniti, di gran lunga il membro più significativo dell’alleanza.(15)
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Il grande vincitore di questa abbondanza di spesa militare è l’industria degli armamenti.
Questo era vero anche prima dell’invasione russa dell’Ucraina.
L’Agenzia europea per la difesa (AED) riferisce nel 2021 che l’acquisto di nuove attrezzature ha beneficiato maggiormente dell’aumento complessivo degli investimenti nella difesa negli ultimi anni.(16)
Il SIPRI ha osservato che l’acquisizione di nuovi sistemi di armamento nel periodo immediatamente successivo alla guerra in Ucraina sarà probabilmente al centro dell’attenzione di questi nuovi piani di spesa’.(17)
Dopo l’intensificazione 2022 dell’invasione della Russia, e in particolare l’annuncio tedesco di una spesa extra di 100 miliardi di euro, i prezzi delle azioni delle grandi compagnie d’armi sono saliti alle stelle.(18)
A parte le spese aggiuntive, la guerra arriva esattamente al momento giusto per consentire all’industria militare di porsi in una luce positiva nei dibattiti in corso, spingendo per investire più denaro, per abbassare le restrizioni alle esportazioni di armi e all’accesso sia ai finanziamenti privati che alle materie prime. Le industrie belliche sono sempre più considerate partner dai governi e dai militari, dando spesso ai loro rappresentanti un posto al tavolo politico [Crosetto docet, NdT].(19)
Allo stesso tempo, secondo una ricerca di Scientists for Global Responsibility, “l’industria della tecnologia militare di per sé contribuisce notevolmente all’emergenza climatica”.(20)
L’aumento delle spese avrà importanti ripercussioni sulle emissioni di gas a effetto serra, che aumenteranno nel momento che verranno costruite più infrastrutture e armi e più truppe verranno mobilitate. Data la lunga durata di gran parte di questi equipaggiamenti, si mantengono le emissioni di carbonio proprio quando il mondo ha bisogno di decarbonizzare rapidamente. La sezione successiva esamina anche la possibilità di deviare i finanziamenti dalla spesa sociale, in particolare dal finanziamento per il clima.
FINANZA CLIMATICA VERSUS SPESE MILITARI
Per l’accordo di Parigi UNFCCC del 2015 è stata centrale una promessa da parte dei paesi più ricchi – i paesi dell’allegato II – di fornire 100 miliardi di dollari ogni anno in finanziamenti per il clima al fine di aiutare i paesi più colpiti a mitigare e adattarsi al cambiamento climatico. Questa promessa deve ancora essere mantenuta. Secondo le stime, il finanziamento effettivo per il clima basato sui Shadow Reports on Climate di Oxfam International avrebbe dovuto raggiungere i 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020, ma i dati effettivi mostrano un deficit di 17,7 miliardi di dollari e un lento progresso verso l’obiettivo.
Fonte: OECD (21)
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Mentre la presidenza del Regno Unito alla COP26 nel 2021 sosteneva che “il vertice aveva fatto progressi significativi verso l’obiettivo dei 100 miliardi di dollari”, gli analisti di Donor Tracker dichiaravano che “non c’erano stati progressi importanti sulla questione dei 100 miliardi di dollari” e che i donatori non erano ‘in grado di dare assicurazioni ai paesi a reddito medio basso sulla propria capacità di soddisfare il tanto atteso impegno dei 100 miliardi di dollari.(22)
I finanziamenti effettivi per il clima
Peggio ancora, quasi la metà del finanziamento proposto per il clima è in gran parte illusorio. L’esame di Oxfam International sulla finanza climatica ha rilevato che gran parte di essa assume la forma di prestiti piuttosto che di sovvenzioni, aggiungendo oneri del debito dei paesi più poveri. (23)
Oxfam International e Shadow Reports on Climate Finance hanno mostrato una tendenza continua alla sovrastima di queste donazioni degli anni 2013-2019:
• 2013/14: “Oxfam stima che la donazione equivalente a quella dichiarata nei rapporti finanziari ammontava tra i 13 e i 21 miliardi di $. Ciò significa che i numeri riportati nei rapporti possono essere fino a tre volte superiori al loro valore di assistenza netta”.(24)
• 2015/16: “Oxfam stima che la donazione equivalente a quella dichiarata nei rapporti finanziari per il clima nel 2015-16 ammontava tra i $ 25 e i $ 26 miliardi (media annuale), che rappresenta 50% -54% dei finanziamenti dichiarati”.(25)
• 2017/18: ‘Il valore finanziario netto dei finanziamenti per il clima per i paesi in via di sviluppo – la sovvenzione equivalente – può essere inferiore alla metà di quanto riportato dai paesi sviluppati”.(26)
• 2019: “Il 70 per cento della finanza pubblica sul clima è stato dato come prestiti invece che come sovvenzione [a fondo perduto]. Questo andamento sembra destinato a continuare fino al 2025 e spingerà i paesi in via di sviluppo a indebitarsi di più”.(27)
Sulla base di questi dati, meno della metà dei finanziamenti dichiarati per il clima può effettivamente essere considerata un finanziamento aggiuntivo per il clima. Inoltre, la ricerca di CARE, un’organizzazione umanitaria non governativa, ha concluso che «la maggior parte dei finanziamenti pubblici per il clima segnalati dai paesi ricchi è prelevata direttamente dai bilanci degli aiuti allo sviluppo. […]
Valutando i dati più aggiornati comunicati all’UNFCCC, solo il 6 per cento dei finanziamenti per il clima forniti dal 2011 al 2018 è considerato nuovo e aggiuntivo rispetto agli impegni ufficiali di assistenza allo sviluppo dei paesi ricchi, contraddicendo gli accordi secondo cui il finanziamento per il clima dovrebbe essere aggiuntivo e non a scapito degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG). CARE ha anche avvertito che la quota di finanziamenti per il clima segnalati come ‘nuova e aggiuntiva’ sta diminuendo.(28)
Finanziamenti per il clima contro spese militari
A causa del ritardo e di altre lacune nella rendicontazione sulla finanza per il clima, è difficile confrontarla con la spesa militare per tutto il periodo dal 2013. In base ai dati ufficiali relativi ai finanziamenti per il clima, la spesa militare dei paesi dell’allegato II era in media 14,9 volte superiore. Non c’è una tendenza chiara per quanto riguarda questo rapporto, ma fra il 2017 e il 2020 ha oscillato tra 13 e 14 volte. Ciò non fornisce un quadro della reale finanza climatica, che secondo Oxfam International equivale in media a meno della metà di quanto riportato. Ciò significa che una valutazione più realistica consiste nel fatto che la spesa militare per i paesi dell’allegato II è almeno 30 volte superiore alla spesa effettiva per i finanziamenti per il clima. Nello scenario più ottimistico, promosso dal governo britannico dopo la COP26, l’obiettivo di 100 miliardi di dollari sarà raggiunto nel 2023 e poi continuerà ad aumentare in modo da raggiungere un totale di 500 miliardi di dollari per il 2021-2025.
Di nuovo Oxfam International prevede uno scenario più realistico, nel quale il finanziamento del clima non supererà $ 95 miliardi all’anno entro il 2025 e ci si potrà aspettare un ammanco di almeno $ 75 miliardi per il 2020-2025.(29)
Non c’è motivo di supporre che la differenza tra il finanziamento per il clima dichiarato e quello effettivo sia cambiata dal 2020 o lo sarà nei prossimi anni, il che lascerebbe la finanza per il clima a circa la metà delle cifre riportate, quindi un massimo di 47,5 miliardi di dollari entro il 2025.
La spesa militare dei paesi dell’Allegato II, tuttavia, ha continuato a crescere dal 2020, con forti aumenti annunciati per il 2022 e il 2023 sulla scia dell’intensificazione dell’invasione russa dell’Ucraina. Anche se sembra molto probabile che questa tendenza continuerà dopo il 2023, si può anche prevedere che la curva si appiattirà un po’, anche se gli sviluppi geopolitici, come la crescente rivalità tra la Cina e gli Stati Uniti, potrebbero stimolare aumenti ancora maggiori.
Alla luce di questi due scenari, sembra probabile che il rapporto medio tra il finanziamento effettivo per il clima e la spesa militare per i paesi dell’allegato II rimanga intorno all’1:30 per il prossimo futuro, e che ci siano più probabilità che aumenti piuttosto che diminuisca.
Ciò significa anche che il divario nominale tra spese militari e i finanziamenti per il clima si amplierà ulteriormente. L’aumento della spesa di 100 miliardi di euro annunciato dal solo governo tedesco è già superiore al finanziamento annuale per il clima fornito da tutti i paesi dell’allegato II messi insieme.
(2. Continua)
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Tratto da:
Climate Collateral: How military spending accelerates climate breakdown
Mark Akkerman, Deborah Burton, Nick Buxton, Ho-Chih Lin, Muhammed Al-Kashef, Wendela de Vries
Transnational Institute (TNI), Stop Wapenhandel, Tipping Point North South, Global Campaign on Military Spending (GCOMS) – November 2022 – 48 pp.
*Traduzione Ecor.Network.
Note:
(1) Parkinson, S. Cottrell, L., Estimating the global military’s greenhouse gas emissions, Scientists for Global Responsibility/Conflict and Environment Observatory, 2022.
(2) European Commission, EU steps up action to strengthen EU defence capabilities, industrial and technological base: towards an EU framework for Joint defence procurement, comunicato stampa, 18 maggio 2022.
(3) Briefing del TNI e di StopWapenhandel su Ucraina, spesa militare e industria bellica, 2022.
(4) Edmondson, C., House passes $840 billion Military Policy Bill, New York Times, 14 luglio 2022.
(5) Connolly, A., Canadian military budget will grow by $8B as policy review seeks to reset defence vision, Global News, 7 aprile 2022.
(6) Buddhavarapu, Ravi, Jolted by the Ukraine war and China’s aggression, Japan looks to boost its defense capability, CNBC, 17 giugno 2022.
(7) Australian Government, Defence, Budget 2022-23 delivers record investment in Defence and supporting our veterans, comunicato stampa, 29 marzo 2022.
(8) Cherney, M., Australia to boost size of military, intensifying effort to counter China, Wall Street Journal, 10 marzo 2022.
(9) Tass news agency, Budget proposal calls for more than 13.7 tln rubles for Russia’s defense in 2023-2025, Comunicato Stampa, 28 settembre 2022.
SIPRI, Implementation of the Russian Federal Budget during January-July 2022 and spending on the military, ottobre 2022.
(10) Tian, Y.L., China defence spending outpace GDP target this year, Reuters, 5 maggio 2022.
(11) Cheung, T.M., Russia’s Ukraine Disaster Exposes China’s Military Weakness, Foreign Policy, 24 ottobre 2022.
(12) Figures on military spending in 2021, SIPRI military expenditure database.
(13) IISS, The Military Balance 2022, 2022.
(14) Briefing su Ucraina, spesa militare e industria bellica. Non pubblicato.
(15) I nuovi membri della NATO Svazia e Finlandia hanno speso insieme circa lo 0,7% del totale globale nel 2021.
(16) European Defence Agency, Defence Data 2019-2020: Key findings and analysis, dicembre 2021.
(17) Lopes da Silva, D. et al. (April 2022), op. cit.
(18) Parker, C. and Fisher, L., Defence companies having a good war in Ukraine as shares skyrocket, The Times, 28 marzo 2022.
(19) Briefing su Ucraina, spesa militare e industria bellica. Non pubblicato.
(20) Parkinson, S. e Cottrell, L., Under the radar: The Carbon Footprint of Europe’s military sectors, SGR and CEOBS, febbraio 2021.
(21) OECD, Aggregate Trends of Climate Finance Provided and Mobilised by Developed Countries in 2013- 2020. Paris: OECD Publishing. Luglio 2022. I totali generali nel 2016-20 e nel 2013-14 non sono direttamente comparabili.
(22) Johnson, Z., Kitchens West, M., Outcomes of COP26 – and what they mean for climate finance advocacy, Donor Tracker Commentary, 24 novembre 2021.
(23) 30 L’OCDE ha inoltre concluso che i prestiti hanno continuato ad essere il principale strumento utilizzato per fornire finanziamenti pubblici per il clima.
(24) Carty, T., Kowalzig, J., Peterson, A., Climate Finance Shadow Report 2016, Oxfam International, novembre 2016.
(25) Carty, T., le Comte, A., Climate Finance Shadow Report 2018, Oxfam International, maggio 2018.
(26) Carty, T., Kowalzig, J., Zagema, B., Climate Finance Shadow Report 2020, Oxfam International, ottobre 2020.
(27) Oxfam International, Poorer nations expected to face up to $75 billion six-year shortfall in climate finance: Oxfam, Comunicato stampa, 20 settembre 2021.
(28)Hattle, A., That’s not new money: Assessing how much public climate finance has been ‘new and additional’ to support for development, CARE Denmark e CARE Climate Justice Center, giugno 2022.
(29) Oxfam International, Poorer nations expected to face up to $75 billion six-year shortfall in climate finance: Oxfam, Comunicato stampa, 20 settembre 2021.